2022-01-25
Ambasciate vuote e fucili carichi. Putin a un passo dall’attacco a Kiev
Gli americani temono l’offensiva russa e hanno richiamato il personale diplomatico. L’Ue: «Diteci cosa sapete». Joe Biden pronto a inviare truppe, mentre la Nato dispiega navi e aerei da combattimento a Est.Mercati in contrazione a causa del rischio di un conflitto: Mosca cede il 6%, soffrono anche Wall Street e le piazze europee. Il gas si impenna e fa registrare un +17%.Lo speciale contiene due articoli Forse anche ai confini orientali e nord orientali dell’Europa «andrà tutto bene» ma i segnali che arrivano in queste ore non sono molto rassicuranti e non si tratta di credere alla propaganda di una o dell’altra parte. Il vertice di Ginevra tenutosi venerdì scorso tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il Segretario di Stato americano Antony Blinken sulla crisi Ucraina che sembrava aver aperto alla possibilità di un possibile negoziato, seppur complicatissimo a distanza, viste le posizioni di Usa, Russia ed Europa così come gli interessi in contrasto anche all’interno degli stessi alleati del Patto Atlantico mostrano che la riunione tenutasi nella neutrale Svizzera non ha avuto un gran successo. Quello che sappiamo è che domenica scorsa durante un incontro tenutosi a Camp David il presidente americano Joe Biden ha discusso con i suoi consiglieri della possibilità di inviare un contingente che potrebbe essere tra 1.000 e 5.000 soldati ma che potrebbe diventare 10 volte quel numero se le cose dovessero peggiorare nel Baltico e nell’est Europa. In merito, una determina presidenziale potrebbe arrivare a breve. A proposito di questo, il portavoce presidenziale russo ha affermato che «l’esercito russo non può tollerare le crescenti attività della Nato vicino ai confini del paese e il presidente Putin adotterà le misure necessarie per difendere la sua sicurezza e i suoi interessi».Al vertice di Camp David hanno partecipato, seppur da remoto, alti ufficiali delle forze armate americane oltre al segretario alla Difesa Lloyd Austin e il capo di Stato maggiore generale Mark Milley, segnale di come la situazione sia delicatissima. Ieri mattina invece la Nato in una nota ha fatto conoscere la sua posizione: «Gli alleati della Nato stanno mettendo le forze in allerta e stanno inviando navi e caccia in Europa dell’Est, per rinforzare la nostra capacità di deterrenza e difesa, mentre la Russia continua ad aumentare la propria presenza militare dentro e fuori dall’Ucraina». Nello specifico e per il momento, si tratta della Danimarca che ha inviato una fregata nel Mar Baltico e quattro caccia F-16 da schierare in Lituania; la Spagna che prevede di mandare navi alla Nato e sta anche valutando l’invio di caccia in Bulgaria; la Francia invece pronta a inviare truppe in Romania mentre l’Olanda invia due aerei da combattimento F-35 in Bulgaria e offre una nave ed equipaggiamento terrestre alla forza di risposta della Nato. La Gran Bretagna ha già inviato uomini e mezzi militari in Ucraina. E la Germania? La coalizione di governo alla sua prima crisi internazionale è già andata a sbattere mostrando tutte le sue contraddizioni e anche l’inesperienza di alcuni esponenti, come il neoministro degli Esteri, la verde Annalena Baerbock. Ma quanto accade è l’inizio di una escalation militare? Secondo il presidente dell’osservatorio sicurezza Eurispess, il generale Pasquale Preziosa, «predire il futuro nella complessità odierna è molto rischioso perché gli scenari stanno virando dal rischio verso l’incertezza. Comunque, la situazione oggi in Ucraina appare, sotto un profilo ormai storico, molto simile a quella dell’agosto 2008 in Georgia, con motivazioni politiche di fondo similari a quelle odierne con l’Ucraina. La Nato manca dei presupposti legali, legati all’articolo 5 del trattato Nato, che presuppone un attacco armato contro uno o più alleati per poter intervenire militarmente a supporto dell’Ucraina, così come nel caso della Georgia». I russi però dicono che l’Ucraina sia una minaccia. Non è esagerato? «L’Ucraina non è nelle condizioni economiche, sociali e militari per poter rappresentare una minaccia per la Russia. L’Ucraina ha solo un Pil di 155 miliardi di dollari, mentre la Russia ha da 1,5 trilioni di dollari (1.000 volte più alto), è dotata di un grande arsenale nucleare e di armamenti ipersonici. Socialmente, l’Ucraina appare divisa tra una parte della popolazione pro Occidente e una parte pro Russia. Da tempo immemore ad Est del fiume Dnepr vi è una grande influenza russa, sia per ragioni economiche sia per ragioni etniche: perdere il rapporto con quelle regioni vuol dire perdere alcuni fondamenti del sistema economico russo».Per tornare agli Stati Uniti, la sterzata di Biden arriva dopo che il presidente è stato accusato più volte di essere debole anche in politica estera - ad esempio con l’Iran - e che in questa crisi alla quale ha approcciato secondo la stampa americana «con una posizione troppo moderata, forse per non provocare reazioni scomposte del Cremlino», senza contare che il suo indice di popolarità - crollato dopo il ritiro dall’Afghanistan - non