2021-04-28
Alberghi di lusso e viaggi per l’Italia. Le spese super della presidente Eni
Oltre al mezzo milione di indennità, l'azienda ha pagato altri 200.000 euro per alloggio e trasferimenti. Lucia Calvosa promossa al vertice grazie al M5s e a Massimo D'Alema. Marco Travaglio la definì «manager coi fiocchi». Quando arrivò a San Donato, sede dell'Eni, Lucia Calvosa fece subito intendere di voler fare piazza pulita degli scheletri nell'armadio del Cane a sei zampe. Ora invece è stata la stessa società a evidenziare le spese che ha sostenuto nel suo primo anno di insediamento, di gran lunga superiori a quelle dei suoi predecessori. Sotto un certo aspetto, è riuscita a superare la manager che l'ha preceduta: Emma Marcegaglia. Non per le indennità (come riportato ieri da Repubblica), 500.000 euro lordi annui, dei quali 90.000 previsti dall'assemblea e 410.000 messi sul piatto dal cda il 4 giugno scorso «per deleghe conferite», allineate a quelle ricevute da Marcegaglia. Ma per i compensi extra: dal 14 maggio al 31 dicembre 2020 l'Eni «ha sostenuto spese e oneri per servizi di alloggio e trasporto collegati all'esercizio del ruolo di presidente per 206.000 euro», 152.000 dei quali per spese alberghiere e servizio di trasporto e 54.000 per l'alloggio assegnato dal febbraio 2021. Marcegaglia, nei primi quattro mesi e mezzo dell'anno, aveva speso solo 21.000 euro per le stesse voci. I dati sono contenuti nella relazione sulle remunerazioni e sui compensi 2021 da poco online sul sito web dell'Eni. Dall'azienda del Cane a sei zampe si sono affrettati a precisare che «gli standard di alloggio e trasporto offerti dalla società alla presidente Calvosa sono sostanzialmente analoghi a quelli offerti ai presidenti precedenti». E che «le differenze di importi tra la presidenza attuale e quella precedente dipendono dalla diversa frequenza di utilizzo dei servizi, ovviamente maggiore nel caso di Calvosa che si trovava nel periodo di insediamento nel suo nuovo incarico». In coda alla nota è precisato anche che «la presidente precedente poteva disporre di benefit analoghi derivanti dalle proprie attività imprenditoriali». La prof. avv. Calvosa, invece, può contare solo sulle quattro sedi dei suoi studi professionali, a Pisa, in via Sant'Andrea, a Milano, in via Agnello, a Firenze, in via della Condotta, e a Roma in via delle Quattro Fontane. E sempre nella Capitale è domiciliata in via Ostiense, dove c'è la sede dell'Agi, l'Agenzia giornalistica Italia. Ma a Roma può contare anche sull'abitazione messa a disposizione da Eni. E prima di ottenerla le spese devono essere salite per l'alloggio nel prestigioso hotel St Regis, dove una stanza costa anche 500 euro e si arriva fino a 3.000 per la lussuosa metropolitan suite (con 40 euro al giorno extra per il parcheggio auto). Ma anche per i rimborsi da Pisa (e probabilmente anche da Milano e Firenze) con auto a noleggio, che Calvosa avrebbe scelto per limitare i costi. La quantità di trasferte, però, deve essere state notevole. E spiegherebbe le somme rimborsate.Eppure all'epoca la sua nomina fu celebrata come una ventata di freschezza su alcuni quotidiani filo governo Conte, tanto che lo stesso direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio la definì «una manager coi fiocchi». Era la primavera del 2020. E a spingere per la sua nomina a presidente fu il Movimento 5 stelle, in primis il viceministro al Mise Stefano Buffagni con l'appoggio anche dell'ex premier, onnipresente durante il Conte bis, Massimo D'Alema. Quella tornata di nomine fu molto delicata. Su quella poltrona aveva messo gli occhi persino Luigi Zingales, ex consigliere di Eni e grande accusatore dell'amministratore Claudio Descalzi. Fu proprio Zingales a scrivere un pezzo sull'Espresso dove invitava il governo Conte a trovare un sostituto sia per Descalzi sia per l'allora presidente Emma Marcegaglia. All'epoca soffiava ancora forte il vento del processo Opl 245, quello sulla presunta mazzetta da 1 miliardo e 95 milioni di dollari che sarebbero stati pagati da Eni e Shell per il giacimento petrolifero nigeriano. La vicenda si è chiusa il mese scorso con una sentenza di primo grado con l'assoluzione di tutti gli imputati perché «il fatto non sussiste». Insomma l'anno scorso, con l'idea di fare pulizia a San Donato, i 5 stelle si impegnarono molto per trovare un nome per la presidenza del Cane a sei zampe. Così spuntò fuori il nome della Calvosa, che era stata nominata nel 2014 nel consiglio di amministrazione del Fatto Quotidiano, ma che soprattutto nel 2011 era diventata con Zingales consigliere indipendente di Tim, mentre l'amministratore delegato era l'ex Eni Franco Bernabè. Quando poi arrivò Flavio Cattaneo, Calvosa fu nominata anche presidente del Comitato controllo rischi. Nell'ultimo anno, oltre al capitolo spese, il suo nome era circolato nelle chat dei lobbisti italiani per un video dove dimostra di non padroneggiare al meglio la lingua inglese. Lo si può ancora trovare su Youtube e da oggi sarà visibile anche sul sito del nostro giornale: Laverita.info. È un filmato per il Gaidar Forum 2021 di Mosca dello scorso 14 gennaio, evento che viene anche definito la «Davos di Russia», dove si riunisce la comunità finanziaria internazionale e organizzato dal presidente Vladimir Putin. Calvosa legge per 21 minuti un testo dove la pronuncia ricorda quella dell'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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