2020-09-15
Al pool anti Trump s’è cancellata la memoria
Donald Trump (Getty images)
Giallo sugli uomini che indagarono sulle ingerenze russe nell'elezione 2016: azzerati «accidentalmente» i dati dei loro telefonini. L'inchiesta flop ora si ritorce contro i suoi sponsor democratici, sotto accusa anche per scarsa trasparenza nella raccolta fondi.È una vera e propria bufera quella che si è scatenata sui collaboratori di Robert Mueller. La settimana scorsa, il Dipartimento di Giustizia americano ha pubblicato una serie di documenti che mostrano come svariati componenti del team investigativo del procuratore speciale abbiano eliminato la memoria dei loro telefonini. Andrew Weissman «ha cancellato accidentalmente» la memoria del proprio dispositivo in due occasioni, dopo aver inserito troppe volte il codice di accesso sbagliato nel marzo del 2018. Tutto questo mentre la memoria del telefono dell'avvocato James Quarles si sarebbe «cancellata da sola». Le carte mostrano inoltre che la memoria dei dispositivi di Kyle Freeny e di Rush Atkinson sarebbe stata eliminata accidentalmente, per aver inserito troppe volte un codice di accesso errato. Scomparsi anche i dati di Lisa Page (avvocatessa del Bureau che nel 2016 si scambiò dei messaggi anti Trump con il suo amante di allora, l'agente dell'Fbi Peter Strzok): nel suo caso, il dispositivo è stato infatti riportato alle impostazioni di fabbrica.Ora, l'aspetto interessante non risiede soltanto nell'eliminazione in sé di questi dati, ma anche nel fatto che tale cancellazione sia avvenuta prima che si concludesse l'indagine, avviata nel marzo del 2018 dall'ispettore generale del Dipartimento di Giustizia Michael Horowitz, su «Crossifire Hurricane»: la controversa inchiesta che l'Fbi aprì, nel luglio del 2016, sulle presunte collusioni che alcuni esponenti del comitato elettorale di Trump avrebbero intrattenuto con il Cremlino. L'ipotesi che qualcuno avesse qualcosa da nascondere, insomma, non sembra del tutto infondata. È per esempio di questo avviso il deputato repubblicano Devin Nunes, che domenica ha parlato di un possibile «intralcio alla giustizia». Sempre in tal senso, il senatore repubblicano Chuck Grassley ha inviato una lettera al Dipartimento di Giustizia, sostenendo che il numero delle cancellazioni e le motivazioni addotte risultano quantomeno sospette. Sulla stessa linea il senatore Ron Johnson, che ha chiesto l'apertura di un'indagine per verificare se siano stati commessi degli illeciti. Del resto queste cancellazioni sono tendenzialmente avvenute nel corso del 2018, quando l'indagine di Mueller era ancora aperta (iniziata nel maggio 2017, si sarebbe infatti protratta sino a marzo 2019 per un costo complessivo di 32 milioni di dollari).Furibonda le reazione di Trump, che è andato all'attacco su Twitter. «Così ora scopriamo», ha scritto, «che l'intera squadra di Mueller ha ripulito illegalmente i propri telefoni appena prima delle indagini su di loro, tutti usando la stessa stupida giustificazione per questo “incidente", proprio come l'imbrogliona Hillary che fracassa i suoi telefoni con un martello e che cancella le sue email». Il presidente americano ha inoltre definito l'intera inchiesta di Mueller una «truffa». Tutto questo mentre il senatore Lindsey Graham ha chiesto che la faccenda dei telefonini venga analizzata anche da John Durham: procuratore, nominato dal ministro della Giustizia William Barr, per fare luce proprio sull'indagine Russiagate. Quello stesso Durham che, secondo recenti indiscrezioni, potrebbe pubblicare un rapporto parziale della sua inchiesta già nelle prossime settimane (o comunque prima delle presidenziali del 3 novembre). Giovedì scorso Graham ha addirittura lasciato intendere che alcuni sviluppi emergeranno probabilmente nel giro di pochi giorni.Insomma, la questione dei telefonini getta un'ombra di non poco conto sull'attività dei collaboratori di Mueller. E lo fa in un momento in cui i democratici (da Nancy Pelosi a Kamala Harris) sono tornati a paventare interferenze russe in vista delle elezioni del prossimo novembre. Eppure dubbi di interferenza straniera iniziano ad aleggiare anche sull'asinello: almeno in materia di contributi elettorali. L'organizzazione conservatrice Take back action fund ha analizzato i finanziamenti ottenuti da Actblue, importante piattaforma di raccolta fondi legata al Partito democratico. Ebbene, sia nel 2019 che nel 2020, circa il 50% dei suoi contributori si è definito «disoccupato» o «privo di datore di lavoro». Una cifra molto alta, soprattutto se si fa un raffronto con una piattaforma analoga ma legata ai repubblicani come Winred: in questo caso la quota di finanziatori «disoccupati» o «privi di datore di lavoro» si è aggirata attorno al 5% sia nel 2019 che nel 2020. Tra l'altro, secondo Take back action fund, Actblue non consentirebbe di verificare le donazioni che riceve. Il che apre la piattaforma al rischio di finanziamenti illeciti, soprattutto da fonte straniera. Dietro quell'alto numero di soggetti inoccupati, potrebbero celarsi non a caso identità fittizie (la legge americana prescrive d'altronde che un donatore specifichi il proprio datore di lavoro). Non sappiamo quanto queste preoccupazioni siano fondate. Ma da un partito che, come l'asinello, dà costantemente lezioni agli altri sulle interferenze straniere, ci si aspetterebbe un po' di trasparenza in più.