2023-08-10
Cinquant’anni senza Adriano Romualdi: il miglior cervello della destra culturale
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A metà agosto del 1973 moriva in un incidente d’auto il giovane intellettuale, figlio di un alto dirigente missino e tra i pochi discepoli ben voluti da Evola. Cinquant’anni fa moriva Adriano Romualdi, l’intellettuale più importante a cavallo tra destra politica e radicale. Non aveva ancora 32 anni, uscì di strada lungo il tratto che collega Roma con gli scavi di Ostia Antica, Romualdi fu trovato agonizzante diverse ore dopo l’incidente. Sarebbe spirato alle 22 del 12 agosto 1973, all’ospedale San Camillo di Roma. Nato nel 1940, a Forlì, era figlio di Pino, già vicesegretario del Partito fascista repubblicano e tra i fondatori dell’Msi. Laureatosi alla Sapienza con una tesi sulla rivoluzione conservatrice tedesca, discussa con il professor Renzo De Felice, Adriano era diventato assistente di Storia contemporanea all’Università di Palermo nella cattedra di Giuseppe Tricoli. Oltre all’impegno accademico, Romualdi era naturalmente, per via del contesto familiare, abituato a frequentare il mondo che orbitava attorno all’Msi, prestando le sue energie alla causa, ma al contempo senza cessare di deplorarne la superficialità, l’improvvisazione, la mancanza di radicalità e coraggio. Può stupire che un intellettuale morto a soli 32 anni, età in cui oggi si è considerati poco sopra al limite dell’adolescenza, abbia rivestito un’importanza così cruciale nella storia della cultura di destra in Italia. È un fatto, tuttavia, che sin da molto giovane Romualdi aveva cominciato a sfornare traduzioni, introduzioni, guide, saggi riepilogativi per indicare ai giovani il senso ultimo di una lotta che non poteva esaurirsi nelle diatribe elettorali o nelle risse da strada (anche se, raro esempio di intellettuale assai concreto, Adriano non disdegnava di impegnarsi sia nelle une che nelle altre, se occorreva). Oltre ai testi scritti di suo pugno, Romualdi si impegnava in modo indefesso per far conoscere autori dimenticati e che sapessero dare una prospettiva storica e geopolitica alle idee della miope destra italiana. Come studioso, Romualdi era certamente partito dall’indagine del fascismo, padroneggiando con sicurezza i più avanzati traguardi della storiografia ufficiale. Il fascismo era però inserito lungo asse genealogico che da Nietzsche passava per la rivoluzione conservatrice tedesca, ma che trovava il suo impulso originario nel mondo indoeuropeo, visto a un tempo come radice e come modello per l’Europa dell’avvenire. Ma il pensatore essenziale della visione del mondo filosofica e teorico-politica di Romualdi era pur sempre un italiano: quello Julius Evola a cui aveva dedicato una biografia intellettuale ancor oggi preziosa e apprezzata anche dal pensatore tradizionalista stesso. Alla sua morte, Evola stesso – che peraltro sarebbe deceduto pochi mesi dopo – gli dedicherà uno dei suoi rari scritti da cui traspaia una sincera partecipazione umana. Di Evola, infatti, Romualdi era stato frequentatore assiduo, recandosi spesso nel suo appartamento romano per chiedere consigli, consultare libri, etc. Nonostante la devozione, il giovane discepolo non era tuttavia acritico seguace. Nel suo testo dedicato al pensatore tradizionalista, al contrario, Romualdi non aveva esitato a correggerne alcuni punti di vista unilaterali, ad esempio relativamente al giudizio storico su Napoleone o sul Risorgimento italiano. Nelle lettere all’amico Emilio Carbone, giovane attivista di Genova, pubblicate qualche anno fa sotto la curatela di Renato Del Ponte, si può assistere in presa diretta allo sforzo inesausto di Romualdi, che organizza, prepara, dà disposizioni, suggerisce pubblicazioni etc. Ma anche allo sconforto di operare in un’area politica non sempre ricettiva: “Sembra che il nostro destino nel momento presente debba essere quello del seme che deve sparire nella terra e macerarsi per germogliare chissà quando e chissà dove”. Il suo cruccio era soprattutto legato all’incapacità della destra di mettere in campo un Kulturkampf analogo a quello marxista. Mentre il “rosso”, spiegava, si pone sempre il problema del significato ideologico di un film, di un libro, di una canzone, al fruitore di destra medio basta che non si tratti di prodotti culturali esplicitamente schierati a sinistra, dopodiché pare andar bene tutto. La necessità di rispondere colpo su colpo, di strutturare una visione del mondo organica e completa in ogni ambito, era la sua vera ossessione. L’ambiente in cui operava, tuttavia, non parve ricettivo ai suoi stimoli. Una lacuna di cui si scontano ancora oggi gli effetti.
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)