accenna a rialzarsi e lo stesso vale per la sua vice Kamala Harris. Diversità di vedute anche sulla partenza del personale diplomatico, che gli americani stanno evacuando (parzialmente) dall’ambasciata di Kiev, che per il momento resta aperta in quanto «le condizioni di sicurezza, in particolare lungo i confini dell’Ucraina, nella Crimea occupata dalla Russia e nell’Ucraina orientale controllata dalla Russia, sono imprevedibili e possono deteriorarsi con poco preavviso». Dimostrazioni, che a volte sono diventate violente, si verificano regolarmente in tutta l’Ucraina, inclusa Kiev. Lo stesso stanno per fare i britannici: un fatto che l’Ucraina ha bollato come «una decisione prematura ed eccessiva» e lo stesso pensa l’alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell, che ha dichiarato: «Il segretario di Stato americano, Tony Blinken, ci spiegherà le ragioni dell’annuncio del ritiro del personale americano. Noi non faremo lo stesso perché non ne vediamo il motivo», aggiungendo che «i negoziati vanno avanti, non vedo perché ce ne dobbiamo andare. Il personale Ue resterà in Ucraina a meno che Blinken non ci dia ragioni per una scelta diversa».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ambasciate-vuote-e-fucili-carichi-putin-a-un-passo-dallattacco-a-kiev-2656469920.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lescalation-manda-in-crisi-le-borse" data-post-id="2656469920" data-published-at="1643051137" data-use-pagination="False"> L’escalation manda in crisi le Borse Lunedì nero in Piazza Affari dove il FtseMib ha lasciato sul terreno il 4%. Ma no, non è perché la Borsa teme un’uscita di scena di Mario Draghi. A soffrire sono state, infatti, tutte le piazze europee assai poco sensibili alle puntate più calde del «romanzo Quirinale»: Francoforte ha ceduto il 3,81%, Londra il 2,66% . Parigi il 3,97%, Madrid il 3,18% e Zurigo il 3,84%. L’indice Stoxx 600 che riunisce i principali titoli quotati nel Vecchio Continente ha chiuso in calo del 3,6%, che equivale a 386 miliardi di capitalizzazione persi in una sola seduta. Lo spread tra Btp e Bund ha chiuso in rialzo a +141,44 punti. Milano ha fatto i conti con l’effetto cedole di Enel e Snam, che ha pesato per lo 0,39% sull’indice milanese. Ma a scuotere i mercati sono state le tensioni geopolitiche sul fronte ucraino, come dimostrano il tonfo della Borsa di Mosca (-6% l’indice Moex) e l’ennesima impennata del prezzo del gas ad Amsterdam (92,6 euro al megawattora, +17%). Il nervosismo è anche sul fronte delle politiche monetarie per le indicazioni della Federal Reserve sui tassi di interesse: oggi inizia la due giorni di riunione del Fomc, il braccio operativo della Fed. Le Borse Ue sono così peggiorate già nel corso della mattinata, nonostante l’indice Pmi manifatturiero relativo all’Eurozona sia salito a gennaio a 59 punti dai 58 di dicembre. L’indice composito, però, è peggiorato, risentendo del rallentamento dei servizi, passati dai 53,1 punti di dicembre al 51,2 di gennaio. Ad ampliare le vendite è comunque stata l’inversione di tendenza dei futures americani alla vigilia dell’apertura di Wall Street: a metà pomeriggio, quando è suonata la campanella, sono partiti in rosso anche i listini Usa con il Dow Jones in calo dell’1,4% e il Nasdaq di oltre il 2% peggiorando nelle ore successive. Questa sarà la settimana della Fed: tra gli investitori c’è chi si aspetta l’annuncio della conclusione immediata del quantitative easing, seppur molto improbabile, e chi parla di rialzo da 50 punti base a marzo, a nostro avviso inverosimile. A preoccupare gli investitori è quindi la sempre più diffusa sensazione che la stretta monetaria della banca centrale americana sarà più ampia del previsto, con quattro aumenti del costo del denaro entro fine anno invece dei tre inizialmente attesi. Tutto questo mentre sale l’allerta per la situazione in Ucraina dopo l’incontro di Ginevra tra ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il segretario di Stato Usa Antony Blinken. La Nato sta mandando navi e caccia nell’Europa dell’Est, con l’obiettivo di rinforzare la capacità di difesa dell’area, e la Russia, dal canto suo, continua ad aumentare la presenza militare dentro e fuori dal Paese. L’ambasciata Usa a Kiev ha avvertito che un’azione militare russa nel Paese potrebbe avvenire in qualsiasi momento e di conseguenza il governo degli Stati Uniti potrebbe non essere in grado di evacuare successivamente i suoi cittadini presenti. A scontare l’avanzamento della crisi sui territori dell’Europa orientale sono state anche le materie prime: il greggio è sceso su entrambi i suoi listini di riferimento con il Wti che 82,56 dollari al barile (-3,06%), mentre il Brent è tornato sugli 84 dollari (-2,68%). In rialzo invece l’oro, bene rifugio, che tratta a 1.833 dollari l’oncia (+0,10%). Sulle criptovalute pesano invece i timori per le decisioni della Fed: attorno alle 18 ora italiana il bitcoin perdeva il 3% sotto la soglia dei 35 mila dollari. Il rendimento del Btp decennale si è attestato all’1,349% mentre lo spread Btp/Bund è salito a 138 punti.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)