2024-06-22
Spaghetti già cotti dentro un barattolo? Ada Boni sentinella del mangiare italiano
La giornalista fin dagli anni Trenta intuisce i molteplici pericoli dello scippo gastronomico d’Oltreoceano. E tenta di arginarli.L’uscita de Il Talismano della felicità nel 1929 è stata una sorta di rivoluzione nel campo dell’editoria gastronomica. Fino ad allora, il testo base che per primo aveva cercato di inquadrare la cucina nazionale era stato La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene pubblicato da Pellegrino Artusi nel 1891, pur con alcuni limiti legati anche al momento storico. Erano presenti solo alcune Regioni. Artusi, per sua stessa ammissione, non era un cuoco e, quindi, le sue preparazioni erano basate su quanto gli veniva riferito o, con qualche ingenuità, lui cercava di riprodurre. Inoltre, non riuscendo a trovare un editore, la prima edizione fu totalmente autofinanziata.Per Ada Boni le premesse furono diverse. Lei era una cuoca di provata esperienza e, grazie anche al successo della rivista Preziosa, molte più lettrici del necessario risposero all’appello per finanziare la tiratura minima di cinquecento copie. La storia avrebbe potuto fermarsi qui, ma l’esuberante consorte dell’autrice, Enrico Boni, non seppe trattenersi e, nella presentazione del libro, andò giù di penna affilata verso l’uomo di Forlimpopoli. Partì da lontano, citando classici quali il Trattato di cucina di Giovanni Vialardi o Il re dei cuochi di Giovanni Nelli, entrambi giudicati ricettari eccellenti ma colpevoli di una «decrepita fastosità che non si addice alla cucina moderna». Dopo il buffetto editoriale al cuoco di famiglia, lo zio Adolfo Giaquinto, modello cui si era inizialmente ispirata la giovane nipote Ada, arriva il turno della penna rossa senza appello a quello che, fino a poco prima, era considerato l’ambasciatore della neonata cucina italiana. «L’autore che riuscì a vendere stracci e orpelli per sete rare e oro fu Pellegrino Artusi, nume custode di quelle famiglie dove non si sa cucinare. Per taluni tutto ciò che dice Artusi è Vangelo, anche quando questo ineffabile autore scrive con olimpica indifferenza le sciocchezze più madornali». Artusi, oramai, era venuto a mancare quindici anni prima In altre pagine del Talismano, Ada Boni controbilancia la prosa del vulcanico consorte con una filosofia diversa, una sorta di manifesto che valorizza al meglio storie, tradizioni, prodotti del Bel Paese.L’obiettivo è ben chiaro: «Non abbiamo voluto fare una trattato di cucina, ma un libro di consultazione quotidiana, un vero amico delle famiglie». Artusi aveva affrontato la sfida di dare una prima descrizione di realtà territoriali storicamente frammentate e da poco riunite in uno Stato nazionale. Da qui la considerazione che aveva guidato la progettualità dell’autrice romana. «Possediamo un patrimonio gastronomico di altissimo valore, ma ancora poco noto perfino a noi stessi. Salvo rare eccezioni», tre quattro specialità più o meno identificabili e capitanate dai maccheroni, «tutto il resto assolutamente ignoto, nella sua varietà, agli stranieri». Ecco perché «è nostro dovere dare valore a questa ricchezza, svilupparne le diverse potenzialità».Ada fu tra le prime a segnalare il traccheggio dell’italian sounding all’estero «con produttori d’Oltreoceano che preparano spaghetti al pomodoro già cotti e conservati in scatola». Non era campanilismo conservatore, ma sentiva la missione, per quanto di sua competenza, di «risvegliare l’orgoglio italiano» per rivendicare il valore della sua storia, cultura e cucina. Il tutto ben al di là, quindi, delle schermaglie dialettiche delle quali si occupò, a posteriori, più la nascente critica gastronomica che la realtà quotidiana, quella delle madri di famiglia intente a tradurre al meglio gli insegnamenti della loro autrice di riferimento. La