2025-04-12
Arrivati in Albania i primi 40 irregolari espulsi dall’Italia. Pd subito all’attacco
L'arrivo dei migranti al porto di Shengjin (Ansa)
Approdata a Shengjin la nave militare Libra. Piantedosi esulta: «Intensificare i rimpatri». Cecilia Strada: «Sbarcati in manette».È arrivata ieri pomeriggio al porto albanese di Shengjin la nave Libra della Marina militare italiana con a bordo 40 immigrati, avviando così, al quarto tentativo, la prima fase operativa del protocollo firmato tra Italia e Albania per la gestione dei flussi migratori. Un piano ambizioso, fortemente voluto dal governo Meloni, che punta a rimettere in ordine un fenomeno lasciato per troppo tempo senza regole. Gli immigrati, tutti uomini adulti ai quali è già stato negato l’asilo, sono stati trasferiti nel centro di Gjader, dove resteranno per un massimo di 18 mesi, ovvero finché i loro Paesi d’origine non accetteranno il rimpatrio. Secondo quanto si apprende, gli sbarcati sarebbero di nazionalità tunisina, egiziana, bengalese, pachistana, algerina, georgiana, nigeriana e moldava. Il trasferimento è il primo tassello concreto di un accordo bilaterale che rappresenta una svolta nella politica migratoria europea. I centri di accoglienza di Shengjin e Gjader sono stati realizzati nell’ambito di una cooperazione tra Roma e Tirana. L’obiettivo è chiaro: impedire l’ingresso indiscriminato di immigrati irregolari e assicurare che solo chi ha davvero diritto alla protezione possa accedere al territorio italiano. Fino a giovedì i migranti ospitati a bordo della Libra erano trattenuti nel centro di accoglienza di Restinco, a Brindisi, dove erano confluiti da diversi Cpr. La loro permanenza in Italia non aveva più alcuna ragione giuridica, essendo destinatari di provvedimenti di espulsione. Proprio per questo, l’Italia ha deciso, sulla base del decreto approvato il 28 marzo scorso, di utilizzare le strutture albanesi non solo per l’identificazione dei richiedenti asilo salvati in mare, ma anche per gli irregolari già sottoposti a convalida da parte dell’autorità giudiziaria. Il coordinamento dell’intera operazione è stato affidato direttamente al ministero dell’Interno. Al porto di Brindisi, un piccolo gruppo di associazioni, tra cui Arci e Cobas, ha organizzato un sit-in per contestare la procedura. Le Ong restano critiche. Alcuni giuristi parlano di aspetti da chiarire. Ma i migranti non vengono deportati: vengono trasferiti in strutture controllate. Quando ieri l’europarlamentare del Pd Cecilia Strada ha visitato il porto di Shengjin e ha dichiarato che gli immigrati «scendevano ammanettati» dalla Libra, ha dimenticato di dire che si trattava di un normale protocollo di sicurezza. E mentre Amnesty international sollecita il governo italiano «a interrompere immediatamente i trasferimenti forzati in Albania delle persone detenute nei Centri per il rimpatrio, che altro non sono se non un disperato tentativo di riattivare il protocollo con Tirana, illegale e costoso», a supporto dell’accordo con l’Albania arrivano anche le prime indicazioni dell’avvocato generale della Corte di giustizia europea Richard de la Tour, che ha affermato come gli Stati membri dell’Ue possano designare «Paesi d’origine sicuri» con atto legislativo, come ha fatto l’Italia. Non solo: il diritto europeo non impedisce trattenimenti nei centri extra-Ue se avvengono nel rispetto delle garanzie procedurali. Un parere che conferma la piena legittimità della strategia italiana. Mentre Bruxelles attende la sentenza definitiva della Corte (prevista tra maggio e giugno), l’Italia è già operativa. E punta anche sullo strumento dei rimpatri volontari assistiti. «È un elemento prioritario per evitare il radicamento dei migranti irregolari nei Paesi di transito. Dobbiamo continuare a lavorare insieme per intensificare i rimpatri volontari assistiti, e mi farò promotore a livello europeo per lanciare un’alleanza strategica sul tema», ha detto ieri il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, dopo aver incontrato in prefettura a Napoli i ministri dell’Interno Brahim Merad (Algeria), Imad Trabelsi (Libia) e Khaled Nouri (Tunisia) per i lavori della cabina di regia sulla migrazione. Alla riunione ha partecipato anche il vice ministro degli Affari esteri, Edmondo Cirielli. «Siamo consapevoli che per affrontare con successo la sfida dell’immigrazione irregolare e interrompere il business degli scafisti che si arricchiscono sulla disperazione dei più deboli», ha detto Piantedosi, «è necessario implementare una strategia condivisa tra i Paesi di transito e quelli di arrivo». Piantedosi ha poi partecipato a incontri bilaterali con i colleghi stranieri per fare il punto sulle cooperazioni in corso e sulle strategie di collaborazione future. «In particolare», ha sottolineato il capo del Viminale, «con il collega tunisino ci siamo confrontati sulle iniziative per l’arrivo regolare di lavoratori in Italia». Nel 2024 è stata superata la quota di 4.000 lavoratori, con quasi 2.000 ulteriori quote ordinarie che stanno consentendo l’inserimento lavorativo dei cittadini tunisini. «Si è convenuto», ha spiegato Piantedosi, «di accrescere il numero complessivo degli ingressi regolari anche per il 2025 e di rafforzare i progetti comuni per la formazione e l’ingresso nel mondo del lavoro nel nostro Paese».
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