2020-09-16
Al posto dei fondi arriveranno i tagli. Gualtieri si prepara alla stangata
Il ministro ammette: «Il rapporto debito/Pil deve scendere e rientrare a livelli pre pandemici». Così ipoteca il futuro dell'Italia, sulle orme di Mario Monti. E Beppe Grillo pensiona lavoro («Un ricatto») e Pil («Non conta nulla»).Il Recovery fund o Next Generation Eu (NgEu) che dir si voglia, somiglia sempre più a un soufflé: appena si raffredda perde sia la forma che la consistenza. A poco vale la consolazione di aver cominciato a dirlo su queste colonne sin da fine maggio, quando la Commissione lo sfornò e Giuseppe Conte veniva accostato al Signor Bonaventura con sottobraccio un assegno da 209 miliardi.Ieri ci ha pensato il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, in audizione presso le commissioni Finanze e Bilancio della Camera, a fornirci elementi sufficienti per poter affermare che il soufflé rischia anche di rovinarci lo stomaco.Fuor di metafora, il titolare del Mef ha confermato i quattro pilastri chiaramente piantati nell'ultima slide delle linee guida del piano per la ripresa e la resilienza rese note il 9 settembre:1 Il Programma dovrà essere compatibile con gli obiettivi di finanza pubblica del governo. 2In ogni caso, la riduzione del rapporto debito/Pil richiederà un significativo miglioramento del saldo primario di bilancio nei prossimi anni.3Da un punto di vista contabile, i sussidi previsti dalla Rrf non dovrebbero costituire maggior deficit e debito lordo della Pa. 4 I prestiti contribuiranno all'indebitamento netto e all'accumulo di debito lordo.Affermando che «puntiamo a inserire nella Nota di aggiornamento al Def (NaDef) una significativa discesa nel rapporto debito/Pil non solo nel 2021 ma anche negli anni successivi, onde rientrare gradualmente e in modo sostenibile sui livelli pre pandemici e su un orizzonte di lungo termine ridurre il debito», Gualtieri assesta un colpo micidiale a qualsiasi prospettiva di decente ripresa del nostro Paese nei prossimi anni. Chiunque verrà dopo avrà un sentiero definito davanti a sé, e pure relativamente stretto e accidentato. Tutto origina dall'«analisi di sostenibilità del debito (Dsa)» che la Commissione redige ogni anno e che, da ultimo, ha pubblicato a maggio, in previsione dell'accesso al prestito del Mes. A Bruxelles conoscono un solo strumento per far diminuire il rapporto debito/Pil: inanellare avanzi primari di bilancio non inferiori al 2% (meglio se 3-4%). Proprio la scelta di politica economica che, con Mario Monti, ha fatto salire quel rapporto dal 116% del 2011 al 133% del 2014, affossando le speranze di ripresa del Paese.Quindi Gualtieri non può che seguire quel sentiero tracciato nella Dsa e, per rassicurare Bruxelles, pur continuando la sospensione del Patto di stabilità, è stato costretto a prendere atto che buona parte del Ngeu (127 miliardi) sono prestiti che concorreranno alla crescita del debito pubblico che vanno quindi usati con accortezza e «se non compensati da riduzione di altre spese o aumento di entrate, richiederanno una programmazione di bilancio volta a riequilibrare i saldi di finanza pubblica».Insomma, avvieremo, forse, la svolta «green» e digitale ma taglieremo, ad esempio, le pensioni o aumenteremo le tasse. Ma nemmeno sul fronte dei sussidi a via XX Settembre dormono sonni tranquilli. Infatti Gualtieri ha sostenuto che «è ragionevole ritenere che sussidi non concorreranno all'indebitamento netto aggiuntivo» e quindi intende utilizzare in pieno i circa 63 miliardi del Rrf ma, non essendo sicuro, attende che si pronunci Eurostat che, nel 2011, decise di contabilizzare come debito italiano una quota dei bond emessi da Efsf, con la nostra garanzia, per effettuare prestiti alla Grecia. Altro che Eurobond, qui ognuno risponde per la sua quota, senza alcun vincolo di solidarietà.Secondo Gualtieri, questi fondi dovrebbero generare «svariati punti percentuali di aumento del Pil». C'è da sperare che la previsione sia più accurata di quella fatta a marzo, relativa a «qualche punto percentuale, grave ma gestibile e recuperabile» di calo del Pil.Incalzato da una puntuale domanda del deputato Renato Brunetta, Gualtieri ha dovuto ammettere che l'invio formale del piano, che sarà «composto da pochi e grandi progetti» (nonostante circolino bozze enciclopediche), dovrà attendere la pubblicazione delle norme del Ngeu in Gazzetta Ufficiale, prevista non prima di gennaio. Allora, giocoforza, la legge di bilancio 2021, da approvarsi entro il 31/12, non potrà contenere spese finanziate con uno strumento giuridicamente inesistente. O potrà farlo, col rischio di trovarsi senza copertura, in caso di mancata approvazione di qualche progetto nei primi mesi del 2021 da parte di Commissione e Consiglio. C'è da considerare che solo venerdì prossimo la Commissione fornirà delle linee guida al fine di cominciare a selezionare l'elenco dei progetti ammissibili. Gualtieri spera di finanziare con i prestiti spese già previste a legislazione vigente, come accaduto con il Sure, se volesse finanziare altre spese dovrebbe aumentare il deficit, deviando dal sentiero di rientro. Ma così lo stimolo all'economia dei 127 miliardi di prestiti sarà nullo.Come se i dubbi sulla ripresa non bastassero, ieri è arrivato Grillo ad arringare i suoi, inneggiando al reddito universale slegato dal «ricatto» del lavoro, sostenendo che «se la priorità è raddoppiare il Pil vuol dire che non abbiamo capito niente». Esattamente il sentiero di stagnazione di Gualtieri, segnato da un filo rosso lungo il quale, purtroppo, tutto si tiene.
Jose Mourinho (Getty Images)