2018-07-20
Altro schiaffo ai pensionati italiani: Strasburgo salva il bonus Poletti
La Corte europea dei diritti dell'uomo boccia il ricorso presentato da 10.000 cittadini: ok alla mancata rivalutazione perché il taglio non porta sotto la soglia di povertà. La ragion di Stato vince sui singoli.L'Europa era l'ultima spiaggia. Era l'ultima speranza per i pensionati italiani di rivedere la fetta di assegno che il ministro Elsa Fornero, prima, e Giuliano Poletti poi hanno tagliato a circa sei milioni di italiani. Oltre 10.000 persone hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo per chiedere la revisione immediata del bonus Poletti, sostenendo che il provvedimento - adottato per rimediare alla bocciatura da parte della Corte costituzionale di quanto previsto dal decreto Salva Italia del 2011 - avrebbe «prodotto un'ingerenza immediata sulle loro pensioni per il 2012 e 2013 e permanente per effetto del blocco sulle rivalutazioni successive». Ieri, la Cedu ha inaspettatamente respinto tutte le richieste. Nella decisione, che è definitiva, si spiega che le misure adottate dal governo Renzi e dal legislatore non violano i diritti dei pensionati, in quanto non li espongono a livelli di difficoltà economiche incompatibili con la Convenzione europea per i diritti dell'uomo. Nonostante ciò la Corte prende atto che i diritti acquisiti sono stati modificati, ma sempre nella decisione d'inammissibilità i giudici scrivono che «la riforma del meccanismo di perequazione delle pensioni è stata introdotta per proteggere l'interesse generale». Non solo, «per proteggere il livello minimo di prestazioni sociali e garantire allo stesso tempo la tenuta del sistema sociale per le generazioni future», e questo in un periodo «in cui la situazione economica italiana era particolarmente difficile». Nel punto 35 del dispositivo, la Corte spiega che «gli effetti della riforma del meccanismo di perequazione sulle pensioni dei ricorrenti non sono a un livello tale da esporli a delle difficoltà di sussistenza incompatibili con quanto prescritto dalla convenzione europea dei diritti umani», riportiamo letteralmente. In sintesi, la Cedu boccia le speranze dei pensionati perché ritiene che l'abolizione dei diritti acquisiti serva per mantenere la pace sociale e quindi garantire le pensioni future, anche se - aggiungiamo noi - saranno da fame. In ogni caso basta che i tagli non siano tali da sfondare la soglia della povertà. In sostanza le toghe di Strasburgo antepongono la ragion di Stato e le necessità di bilancio. In linea con la scuola di pensiero adottata dai colleghi italiani che si sono pronunciati nel 2017. Al contrario, la Consulta nel 2015 aveva bocciato il meccanismo del governo Monti, e così in molti si aspettavano che i giudici a distanza di due anni valutassero incostituzionale pure l'intervento del governo Renzi. Invece a fine dicembre 2017 i pensionati italiani in sole 48 ore hanno incassato un destro e un sinistro. Primo, la conferma dell'automatismo sull'età pensionabile: già dal 2019 si terminerà il lavoro a 67 anni. Poi, la Consulta che ha definitivamente bocciato la dozzina di ricorsi presentati contro il bonus Poletti. E ha salvato il governo dal dover rimborsare a circa 6 milioni di pensionati 10 miliardi di euro.L'escamotage che il governo di Matteo Renzi aveva studiato nel 2015 consisteva nel versare una cifra, minima e una tantum, in modo da ovviare alla sentenza dello stesso anno e della medesima Corte che bocciava la mancata rivalutazione risalente al 2012-2013, dovuta agli interventi dell'allora ministro Elsa Fornero. La Corte lo scorso inverno aveva optato per la ragion di Stato lasciando decadere i diritti acquisiti. Che valgono per tutti, anche per quei 471.000 italiani che percepiscono un assegno da 37 anni. La Consulta ha fatto capire a milioni di cittadini che solo la macchina pubblica può stracciare i contratti sottoscritti. L'inverso, infatti, non è consentito.«La Corte», spiega l'avvocato Pietro Frisani promotore della class action, «ha ritenuto proporzionate le misure adottate dal legislatore italiano per far fronte al momento di crisi economica e d'indebitamento pubblico. La pronuncia delude le aspettative, soprattutto perché in punto motivazionale si riporta a esigenze di carattere politico-economico e lascia disattese diverse argomentazioni proposte nel nostro ricorso». La scelta cade, infine, in un momento delicato. Non dimentichiamo che il governo ha annunciato il taglio delle pensioni d'oro. Se Luigi Di Maio deciderà di abbassare l'asticella a importi più bassi rispetto a 4.000 euro è difficile immaginare che qualche giudice lo blocchi con una sentenza sfavorevole.