Bloomberg certifica il fallimento delle politiche Ue: nel 2019 l'emorragia di posti sarà la peggiore nel mondo. La Fabi: «In Italia il settore farà 45 miliardi di utili entro il 2020 anche grazie ai tagli ai costi del personale».I tentativi da parte dei vari governi europei di salvare le banche in crisi sono serviti a poco o nulla. Come spiega Bloomberg, nel 2019 a livello globale sono previsti tagli per 48.500 posti di lavoro, di cui 43.394 solo nel Vecchio continente. Il gruppo editoriale fondato dall'ex sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha puntato il dito contro gli interessi negativi dei tassi che non hanno fatto altro che affossare i bilanci dei colossi europei negli ultimi cinque anni.Deutsche BankChe il dramma sia tutto europeo non ci cono dubbi: secondo Bloomberg, in Asia sono previsti quest'anno solo 513 tagli al personale, in Nord America 2.169 e in Africa e in Medioriente 2.487. Tutto il resto riguarda l'Europa. Del resto, grazie a colossi come la tedesca Deutsche bank, che solo quest'anno lascerà a casa 18.000 persone (circa il 20% di tutta la forza lavoro), alla spagnola Santander (5.433) o a Unicredit (che ha annunciato 10.000 tagli i cui dettagli verranno resi noti durante la presentazione del prossimo piano industriale previsto a fine anno) non ci vuole molto per capire che il sistema bancario del Vecchio continente è in piena crisi e che non è stato fatto abbastanza per fermare l'emorragia. Tutti i più grandi gruppi quest'anno hanno deciso di ridurre il personale a più non posso e, non a caso, in larga parte si tratta di compagnie che hanno una forte presenza in Gran Bretagna, Paese dove aleggia lo spettro sempre più concreto della Hard Brexit: Hsbc dirà addio a 4.000 dipendenti, Barclays a 3.000, State street a 1.500 e Standard bank 1.200. Insieme a quelli di Sua maestà, poi, ci sono anche tanti istituti greci, stritolati dalla crisi del Paese: Alfa bank jsc taglierà 3.000 persone, National bank altre 1.700. Senza dimenticate una delle maggiori banche francesi, Société générale, che ha annunciato l'addio per 1.600 dipendenti, e la spagnola Caixabank con 2.023 professionisti in meno nel 2019. Dando uno sguardo all'Italia, la situazione appare ugualmente complessa. Secondo uno studio della Fabi, il maggior sindacato italiano dei bancari, nei piani industriali già approvati dei primi nove gruppi italiani del mondo del credito all'orizzonte sono previsti 30.114 esuberi: di questi, 16.434 già completati e 13.680 da realizzare nel biennio 2019-2020. Se non altro, il fondo per l'occupazione ha consentito in nove anni (dal 2012) l'assunzione in banca di 20.550 giovani (sotto i 35 anni di età). Nel corso del 2018, nel dettaglio, sono stati assunti 1.538 «ragazzi», quasi 150 al mese (6.657 nel 2012, 2.164 nel 2013, 2.126 nel 2014, 2.969 nel 2015, 2.585 nel 2016, 2.511 nel 2017). Come spiega la Fabi, circa il 57% delle assunzioni complessive ha riguardato personale femminile. I nuovi ingressi hanno bilanciato gli esuberi del settore già completati, tutti gestiti solo con pensionamenti e prepensionamenti volontari. Di contro in Europa, sono stati persi 470.000 posti di lavoro, il 70% dei quali con licenziamenti.La Fabi, inoltre, all'interno della sua indagine punta il dito contro le banche italiane che, in quattro anni, dal 2017 al 2020, realizzeranno oltre 45 miliardi di utili grazie anche a un taglio delle spese del personale e a un cost income (il rapporto tra costi operativi e margine di intermediazione) fra i migliori di Europa.Insomma, per la federazione dei bancari non si tratterebbe solo di crisi, ma anche di un'ottima occasione per pulire i bilanci e far aumentare i ricavi.Tanto che oggi, spiega la Fabi, le banche italiane hanno raggiunto un'efficienza operativa fra le migliori in Europa, con un costo del lavoro che pesa soltanto per il 30% dei ricavi. Nel dettaglio, nel 2017 e nel 2018 sono già stati realizzati 10 miliardi di utili l'anno, con il miglior risultato dal 2009. Nel 2019, secondo stime Abi, si arriverà a 10,9 miliardi e a 14,3 miliardi nel 2020. Anche i costi operativi, che comprendono spese generali e spese per il personale, sono diminuiti passando dai 60,6 miliardi del 2016 (32,2 miliardi per il personale), a 55,8 del 2017 (30,2 miliardi per il personale) e 54,8 del 2018 (28,5 miliardi per il personale). E secondo stime Abi questi costi continueranno a scendere nel 2019 e 2020 rispettivamente del 2,9% e del 2%.espedienti«La politica sindacale del settore del credito viene condivisa da Abi e sindacati (Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin) attraverso regole scritte all'interno del contratto nazionale di lavoro e deve essere rispettata dai gruppi bancari che tendono invece, non tutti per la verità, a introdurre nelle aziende deroghe al contratto per una guerra economica e finanziaria senza esclusione di colpi», ha detto ieri il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.«Non ha senso», ha continuato Sileoni, «sottoscrivere in Abi un contratto nazionale e, un secondo dopo, aggirarlo con espedienti e furberie di ogni genere. I piccoli e medi istituti di credito e alcuni dei grandi gruppi bancari che invece rispettano il contratto nazionale devono ribellarsi per non continuare a subire danni economici e competitivi». Quanto alla parte economica, ha concluso, «la richiesta di aumento di 200 euro rappresenta il giusto equilibrio fra il ritorno agli utili delle banche e i dividendi distribuiti agli azionisti. Se ne facciano una ragione tutti».
Il tocco è il copricapo che viene indossato insieme alla toga (Imagoeconomica)
La nuova legge sulla violenza sessuale poggia su presupposti inquietanti: anziché dimostrare gli abusi, sarà l’imputato in aula a dover certificare di aver ricevuto il consenso al rapporto. Muove tutto da un pregiudizio grave: ogni uomo è un molestatore.
Una legge non è mai tanto cattiva da non poter essere peggiorata in via interpretativa. Questo sembra essere il destino al quale, stando a taluni, autorevoli commenti comparsi sulla stampa, appare destinata la legge attualmente in discussione alla Camera dei deputati, recante quella che dovrebbe diventare la nuova formulazione del reato di violenza sessuale, previsto dall’articolo 609 bis del codice penale. Come già illustrato nel precedente articolo comparso sulla Verità del 18 novembre scorso, essa si differenzia dalla precedente formulazione essenzialmente per il fatto che viene ad essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito dall’articolo 609 bis nel testo attualmente vigente), ma anche, ed in primo luogo, quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.