rivista, Preziosa, e il libro, Il talismano, viaggiano di pari passo, senza sovrapporsi. La prima con regolari uscite mensili, il secondo con riedizioni biennali e tirature crescenti. La spiegazione conseguente, alle sue affezionate lettrici, con una pagina promozionale sulla rivista: «Perché il Talismano della felicità si è rapidamente affermato e ha battuto tutti gli altri libri di cucina?». Elementare, Watson: «Perché non è un libro di ricette cervellotiche o ritagliate con le forbici, ma frutto di lunga e sicura esperienza». E anche perché «è inesauribile miniera di insegnamenti utilissimi».E, infine, il tocco che fa la differenza, con eleganza, «perché, alle abbonate di Preziosa viene ceduto, a titolo di reclame, con il 50% di sconto». Qualità e sostanza in sinergia ideale. Fu su queste basi che, in pochi anni, Ada Boni ottenne tutto il successo che meritava. Il Talismano registrava il picco di vendite a maggio, beneaugurale regalo di nozze «per una giovane sposa che voglia attirare maggiormente a sé e alla casa il compagno della sua vita». Due commenti per tutti. Uno della nobildonna Maria Patroni Griffi: «Merita davvero uno dei primi posti nella mia biblioteca». L’altro è di una nonnina della buona borghesia romana: «Mi è carissimo e guai se i miei nipotini me lo toccano: addio caramelle».Poco prima del Natale del 1935 il suo amato Enrico viene a mancare improvvisamente. «Ne ho raccolto il fiore. Da esso trarrò la forza per continuare il cammino». Da allora Ada Boni condurrà una vita riservata e solitaria. Addio ai banchetti che con il consorte si divertiva ad allestire nella loro casa di palazzo Odescalchi, anche se sarà orgogliosa di poter condividere le sue conoscenze con le proprie allieve di cucina, ma sarà anche impegnata nel volontariato per i pranzi dei bambini ospitati nella vicina parrocchia così come nella colonia estiva di Ostia Lido. Passati gli anni difficili del secondo conflitto mondiale, Ada Boni continua nella sua opera. Impegnata alla direzione di Preziosa; docente ai fornelli della scuola di cucina; sempre attenta ad aggiornare le periodiche riedizioni del Talismano, che verrà tradotto anche in inglese. Dalla iniziale copertina dai tratti rinascimentali dell’artista romano Carlo Alberto Petrucci si passa a quella giunta a noi, con la classica riproduzione del mangiafagioli di Annibale Carracci. Sempre al passo con i tempi, Ada, è ospite di conversazioni culinarie su di una emittente radiofonica romana per poi diventare titolare di una rubrica settimanale su Radio Rai. La firma di Ada Boni fa la differenza e il nuovo settimanale Arianna le affida una rubrica in cui raccontare e divulgare lungo il Bel Paese storie di piatti e ricette a seguire. Lo stesso editore poi, due anni dopo la scomparsa dell’autrice, volle raccogliere le tappe più significative di questo viaggio ideale in un volume, La Cucina regionale italiana, riccamente illustrato quale sorta di vetrina che abbina le varie bellezze nazionali, dal paesaggio alla storia, passando per la cucina. Sfogliarne le pagine porta a un viaggio divertente e curioso, ricco di scoperte che fidelizzano ancora di più alle mille bellezze, pure golose, del Bel Paese. Il tartufo bianco di Alba considerato meta irraggiungibile ai più, ma che viene umanizzato dalla figura del trifolau, il suo cercatore dedicato. «Si aggira di notte, da solo, ma giusto per non far sapere a nessuno il punto esatto in cui il prezioso tubero, già da alcuni anni, gli regala liete sorprese», con il fondamentale aiuto esterno, «quello del cane bastardo». Ci si può consolare pensando che ora, in Italia, le vie del tartufo vanno dal Piemonte alla Sicilia, con una settantina di città aderenti, e pure il tartufo nero, seppur meno nobile, è degna coccola golosa meritevole di ricerca attenta e appassionata.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)