2023-12-09
«La mia Europa si farà, diversa dalla Ue. Ma io non la vedrò»
Alain de Benoist (Getty Images)
Il filosofo Alain de Benoist spegne 80 candeline: «A 17 anni mi interessavo agli stessi temi di adesso. L’omicidio di Crépol? Stavolta la rabbia non sarà passeggera».Alain de Benoist, lunedì lei compirà 80 anni. Cosa è cambiato e cosa è rimasto uguale tra il de Benoist di oggi e quello che, all’inizio degli anni Sessanta, appariva sulla scena ?«Nessuno cambia mai completamente. Consultando recentemente i miei archivi, ho avuto la sorpresa di constatare che i primissimi articoli che ho pubblicato, a 17 o 18 anni, trattavano già dei temi sui quali non ho cessato di scrivere in seguito: la critica del capitalismo liberale, la denuncia del mondo borghese, la difesa della causa dei popoli (e del popolo), il rifiuto della demonia dell’economia e del primato dei valori mercantili etc. Da allora c’è stata la lettura di un gran numero di autori di cui prima non conoscevo nulla, e che mi hanno aperto nuove piste. Non mi sono mai liberato da una curiosità per tutto quello che mi permette di approfondire le mie idee, al rischio di constatare che certe piste erano dei vicoli ciechi. Questo mi ha permesso di rompere con tutti i dogmatismi, di disfarmi di ciò che restava del positivismo della mia adolescenza, di relativizzare l’approccio puramente biologico ai problemi sociali, di riconoscere l’importanza della storicità come caratteristica centrale della cultura etc. Per il resto, ci sono da dire solo banalità. Quando si arriva a 80 anni, si constata che il corpo non è più un alleato, si è pieni di ricordi, si percepisce che si conoscono più morti che viventi…».Il suo nome è legato alla Nouvelle droite, anche se lei non utilizza più tale etichetta. Quale bilancio traccia della parabola della Nuova destra?«Mi lasci innanzitutto precisare che non ho mai rinnegato l’etichetta di Nouvelle droite, ma che effettivamente non l’amo molto perché la trovo troppo equivoca (a dirla tutta, ho molte difficoltà a riconoscermi in una qualunque “destra”!). La Nd è innanzitutto stata una scuola di pensiero di un genere nuovo, una comunità di lavoro collettivo, un’avventura intellettuale che dura ormai da più di mezzo secolo. La rivista Nouvelle Ecole è stata creata nel 1968, il magazine Eléments nel 1972, la rivista Krisis nel 1988. E vengono pubblicate ancora oggi. Con l’eccezione dell’Action française, non vedo in Francia alcun movimento che possa vantarsi di una tale durata e di una tale continuità. Il che è già considerevole. Ma la cosa più importante è che la Nd ha saputo trasmettere alle nuove generazioni. Ho sempre vigilato affinché coloro che avevano più talento e coerenza intellettuale avessero accesso ai posti di responsabilità prima possibile. La Nd non è invecchiata con coloro che l’avevano creata. Non è più, e questo è bene, la Nd dei “padri fondatori”. Essa si incarna oggi in figure nuove, che non erano nate quando la Nd è apparsa: François Bousquet, Guillaume Travers, Pascal Eysseric, Rémi Soulié, David L’Epée, Christophe A. Maxime, Olivier François, Rodolphe Cart, Baptiste Rappin, Daoud Boughezala, Laurent Schang, Thomas Hennetier e molti altri. È grazie a loro che la Nd, invece di atrofizzarsi progressivamente, non ha cessato di pubblicare, di progredire, di sviluppare la sua influenza. C’è anche un lato negativo. È chiaro che non abbiamo impedito alla società postmoderna di scivolare ogni giorno un po’ di più verso il nichilismo. Almeno abbiamo insegnato agli spiriti refrattari a strutturarsi intellettualmente, rendendoli così più propensi a rinforzare il campo della resistenza. È già molto».Nella destra italiana si parla spesso dei «Testimoni di Evola», i discepoli dogmatici del pensatore tradizionalista. Esistono anche i «Testimoni di de Benoist»?«Oddio… No, né testimoni di Geova, né testimoni di Evola! La Nd non è mai stata una setta. Al contrario, ha sempre mantenuto il pluralismo al suo interno. Quanto a me, non mai cercato di creare dei “benoistiani” come ci sono dei freudiani o dei guénoniani. Ho cercato più di unire degli amici che di avere dei discepoli. Un buon discepolo, del resto, non è qualcuno che ripete ciò che dice il suo maestro come un disco rotto, ma colui che sa distanziarsi dalle influenze grazie alle quali si è formato per creare un’opera originale».La sua attività le è valsa molti amici, lettori, ammiratori, ma anche qualche nemico. C’è chi la definisce una sorta di papa culturale centralizzatore e dispotico. Che risponde?