2018-05-22
Il Parma ha conquistato la Serie A grazie al capitano risorto tre volte
Dopo il crac del 2015 se ne andarono tutti tranne la bandiera Alessandro Lucarelli, che restò in squadra nei Dilettanti. Oggi, a 41 anni suonati, è il simbolo della miracolosa tripla promozione. L'aveva giurato: «Rinasceremo».Ha giocato nel fango, ha marcato suo figlio, è diventato un fumetto e alla fine ha potuto gridare «Come noi nessuno mai». Alessandro Lucarelli, 41 anni, volto scavato come un autoritratto di Van Gogh, da un paio di giorni è il fidanzato ufficiale di Maria Luigia, è il granduca del sogno, è l'uomo più amato da una città che si sente capitale e che non ha mai digerito d'aver perduto il pallone. Parma è tornata, accompagnata in Serie A da questo suo capitano di 41 anni che un giorno del 2015, dopo il fallimento, seppe raccogliere i brandelli d'orgoglio caduti per terra e rappresentare un popolo orgoglioso con una frase: «Oggi muoio con il Parma, domani voglio rinascere con il Parma».Non era una promessa, era un imperativo da generale Massimo Decimo Meridio detto Ispanico, roba da condottieri. Tre promozioni in tre anni, dalla serie D al paradiso dei grandi. Dove il Parma era stato, dove il Parma aveva vinto, capace di interpretare per quindici anni il ruolo dell'attor giovine in teatro. Stupendo, scapigliato, in grado di guardare negli occhi le grandi e di vincere l'impossibile per una piazza di medie dimensioni: tre Coppe Italia, una Supercoppa italiana, una Supercoppa europea, due Coppe Uefa, una Coppa delle Coppe. Solo Milan, Inter e Juventus hanno un pedigree superiore sotto le Alpi. Rieccoli, i ragazzi con la croce ducale sul petto. Quando Guido Barilla, universalmente riconosciuto come il sindaco onorario della città, sollecita «di uscire dal nostro individualismo, tornare a fare sistema, ricordarci di essere una squadra», da domani può tranquillamente portare ad esempio il Parma. Lui lo dice per ricordare la forza del «noi» in economia, per sottolineare che l'eccellenza economica di quella terra non può rimanere prigioniera delle gelosie dei singoli. Il Parma gli ha dimostrato in tre anni che essendo squadra si soffre, si rinuncia a qualcosa, di diventa una falange e alla fine si vince. Ma ci vuole un leader, un uomo a cui tutti si riferiscono, quello che parla nei momenti difficili e scende in campo con un menisco pizzicato: Alessandro Lucarelli, il capitano, fratello minore di Cristiano, un livornese sulla via Emilia, che a un mondo globalizzato in cui gli ideali vengono stabiliti dagli influencer insegna il senso dell'essere bandiera e dell'esempio. «Nel 2015 avevo già 38 anni, l'età in cui un calciatore si ritira. Il fallimento del Parma mi ha fatto male, una squadra dovrebbe perdere in campo, mai in un Tribunale. Mi sembrò un tradimento, guardai i tanti amici che ho in questa meravigliosa città, guardai i compagni, guardai la mia famiglia e decisi che la mia corsa non poteva essere finita. C'era una missione da compiere, il calcio non è soltanto denaro e star system, può essere ancora passione. Roba forte, da mettere sul tavolo. Mi sembrava un po' di morire, allora ho promesso a me stesso che sarei rinato qui, con tutti loro».Si riparte dalla D, dai campetti estremi, e si comincia a vincere arrampicandosi sulle partite come su rocce impervie. Prima promozione, seconda promozione. Quattro giorni dopo la risalita in serie B viene annunciato il cambio di proprietà del club, che passa per il 60% delle quote nelle mani del gruppo cinese Desports presieduto da Jiang Lizhang; le restanti quote del 30% e del 10% rimangono nelle mani del gruppo imprenditoriale locale «Nuovo inizio» e dell'azionariato popolare «Parma partecipazioni calcistiche». E quando in sede si rivede l'attaccante dei fasti europei, Hernan Crespo, che ha sfilato i panni del bomber sudamericano per vestire un completo sartoriale da vicepresidente, ci si rende conto che qualcosa sta accadendo, che il passato ha deciso di fare ancora una volta irruzione nella vita di un luogo magico, maestro di nostalgie, in fondo alla pianura. Ci si strugge facilmente, nel cuore di Parma, dove nei bar le foto incorniciate di Nevio Scala, Faustino Asprilla, Claudio Taffarel vengono spolverate tutti i giorni. E non c'è avventore che non abbia un suo aneddoto, un suo ricordo. Scala, l'allenatore saggio, che diceva: «Maradona? Non lo vorrei perché potrebbe rompere gli equilibri della squadra». Asprilla, genio colombiano che collezionava rubinetti d'oro e inventava giocate assurde. Taffarel, portiere brasiliano innamorato del culatello, l'ingaggio del quale rimase un mistero per tutti tranne che per Calisto Tanzi, molto interessato al mercato carioca quando la Parmalat era una potenza mondiale. Tutto questo improvvisamente invecchia, nel modo giusto, come devono ingrigire i nonni davanti all'impresa di oggi. È il passato che finalmente passa, davanti alle parole di Lucarelli, che di mestiere fa il centrale difensivo con il vizio di segnare gol di testa. La sua storia a fumetti è diventata un video proiettato nelle scuole. A chi gli domanda quale sia l'attaccante più forte incontrato risponde: «Mio figlio Matteo, gioca nelle giovanili del Parma e ci gioco contro in allenamento». È un'altra dimensione, è una felicità ritrovata. Merito anche del tecnico Roberto D'Aversa, del gioiellino Amato Ciciretti (suo il gol che vale la Serie A) e soprattutto dei ragazzi del Tardini, capaci di amare la squadra sempre: sin dalla prima trasferta in serie D ad Arzignano erano in 2.000. La settimana è iniziata nel migliore dei modi e l'umorismo emiliano non poteva non farsi coinvolgere in questa improvvisa euforia. «È tutto assolutamente perfetto», dice seriamente Gene Gnocchi, che è di Fidenza ma non gli dispiacerebbe avere un passaporto parmigiano: «Se l'anno prossimo viene a giocare con noi anche Gianluigi Buffon, gli facciamo vincere la Champions». Passeggi per piazza Garibaldi e ti accorgi che non c'è niente di più italiano di questo Parma cinese guidato da un guerriero livornese. «Adesso potrei anche ritirarmi, ho compiuto la mia missione. Ma ne sto già immaginando un'altra». Lucarelli ride fra la gente in bicicletta che rallenta per salutarlo. La fantasia dell'uomo che visse due volte non ha limiti.
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
Papa Leone XIV (Getty Images)
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