
Romanzi, film e serie tv giocano sempre di più sullo sconcerto che si prova quando una cosa familiare diventa fonte di pericolo. E ciò rivela che la perdita del senso di comunità ha complicato i rapporti umani.Qualche giorno fa, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha detto la sua sulla presunta «emergenza razzismo» esistente nel nostro Paese. Quella del prelato è una posizione interessante, molto in voga anche presso gli intellettuali progressisti. «La nostra gente», ha spiegato il cardinale, «non è razzista. È terribilmente impaurita per quello che vede, perché non si sente protetta. La paura è terribile, perché porta alla paralisi, ti chiude, ti porta non ad accogliere ma a difenderti dall'altro». Parole come queste le sentiamo ripetere spesso: gli italiani non sono razzisti, hanno paura. Per la precisione, essi avrebbero «paura dello straniero», «paura del diverso», «paura del migrante», «paura del musulmano». C'è pure chi definisce Matteo Salvini «ministro della Paura», perché avrebbe la capacità di sfruttare a fini elettorali i timori degli italiani. Questi discorsi, tuttavia, non riguardano soltanto la Penisola. Rimbalzano per tutto l'Occidente. Li abbiamo sentiti anche quando si trattava di analizzare la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti, per esempio; ci vengono ripetuti ogni volta che qualche formazione identitaria o nazionalista avanza nei sondaggi o ottiene un buon risultato elettorale. Ma davvero gli europei e gli occidentali più in generale hanno «paura del diverso»? Beh, la storia e la cronaca ci dicono esattamente il contrario. L'Europa, in particolare, è sempre stata affascinata dalla diversità, dall'Illuminismo in poi si è sempre dimostrata prontissima a criticare sé stessa e ad apprezzare ciò che veniva da fuori. Ha accolto, si è aperta alle influenze di culture diverse e lontanissime. Ancora oggi, nonostante gli evidenti problemi di sicurezza causati dall'esplosione migratoria, il Vecchio continente rimane estremamente ospitale e parecchio attratto da tutto ciò che è «altro». Se temiamo qualcuno, non è lo straniero. Semmai, abbiamo paura del nostro prossimo. Consentiteci una rapida indagine empirica, basata sull'esame di ciò che influisce sull'immaginario collettivo. Da qualche tempo a questa parte, proliferano libri, film e serie televisive di carattere horror o thriller in cui l'elemento disturbante è rappresentato dal «vicino». A creare terrore sono parenti, coniugi, amici, vicini di casa e di pianerottolo. Basta compiere un'incursione fra le novità editoriali per rendersene conto. Nel romanzo di Peter Swanson Senti la sua paura (Einaudi), la protagonista si trova prigioniera di un incubo appena mette piede nella sua casa nuova, dopo che la donna che abita di fianco a lei viene uccisa. Il terrore agguanta subito dopo il trasloco anche i protagonisti di Una casa a Parigi (Dea Planeta) di S.L. Grey. A scatenare il panico in All'inizio del settimo giorno di Luc Lang (Fazi) è invece una moglie con una vita misteriosa. In Sangue cattivo di Lisa Gardner (Mondadori) è un fratello. In Il barbecue (Mondadori) di Liane Moriarty, ideatrice della serie Big little lies, è un gruppo di ottimi amici. In La donna alla finestra di A.J. Finn a far esplodere la tensione sono, di nuovo, alcuni vicini di casa. Nello splendido Sharp objects di Gillian Flynn (Rizzoli) a dominare la scena è una madre disturbante e disturbata, che presto potrete ammirare anche in una serie tv trasmessa da Sky. La Flynn è una vera specialista del genere, basti citare quel gioiello nero che è L'amore bugiardo, su una moglie un pochettino inquietante. Potremmo continuare a lungo l'elenco di padri violenti, figli spaventosi, nonni assassini (guardare per credere il terrificante film The Visit), mariti crudeli, amanti spietate, vicini pericolosi (L'ombra della paura di Dirk Kurbjuweit ne descrive uno realmente esistito), amici pronti a pugnalare alla schiena. Tale sanguinoso catalogo dimostra che, più di tutto, a spaventarci, oggi, è ciò che ci sta accanto. Quello che crediamo di conoscere e che invece si rivela mortifero, letale. Senz'altro gli autori di thriller e horror hanno ben appreso la lezione di Stephen King. Sanno, cioè, che per terrorizzare qualcuno non c'è niente di meglio dell'insistenza sulle cose apparentemente rassicuranti. Prendi un elemento di stabilità e sicurezza, trasformalo in una fonte di pericolo e il gioco è fatto. Ma l'aumento di opere come quelle che abbiamo citato rivela anche qualcos'altro. Se libri, film e serie del genere proliferano è anche perché dalle nostre parti è avvenuta una mutazione. Il senso di comunità, da qualche decennio, va sfaldandosi. I rapporti umani - esiste un'ampia letteratura sociologica sull'argomento - si fanno più complicati. L'isolamento sociale, anche grazie alle «nuove tecnologie» è in spaventoso aumento. Ed ecco il risultato: il nostro simile è fonte di inquietudine, non di rassicurazione. Lo straniero, forte di un fascino vagamente esotico, ci attrae. Il prossimo talvolta ci disgusta, altre volte ci fa rimanere paralizzati dalla paura. I famigliari nascondono lati oscuri agghiaccianti, i simpatici anziani della porta accanto sfoderano sorrisi acuminati, la cittadina in cui piantiamo radici si rivela all'improvviso peggio di Twin Peaks. Per questo diventiamo particelle elementari, individui solitari che si rinchiudono dietro porte blindate e non si attentano ad attraversare il salotto. Morta la comunità, non resta che l'orrore senza fine.
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)
Lo scienziato cattolico Howard Thomas Brady, ex sacerdote: «Con papa Francesco, ai ricercatori critici è stato vietato perfino di partecipare alle conferenze. La Chiesa non entri nel merito delle tesi: è lo stesso errore fatto con Galileo».
(Istock)
Dopo aver sconvolto l’Unione, Pechino taglia dal piano strategico i veicoli green. E punta su quantistica, bio-produzione e idrogeno.
Roberto Burioni (Ansa)
La virostar annuncia il suo trasloco su Substack, piattaforma a pagamento, per tenersi lontano dai «somari maleducati». Noi continueremo a «usarlo come sputacchiera».