«Chi non ha alcun nemico non deve rallegrarsi, ma preoccuparsi. Ogni uomo pubblico attira necessariamente delle inimicizie, fossero anche in piccolo numero. Ci sono i nemici pubblici (hostis), ideologici, che sono interessanti solo a patto che accettino una discussione leale che permetta di confrontare le divergenze (sfortunatamente, sono molto pochi quelli che accettano oggi una tale disputatio) e i nemici privati, che sono generalmente rosi dalla gelosia e dal risentimento. L’uomo del risentimento è un uomo la cui anima è ristretta, il che lo rende infelice. Questa gente è piuttosto da compatire. Un “papa culturale centralizzatore e dispotico”! Non avevo ancora sentito una cosa del genere, e mi domando cosa ciò possa voler dire. Sono gli uomini di potenza, non gli uomini di conoscenza, che sono “centralizzatori” e “dispotici”. Io non centralizzo nulla perché delego molto e, quanto al dispotismo, ci sono molti che mi rimproverano piuttosto la mancanza d’autorità. Non c’è evidentemente nulla da rispondere rispetto a queste accuse. Tutt’al più ci si può interrogare sulla legittimità di coloro che pretendono di processarmi. Rimanderei qui a un volume collettaneo di più di 700 pagine, intitolato Un chemin de pensée, che un centinaio di amici di diversi Paesi mi offrono in occasione del mio ottantesimo compleanno. L’immagine di me che ne esce fuori non è decisamente quella di un “despota centralizzatore”, ma piuttosto di un uomo che non si è mai messo al servizio di un piccolo catechismo e che non ha mai cessato di rimettersi in discussione. Credo di averlo anche mostrato nelle mie memorie e nei miei appunti intimi. Né papa, né Cesare, né guru!».Uno dei temi che attraversa il suo lavoro e che non è mai cambiato è l’attaccamento all’idea di una Europa molto differente da quella di Bruxelles. Ha ancora la speranza di vedere un giorno quell’Europa?«“L’Europa si farà sull’orlo della tomba”: ho spesso citato questa frase attribuita a Nietzsche facendola mia. Sì, credo sempre a un’Europa “molto differente da quella di Bruxelles”, un’Europa politicamente unita che cerchi di essere una potenza prima di essere un mercato e che divenga uno degli attori chiave di un mondo ridivenuto multipolare. Ma la verità ci obbliga a riconoscere che questa prospettiva è oggi più lontana che mai. Da parte mia, so che non la vedrò mai realizzarsi. Ma credo che diventerà un giorno possibile, a condizione di non cercare in modo romantico di voler resuscitare ciò che essa è stata nel passato. L’altra Europa non può nascere che dalla chiara coscienza del momento storico che stiamo vivendo. Bisogna certo fare ricorso al passato, ma un ricorso non è un ritorno. Si deve piuttosto cercare una sintesi e un superamento, e impegnarsi, come ci invitava a fare Heidegger, a creare le condizioni di un nuovo inizio. L’Europa che auspico di veder apparire non è ancora mai esistita. Essa appartiene all’avvenire».L’assassinio del giovane Thomas, a Crépol, così come quello della piccola Lola, qualche mese fa, sembrano aver turbato una parte importante della società francese. Si tratta di una collera passeggera o di una presa di coscienza destinata a durare?«Queste reazioni non sono affatto una “collera passeggera”. Certamente si acquieteranno, ma altre, ancora più numerose, verranno. La ragione è molto semplicemente che le stesse cause producono in generale gli stessi effetti. I due omicidi di cui lei mi parla non sono che due esempi tra molti altri di un imbarbarimento della vita quotidiana che va di pari passo con quella che bisogna ben chiamare decivilizzazione. Gli abitanti di tutti i Paesi europei reagiscono ormai con sempre più forza alle patologie sociali che derivano dal flusso ininterrotto dell’immigrazione di popolamento. Hanno sopportato a lungo, come hanno potuto, oggi non ne possono più. Verrà il momento in cui la rabbia accumulata esploderà su larga scala. È allora che forse raggiungeremo un punto critico a partire dal quale tutto potrà cambiare».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.