2024-05-25
Ada Boni e l’economia domestica «Preziosa»
Ada Boni a Roma negli anni Sessanta (Getty Images)
Amante dei fornelli fin da giovane, l’antesignana delle moderne food blogger fonda a inizio Novecento la rivista che diventa subito un riferimento per le famiglie borghesi. Contiene ricette e consigli per governare la casa. Ed è un’occasione di scambio tra le signore.La sua storia meriterebbe un film. Un nome relegato negli archivi della memoria della buona cucina di famiglia, quella che sullo scaffale accanto ai fornelli teneva in bella vista la sua opera senza tempo Il talismano della felicità. Un titolo che riaccende l’attenzione su di una figura, quella di Ada Boni, che ha lasciato un’impronta decisiva nella società della buona borghesia, e non solo, della prima metà del secolo scorso.Nasce a Roma nell’ottobre del 1881. La sua famiglia, i Giaquinto, hanno una solida attività nel campo di stoffe e merletti in via Ripetta, a due passi da Piazza del Popolo. La vocazione è precoce. Complice, forse, lo zio paterno Adolfo, cuoco con la passione editoriale, direttore e fondatore de Il Messaggero della Cucina, una rivista pioniera nel rendere possibile anche a dimensione domestica quanto sino ad allora era ritenuto arte riservata ai professionisti dei fornelli d’alto bordo, quelli di ristoranti inavvicinabili per la gente comune. Già a dieci anni Ada propone una ricetta che dedica al papà Alfredo. Due anni dopo, dodicenne, incontra l’uomo della sua vita, Enrico Boni. Viene da una famiglia di orafi, con le vetrine a due passi da quella dei Giaquinto. Un uomo eclettico che si diletta di varie arti. Critico musicale, ma anche amante di pittura, fotografia e galeotta quella per la cucina che sarà il fil rouge che li accompagnerà nella loro felice unione di vita e passioni condivise.Casa Boni, con residenza nel prestigioso palazzo Odescalchi, diventa ben presto uno dei migliori salotti buoni della borghesia romana, con le gnam session a tavola che fanno la differenza. Ada avrà sempre il suo Enrico a fianco che la aiuta, la stimola, valorizzandole talento e passioni innate. L’apprezzamento degli amici ospiti, la percezione che si può andare oltre ai semplici ritrovi tra conoscenti, fanno maturare ad Ada Boni la convinzione che si può cambiare passo, nella ricerca di una condivisione e scambio di conoscenze che facciano uscire la cucina quotidiana dalla routine della pura soddisfazione di panza, portando le famiglie della porta accanto ad apprezzare le potenzialità dei prodotti che cercheranno con attenzione alle bancarelle del mercato, magari venendone a scoprire meglio storie, tradizioni che spesso le accompagnano.Da questi spunti nasce l’idea di fondare Preziosa, una rivista per certi versi pioniera nell’entrare nelle case per seminare i germogli della buona causa, quella di una saggia economia domestica, di cui la cucina è solo una parte. Il titolo è ispirato a un passaggio della Fisiologia del gusto scritto da Auguste Brillat-Savarin nel lontano 1825, ma quanto mai attuale. «La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa, per il genere umano, che la scoperta di una nuova stella». È un quindicinale dal taglio sobrio, sedici pagine formato quaderno, ideale da sfogliare corredandolo di appunti e osservazioni personali. Il primo numero, diffuso solo per abbonamento, esce il 15 febbraio del 1915. La presentazione è molto chiara nei suoi obiettivi: «Preziosa è una rivista per le signore e non per i cuochi e le fantesche. Non sarà quindi la solita, inconcludente lista di piatti che il più delle volte nessuno esegue. Pubblicheremo un numero limitato di ricette ma pratiche, sperimentate, di facile esecuzione e limitato costo».