2022-10-30
L’albero misterioso che regala un angolo di verde in mezzo alla città
A fare compagnia ai clienti del ristorante «L’isola felice» c’è un arbusto dalla specie sconosciuta con le radici in un’aiuola. Da quella posizione privilegiata ascolta chiacchiere, confessioni e sfoghi a due passi dal fiume.Cresce sopra gli occhi di tutti, un albero con le radici in una aiuola, in uno dei tanti probabili centri della città. Le persone che si siedono lì sotto, godendo delle sue roteanti e oscillanti ombre, nemmeno sono sicure a quale specie appartenga. Per qualcuno può trattarsi di un platano, per qualcun altro forse è un olmo, per la tabaccaia a due numeri civici di distanza è un faggio, oppure si sbaglia, non è un pioppo? Non mi sembra proprio un abete, vero? Non ha le foglie aghiformi, quelle che pungono quando le tocchi. Non vedo pigne dunque non sarà nemmeno un pino, o lo è? Tutti i pini producono le pigne? Che albero è?Non è una sequenza di domande a cui si prevede di attribuire una risposta definitiva. Certi aspetti della nostra vita possono benissimo restare indefiniti, è come in quei giochi delle parole crociate nei quali devi transitare per uno snodo ma anche se le parole non sono complete hai capito che lì ci sta una erre, magari hai scovato la parola con cui si interseca, numero dodici: fa rima con candore, sei lettere, orrore oppure sudore. La penultima lettera è comunque una erre. Ecco, la specie di appartenenza del nostro albero sotto al quale diverse persone vengono, nell’arco di una giornata, a sedere e a trovare riparo e conforto è una erre, cioè un albero, tanto basta.L’aiuola rettangolare si trova riparata tra due edifici ad angolo, di fronte a loro una strada alberata, controviale, viale ampio, controviale di rispetto, passeggiata lungofiume e fiume. Ogni tanto un ponte conduce alla riva opposta del corso d’acqua, dalla parte del centro, i negozi, i musei, le piazze e i volti frettolosi della gente che cammina. Chi abita in questo quartiere ha la fortuna di vivere in una zona a due passi, fisicamente, dal centro ma già in un’area che respira, che gode della collina che le cresce alle spalle. Lo sguardo dal terzo o dal quarto piano si sfoga sul corso del fiume e sulle chiome degli alberi che costeggiano il suo fluire, strappando dal senso di claustrofobia urbana che altrimenti se ne trarrebbe, necessariamente.Rustam è un astuto uomo iraniano di 43 anni, venditore di tappeti finché il negozio del cugino non ha chiuso per causa di forza maggiore - gli italiani non cercano più antichi tappeti persiani da sistemare come scendiletto o per abbellire i salotti; ha intuito che se avesse rilevato il locale che dava sull’aiuola, al pian terreno, avrebbe potuto richiedere l’utilizzo dello spazio pubblico per metterci alcuni tavolini e seggiole, di modo da accogliere nelle stagioni meno inclementi gli avventori. Certo, oltre alle già ingenti somme di restauro avrebbe dovuto sobbarcarsi anche questa, ma già che c’era, già che si indebitava per un numero di anni che risuonerebbe ridicolo soltanto a pensarci, alcune migliaia di euro in più o in meno non faceva poi questa grande differenza, ammesso che la banca accettasse. E così è andata, ovviamente la sua nazionalità non favoriva la benevolenza finanziaria - se così possiamo chiamarla - dei responsabili ai prestiti, ma al quinto istituto di credito che ha consultato il finanziamento viene approvato, previa sottoscrizione di un impegno da parte delle due sorelle, proprietarie di un appartamento in un quartiere popolare della periferia. Mi raccomando, le dicevano le sorelle minori, ma di lui hanno fiducia, d’altro canto è stato proprio lui a strattonarle fuori dalla follia del proprio paese per catapultarle in questo mondo dove quantomeno le libertà individuali vengono garantite. Non poco per loro, di certo molto per i figli.E così, dopo sei mesi di lavori, permessi, burocrazia e azzardi il ristorantino L’isola Felice ha potuto inaugurare, inizialmente c’erano i suoi parenti, amici e alcuni abitanti dell’isolato. La posizione invidiabile a due passi dal fiume e i tavolini intorno all’aiuola sotto l’albero misterioso hanno fatto il resto, richiamando molti nuovi frequentatori, soprattutto per una colazione a metà mattinata e per il pranzo. Ben presto Rustan ha dovuto assumere part-time, i primi mesi, quindi a tempo pieno, due studentesse dell’università. Ora gli otto tavolini sono sempre prenotati di giorno in giorno, in certe mattinate si avvista una fila che aspetta di sedersi.L’albero di cui non abbiamo ancora definito l’identità sta lì, accudisce le proprie foglie, liscia la propria corteccia maculata, si manifesta viziosamente sopra tutti coloro che siedono e parlottano e si cibano. Raccoglie storie su storie, le confessioni, gli sfoghi, le lamentale, gli scherzi e anche le barzellette. Si sente, suo malgrado, come un archivista che amplia la collezione di curiosità umane. Una volta magari si tratta di una donna che spettegola delle avventure sessuali della sua amministratrice delegata di cui vorrebbe un giorno prendere il posto con i più giovani e avvenenti colleghi maschi. Quella stronza, non se ne fa scappare uno, anche in ufficio ne approfitta… Oppure si tratta di due vecchi amici che non si rivedono da tempo e si ritrovano proprio sotto i rami del nostro albero, del nostro potenziale faggio o platano o olmo o pioppo. Hai poi realizzato quel sogno di andare in Giappone? O ancora madre e figlia, dialogano del più e del meno fasciate nelle loro eleganti giacche in mistolana, accennando all’ultimo abito acquistato in boutique, del libro appena terminato, dell’andamento dell’ultimo fine settimana al mare con un nuovo fidanzato. L’albero ascolta tutti, non giudica, aspetta, riceve, assorbe. La natura di un albero è quella di dialogare costantemente con il paesaggio circostante: riceve la pioggia di cui ha bisogno, si nutre del sole che splende, incamera anidride carbonica che le macchine e le attività umane producono in abbondanza, traspira. E rilascia ossigeno, di cui le nostre bocche sono assetate. Un baratto universale e costante.Rustam ogni tanto si imbambola a guardare tutta questa umanità pacificata e formicolante che entra, siede, vive, paga e se ne va. Pensa a cosa stanno vivendo i suoi amici e i suoi parenti in patria, pensa alle ragazzine che si stanno tagliando i capelli in nome della protesta contro un regime che oramai sembra esser giunto al capolinea della propria rozzezza, della propria cecità. Spera per tutte loro, spera per tutti i suoi compatrioti che prima o poi quel mondo si frantumi, confida che nelle città iraniane possano fiorire luoghi come questo, tante piccole Isole Felici senza troppe pretese ma dove le persone possono essere semplicemente quel che desiderano, senza il peso delle costrizioni, senza polizia morale, senza medievalismi fuori tempo massimo.
Simona Marchini (Getty Images)