2021-01-09
Altri 20 miliardi di aiuti da Bruxelles. Ma sono i fondi di coesione riciclati
Pochi i soldi davvero aggiuntivi. E ci dissangueremo per ridurre il debito pubblico.Ormai sul Recovery fund girano numeri buoni per qualsiasi lotteria. Siamo al livello dei carri armati di Benito Mussolini; sempre gli stessi, ma spostati di città in città in occasione di ogni parata. Da ieri, dopo la pubblicazione delle linee di indirizzo per la bozza del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) da sottoporre al Consiglio dei ministri che potrebbe tenersi già oggi, è tutto un fragoroso scoppiettare di «fondi aggiuntivi». Al famoso assegno di 209 miliardi, con il quale la leggenda narra che Conte sia tornato da Bruxelles lo scorso 21 luglio, nell'ultima bozza del Pnrr si sono aggiunti circa 20 miliardi del Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) che non è affatto uno strumento nuovo.Quasi allo stesso modo, la quota di prestiti del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf) destinati a investimenti aggiuntivi (quindi non compresi già nei saldi di finanza pubblica) dovrebbero salire a circa 60 miliardi dai precedenti 40 e, specularmente, dovrebbero scendere a 67 miliardi i prestiti destinati a finanziare investimenti già programmati. Infatti il totale dovrà sempre fermarsi a 127 miliardi. Non c'è un centesimo in più. Ricordiamo solo che Matteo Renzi avrebbe voluto che l'intera cifra fosse dedicata a investimenti aggiuntivi ma, come è sottolineato nelle linee di indirizzo, «la ripartizione tra progetti in essere e nuovi progetti tiene conto della sostenibilità del quadro di finanza pubblica. Sulle nuove generazioni infatti non deve gravare l'onere di un eccessivo indebitamento». Il nostro indebitamento aumenterà per «soli» 60 miliardi anziché 127, poiché i residui 67 saranno debiti che avremmo comunque contratto con gli investitori privati emettendo Btp. Quello che non ci dicono è il rischio tuttora pendente che Eurostat richieda che il contributo che l'Italia ha già assicurato al bilancio Ue per coprire i sussidi -circa 51 miliardi, cioè il 13% di 390 miliardi - sia calcolato immediatamente come debito. Ci permettiamo di annunciarvi che questo tema sarà la prossima «scoperta» dei media. Comprendiamo il disorientamento del lettore in questo tourbillon di numeri, ma il diavolo si nasconde nei dettagli e pertanto vanno messi a nudo con certosina pazienza. Non c'è un cent in più: anzi, è elevato il rischio che si perda qualcosa per strada.Quando si deve affrontare un lungo viaggio - tale è il tentativo di riportare il Pil dell'Italia ai livelli ante Covid o, meglio ancora, ante 2009 - ciò che conta non è il carburante che saremmo comunque stati in grado di comprare, ma la disponibilità aggiuntiva che riusciamo a ottenere. Maggiore è quest'ultima, più vicini saremo all'obiettivo, fermo tutto il resto. È quello il vero e solo stimolo fornito all'economia. Ecco perché i 196 miliardi del Rrf, a cui si sommano altri 14 miliardi di strumenti collegati al bilancio pluriennale 2021-2027, ai fini dello stimolo alla crescita rilevano solo per 143 miliardi (69 di sussidi del Rrf, 14 di altri strumenti e 60 di prestiti). Anche i fondi nazionali del Fsc, destinati dal 2003 al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale (per l'80% al Sud), sono una semplice anticipazione di fondi già previsti, poiché la precedente programmazione 2014-2020 prevedeva circa 55 miliardi. Tutto questo spiegamento di forze dovrebbe produrre il 3% di Pil aggiuntivo nell'anno finale del piano (2026) rispetto allo scenario tendenziale di finanza pubblica. Circa 50 miliardi. Peccato che nel 2020 si siano letteralmente volatilizzati circa 170 miliardi di Pil: e speriamo che siano solo quelli, considerata la prospettiva di crescita del 2021. Niente male per essere un piano per la ripresa.Ma queste prospettive devono ancor confrontarsi con la tagliola degli effetti recessivi del Patto di stabilità e crescita. Pochi ricordano che l'Italia è tuttora a rischio di «deviazione significativa» e di violazione della regola del debito e che le procedure del Patto di stabilità non sono sospese: infatti la Commissione lo scorso 20 maggio (quindi con clausola di salvaguardia già operativa) ha redatto un rapporto secondo l'articolo 126(3) del Tfue concludendo che la regola dell'obiettivo di medio termine del deficit non è soddisfatta e che non sussistono sufficienti evidenze per dichiararci inadempienti rispetto alla regola del debito. Quali saranno gli effetti recessivi di un debito/Pil che dovrà rientrare dal 158% al 133% entro il 2031 a colpi di avanzi primari?Infine, ricordiamo che il governo ha pensato bene di gonfiare il Pnrr con investimenti per 209 miliardi, rispetto ai 196 finanziati dal Rrf, poiché «il confronto con la Commissione europea relativo alla loro piena ammissibilità potrebbe determinare una riduzione dell'ammontare di risorse autorizzato». Le linee guida pubblicate dalla Commissione il 17 settembre sono infatti un autentico percorso a ostacoli disseminato di elementi di valutazione discrezionale che consegnano un potere enorme a chi valuterà i progetti. I burocrati di Bruxelles hanno indicato perfino il numero di pagine degli elaborati.Il negoziato sarà durissimo e i numeri di questi giorni sono tuttora a rischio. Sia di tagli, sia di ricatto.