2023-02-01
Aiuti di Stato Ue, ennesima fregatura
Margrethe Vestager (Ansa)
La revisione estensiva sarà affrontata oggi dalla commissaria Margrethe Vestager. Facile creare nuovi scompensi competitivi tra i membri. Con un vantaggio per Francia e Germania.Nel suo recente intervento al Forum di Davos la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha rilanciato un fondo sovrano Ue come risposta all’Inflaction reduction act con cui gli Usa hanno stanziato 370 miliardi di dollari di sussidi per le loro imprese. Per mantenere l’attrattività dell’industria europea, la presidente ha proposto di adeguare temporaneamente le norme sugli aiuti di Stato per velocizzarle e semplificarle le procedure. Dopo un’analisi di impatto sugli effetti economici e industriali dell’Ira americano, oggi il tema della revisione estensiva degli aiuti sarà affrontato dalla commissaria europea al mercato Margrethe Vestager, che dovrebbe spedire una bozza di 50 pagine al Consiglio europeo tra dieci giorni. Ma il dibattito resta assai aperto, il vero scoglio politico ancora non superato riguarda l’aspetto europeo dell’intervento: ci saranno nuovi strumenti di finanziamento con debito comune? Sullo schema d’azione europeo Bruxelles ancora tentenna rischiando di replicare lo stesso copione che abbiamo visto con il price cap sul gas. Si indica un obiettivo luminoso sapendo che è un «feticcio» senza consenso politico e che forse non si raggiungerà mai. Senza dimenticare che le elezioni europee del maggio 2024 potrebbero ribaltare l’intera discussione.Di certo, entro la fine di giugno dovrà iniziare la valutazione del bilancio Ue mentre all’interno dell’Unione possono crearsi nuovi scompensi competitivi tra gli Stati membri dato il diverso potenziale di bilancio di cui dispongono i governi. La solita divisione fra frugali e fronte del Sud resta. Germania e Francia hanno erogato rispettivamente il 53% e il 24% dei 672 miliardi totali degli aiuti di Stato europei mentre l’Italia ha il 7 per cento. Tutti parlano, discutono, ma decidono poco. La direzione presa, però, sembra chiara. Come ha opportunamente evidenziato Andrea Greco ieri su La Repubblica, se viene avanti il principio dell’ognuno per sé, Germania e Francia saranno padrone anche della futura cornice di aiuti. Non solo. Vestager, nella lettera del 13 gennaio agli Stati membri, riconosceva che «il diverso spazio fiscale dei Paesi Ue può rivelarsi un rischio per la coesione dell’Europa e del suo mercato». Il documento sui nuovi aiuti europei, visionato da Repubblica, inizia aggiungendo alle «crisi temporanee» anche il quadro «per la transizione energetica» in cui dunque si possono inserire gli ambiti «sussidiabili». Il vero pericolo è, dunque, che si dilatino le asimettrie esistenti. E che la nuova normativa degli aiuti di Stato si trasformi nell’ennesima fregatura per l’Italia e nell’ennesimo favore alla Germania. Lo stesso Mario Draghi, da premier, aveva messo in guardia: «Sono dieci anni che sostengo che è necessario creare una capacità fiscale centrale. I bisogni sono tanti ed è impensabile che possano essere affrontati solo con i bilanci nazionali», aveva dichiarato a maggio 2022. Insomma, serve che ci sia equità tra i Paesi membri e che non siano favoriti quelli che hanno bilanci meno oberati dal debito. Eppure la retorica a reti unificate degli stessi commentatori «draghiani» sembra già produrre una narrazione diversa: lunedì sulle pagine de La Stampa, l’economista Veronica De Romanis scriveva che «l’idea di nuovo debito comune è invisa a (molti) Paesi del Nord che sono già contributori netti del Next generation Eu», poi aggiungeva che «i fondi devono essere utilizzati per far crescere le imprese vincenti non per tenere in vita quelle decotte. Ciò rafforza i singoli Stati membri e l’Europa nel suo insieme. Nella pratica, i governi beneficiari netti, come quello italiano, devono proseguire nel percorso di investimenti e riforme». Poi c’è la realtà, dove l’Italia è tra i maggiori contributori netti dell’Unione europea, cioè versa più di quanto riceve.