È una fase storica in cui molte famiglie della nascente borghesia devono fare i conti con attenzione al borsellino. La testimonianza dell’avventura editoriale di Preziosa, quindi, è un’utile cartina di tornasole per inquadrare meglio la quotidianità della media borghesia romana e nazionale, come ben documenta una puntuale tesi di laurea opera della brava Martina Paolucci. In breve tempo, la tiratura raddoppia sino a mille copie e oltre. Puntuale, la direttrice ricorda alle sue abbonate: «La vera economia consiste essenzialmente nella diretta ingerenza della padrona di casa nella gestione della sua azienda domestica», iniziando «a badare incessantemente che niente vada sprecato» in quanto «uno dei maggiori vantaggi economici consiste nella trasformazione sapiente dei cibi residui» con un positivo risultato poi sui bilanci domestici di fine anno. Tutte strategie che possono «solamente essere messe in efficienza dalla padrona di casa», aspetti che una persona di servizio «per quanto affezionata, un po’ per indolenza, un po’ per insipienza, lascerebbe correre» con l’inevitabile spreco di denaro e prodotti buttati nella monnezza.Ma Preziosa non è stata solo questo: è stata un riferimento per la formazione culinaria di molte giovani donne, dando loro una marcia in più di entusiasmo nell’affrontare l’impegno della quotidiana gestione della tavola familiare «dimostrando come la cucina ben curata, con un tocco di raffinatezza, non era più lo status symbol di una ristretta fascia sociale», come ha ricordato Claudio Riolo, convincendo molte madri di famiglia «che non era necessaria la quantità del cibo, ma la sua qualità», con ovvi risvolti anche nel campo della salute. Tra le varie rubriche, molto divertenti alcune pagine del consulente medico dottor Ettore Giaquinto. Ad esempio, nel «decalogo della digestione», alcune regole di semplice buon senso valide ancor oggi: «Non pensare a cose gravi mentre mangi e non leggere il giornale anche se sei solo a tavola». Pur se ora molti sono armati di telefonino, la sostanza non cambia. Come ad esempio il consiglio successivo: «Riposa dopo il pranzo, ma non dormire sul tuo pasto». Se questo poteva essere valido soprattutto per il lettore consorte, non mancano i consigli per madri e figlie. «La donna che si trova predisposta adingrassare deve sapere che va incontro a un delitto di lesa bellezza». Ma vale anche il contrario. «Non sempre dimagrare significa ringiovanire e divenir più sane». La considerazione finale è dettata dal buon senso: «Per aumentare la durata della vita bisogna, evidentemente, ridurne l’intensità».Seguono quindi, di numero in numero, consigli sulla buona alimentazione dei bambini, l’importanza dell’allattamento al seno, tutti piccoli aiuti per dare supporto a una serena vita familiare e, quindi, a una società in cui molte famiglie cercavano il miglior equilibrio tra desideri latenti e realtà quotidiana. Con Ada Boni in cabina di regia, sempre attenta a ricercare e sviluppare il dialogo con le sue lettrici, attraverso varie rubriche, con poche regole, ma chiare, condite dall’immancabile ironia: «Preziosa è la più elegante ed economica della riviste inutili». Dà vita a concorsi con cui premiare la miglior ricetta proposta dalle lettrici stesse, favorendo così uno scambio di conoscenze tra le diverse realtà regionali. Dalle iniziali ricette romane si discute, poi, di piatti napoletani, veneti, lombardi, come siciliani o romagnoli. Il tutto spesso, stimolato dalla direttrice stessa, abbinato alle ricette, alle storie e alle tradizioni che ne potevano fare intrigante contorno.Sono le stesse lettrici a scrivere in redazione per chieder consigli su preparazioni via via più complesse, anche se c’è chi preferisce starsene tra i quattro piatti abituali. A loro la risposta della direttrice Ada, con pungente ironia: «Ci sono signore e signorine che, rinunziando a quella che potremmo chiamare università culinaria, si accontentano di rimanere nelle classi ginnasiali e liceali e desiderano cosine semplici, economiche e di bell’effetto». Il tempo è maturo per affiancare, al lavoro editoriale, anche il supporto pratico tanto che, nel 1932, Ada Boni avvia i suoi corsi di cucina, sin da subito frequentati dalla buona società romana.
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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