
Il dissacrante cartoon americano vedrà uno dei suoi protagonisti, noto per le pesanti gag di natura sessuale, di fronte all'accusa di molestie.Forse l'unico a poter dire qualcosa di sensato sul movimento Me too e relativa crociata è proprio lui: Seth MacFarlane, l'iconoclasta creatore dei Griffin e di altri cartoon noti per la loro ironia corrosiva. Sabato, durante un'intervista ai giornalisti al ComicCon di San Diego, i produttori di Family Guy (questo il titolo originale della serie) hanno rivelato che un episodio futuro affronterà direttamente il tema delle molestie sessuali. Per i fan della serie, non c'è neanche bisogno di precisare quale sia il personaggio destinato a finire nel mirino: Glenn Quagmire. Per chi, invece, non abbia la minima idea di cosa stiamo parlando, occorre precisare che Quagmire viene presentato, da sempre, come un vero e proprio maniaco sessuale. In un episodio, per esempio, Quagmire trova una cheerleader legata ai polsi e alle caviglie in un bagno, al che, anziché avvertire la polizia, esclama: «Jackpot!». In un'altra puntata rivela di aver sviluppato un'immunità allo spray al pepe, tanto se n'è visto spruzzare addosso in precedenti assalti sessuali. Nella sua casa ha tutti i marchingegni e le trappole tipiche del predatore sessuale, compresi strumenti per immobilizzare e stordire le sue vittime, e più volte lo si vede attentare alle virtù della figlia minorenne del protagonista, Meg Griffin. Insomma, un «essere umano orribile», come lo ha definito lo stesso MacFarlane, ovvero il suo creatore. Ora, però, anche per Quagmire la pacchia è finita. «Mentre pensavamo alla prossima stagione, Me too è diventato una tale forza culturale che abbiamo deciso di affrontarlo a testa alta con un episodio su Quagmire», ha detto ai giornalisti Rich Appel, produttore della serie. «Stiamo cercando di essere abbastanza giusti sull'intera storia del personaggio», ha affermato Appel, aggiungendo che «Seth ci ha incoraggiato e anche mostrato un interesse speciale mentre stavamo scrivendo l'episodio».Non sappiamo come verrà affrontato l'argomento, dato che non ci sono altri dettagli sull'episodio in oggetto, ma certo appare difficile immaginare una serie tanto dissacrante che, di punto in bianco, si mette a dare lezioni di etica. Per mantenere lo stile originario e venire incontro, allo stesso tempo, con la sensibilità contemporanea, MacFarlane dovrà fare i salti mortali. Per capire quanto sia complicata l'operazione, basterebbe rileggere le critiche che ha rivolto alla serie, solo pochi mesi fa, un sito particolarmente in simbiosi con l'attuale ondata politicamente corretta, ovvero Vice: «Abbiamo tenuto il conto di quanti episodi di fila passavano prima che ce ne fosse uno senza violenza su una donna: 14. Sono passati 14 episodi dei Griffin prima che ne arrivasse uno in cui Meg, Lois, o un'altra donna non finivano atterrate, uccise o schiaffeggiate». Lo stesso sito, solo poche settimane fa, se l'è del resto presa con I Simpson, nati una decina d'anni prima dei Griffin, per il fatto che Marge, la moglie di Homer Simpson, «venga continuamente trattata come uno zerbino», senza capire che si tratta di un mero meccanismo comico, non di un'indicazione valoriale. Al giorno d'oggi, probabilmente, queste serie nate a fine anni Novanta (I Griffin) o a fine anni Ottanta (I Simpson), non avrebbero mai potuto vedere la luce a causa della loro mancanza di attenzione alla «diversità». Che la giustizia etica trionfi solo in un complicatissimo equilibrismo tra le varie sensibilità, in modo da non offendere nessuno, è tuttavia quanto mai discutibile.E c'è da chiedersi se faccia meglio alla battaglia contro le molestie sessuale l'ostentata, esagerata libido di Quagmire, che se non altro ha il merito di evidenziare un problema, oppure una campagna scandalistica che accomuna lo stupro e un complimento di troppo, la violenza e un banale approccio inopportuno. Un'isteria che, nella sua foga totalitaria, desensibilizza verso l'oggetto dei suoi strali: se tutto è stupro, nulla è stupro. Vale del resto la pena ricordare che proprio I Griffin sono stati in qualche modo i pionieri del Me too, lanciando frecciate a diversi protagonisti dei recenti scandali sessuali in tempi non sospetti. Alla notte degli Oscar del 2013, per esempio, Seth MacFarlane fu incaricato di leggere il nome della vincitrice del premio come miglior attrice. Dopo aver letto i nomi delle candidate, esclamò: «Congratulazioni, voi cinque signore non dovete più fingere di essere attratte da Harvey Weinstein». Il tutto in un momento in cui, sia pur sulla base di un segreto di Pulcinella, il produttore era un rispettato e potentissimo magnate del cinema. In un episodio dei Griffin che risale addirittura al 2005, invece, il personaggio di Stewie Griffin, un bambino di un anno che è doppiato dallo stesso MacFarlane, viene visto correre nudo in un negozio mentre urla «Aiuto, sono scappato dalla cantina di Kevin Spacey!». Le accuse all'attore di aver rivolto delle avance a dei minorenni arriveranno più di dieci anni dopo. E ancora, in una puntata del 2012, si vede un gruppo di uomini fare offerte a delle squillo dietro a una vetrata. Dopo la seconda offerta, l'annunciatore dice chiaramente: «Grazie, Brett Ratner». Si tratta del regista e produttore che di recente è stato accusato di molestie da sei donne. Adesso c'è solo da sperare che i creatori della serie riescano a lanciare un messaggio di condanna degli abusi, ma senza accodarsi al neobigottismo imperante a Hollywood. Se non ci riesce Peter Griffin, chi altro può farlo?
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





