2021-01-30
Alla fine vince la linea dei governatori: l’Italia è tinta di giallo Lombardia compresa
Ancora arancioni Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria e Bolzano. Rimane costante anche il divieto di spostamento tra regioniAlla fine, ha prevalso la linea dei governatori (e del buonsenso). Se fino a ieri, infatti, le informazioni fatte filtrare dal ministero della Salute e le dichiarazioni rilasciate dai responsabili scientifici lasciavano presagire un prolungamento delle chiusure in tutta Italia, le ordinanze emanate in serata da Roberto Speranza dopo il monitoraggio settimanale dell'Iss sono andate in una direzione fortunatamente diversa. Ciò significa che di tutte le regioni che erano state precedentemente collocate nella zona di rischio intermedio o massimo, restano arancioni solamente Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria e la Provincia autonoma di Bolzano. Non essendo stata indicata alcuna regione o provincia autonoma rossa, ne consegue che tutte le altre regioni, da lunedì (a scadenza della precedente ordinanza), saranno in zona gialla. Questo significa, ricordiamolo, tra le altre cose la possibilità di andare a far colazione nei bar o andare a pranzare nei ristoranti, ovviamente senza assembramenti e con tavolate composte al massimo da quattro adulti. Dopo le 18, poi sarà possibile per i ristoranti fare asporto o consegna a domicilio fino alle 22, mentre per i bar ci sarà solamente la chiusura, dopo la norma inserita nell'ultimo Dpcm che ha vietato per loro l'asporto serale. E soprattutto, ci si potrà muovere liberamente entro i confini della propria regione, fatto salvo il coprifuoco dalle 22 alle 5 e il divieto di sconfinare in un'altra regione, se non per comprovati motivi di necessità e previa autocertificazione.Inoltre, nei giorni feriali, sempre nelle regioni gialle, sarà possibile recarsi nei musei, con ingresso contingentato, mentre nei weekend resteranno ancora chiusi i centri commerciali e non potranno ancora riaprire palestre e piscine. Nella querelle degli ultimi giorni, che ha visto coinvolta principalmente la Lombardia, le considerazioni del governatore Attilio Fontana e della sua giunta hanno avuto ragione di quelle del ministro, che inizialmente aveva intenzione di seguire pedissequamente le indicazioni del Cts, stabilizzando il fumoso meccanismo in base al quale, per tornare in una classificazione a minore rischio, non sarebbero bastate due settimane ma ce ne sarebbero volute tre, facendo partire la decorrenza dei termini non dall'ordinanza precedente, bensì dal primo monitoraggio con dati migliori. Un sistema che avrebbe oltremodo penalizzato il territorio e l'economia lombarda, già danneggiati dall'affaire dei dati sbagliati sulle guarigioni, che avevano a loro volta determinato un lockdown ingiusto per una settimana. Ma un'altra settimana arancione sarebbe stata ingiusta per tutte le regioni che da lunedì torneranno gialle, perché in ognuna di queste gli indicatori erano concordi nel segnalare un generale miglioramento della situazione, tale da non poter più costringere le categorie maggiormente colpite dalle misure a procrastinare il ritorno al lavoro (seppur a mezzo servizio). Lo sarebbe stato per il Lazio, dove le associazioni di categoria avevano invocato dall'esecutivo quel barlume di ragione che poi ha fatto capolino in extremis, per poter organizzare ordinatamente e con sufficiente preavviso le parziali riaperture, e lo sarebbe stato per il Veneto e l'Emilia Romagna, dove i governatori Luca Zaia e Stefano Bonaccini (che è anche presidente della Conferenza delle Regioni) avevano fatto pressing su Speranza per portare a casa la zona gialla. Per loro due, c'è stato anche da fronteggiare l'inspiegabile «rosso scuro» assegnato alle rispettive regioni dall'Ue, poi rapidamente rientrato. Che il quadro generale fosse migliore, seppure in un contesto che resta allarmante, precario, e suscettibile di repentino peggioramento in caso di inosservanza delle regole sul distanziamento, era parso evidente dai dati diramati dall'Iss poco prima dell'annuncio delle ordinanze ministeriali: l'Rt nazionale, dopo settimane di continuo rialzo, ha fatto segnare per la seconda volta un calo, arrivando a 0,84, contro lo 0,97 della settimana scorsa, la prima sotto l'1 dopo cinque settimane al di sopra di questa soglia. I dati regionali, a parte l'Umbria, si sono inoltre mantenuti tutti sostanzialmente in linea con quella nazionale. Meglio anche il dato nazionale sull'incidenza dei casi, passato nelle ultime due settimane da 339 casi per 100mila abitanti a 289, così come si registra una diminuzione del numero di regioni sopra la soglia critica nell'occupazione delle terapie intensive e dei reparti ordinari (otto, contro le 12 della settimana scorsa). Complessivamente, il tasso di occupazione delle terapie intensiva a livello nazionale è al 28 per cento, due punti sotto quella che è considerata la soglia critica del 30 per cento. Nonostante questi miglioramenti, i tecnici della cabina di regia hanno tenuto a sottolineare, come premessa del loro documento, che «l'epidemia resta in una fase delicata ed un nuovo rapido aumento nel numero di casi nelle prossime settimane è possibile, qualora non venissero mantenute rigorosamente misure di mitigazione sia a livello nazionale che regionale».
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)