2022-06-10
Ad Ankara sfuma l’accordo sul grano. L’Onu insiste: «Intesa necessaria»
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, gela le speranze. Erdogan è ancora lontano da un successo personale nel negoziato. António Guterres però non molla: «Essenziale per centinaia di milioni di persone».Ieri mattina, in un discorso televisivo, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha nuovamente ribadito il suo avvertimento a proposito della drammatica situazione in Ucraina, «che scatenerà una crisi alimentare globale». Zelensky nel suo appello ha ricordato che «con l’Ucraina incapace di esportare grandi quantità di grano, mais, petrolio, e altri prodotti che hanno svolto un ruolo stabilizzante nel mercato globale, il mondo è sull’orlo di una terribile crisi alimentare». Per il presidente ucraino «ciò significa che, sfortunatamente, potrebbe esserci una carenza fisica di prodotti in dozzine di Paesi in tutto il mondo. Milioni di persone potrebbero morire di fame se il blocco russo del Mar Nero continua e mentre cerchiamo modi per proteggere la libertà, un’altra persona la sta distruggendo. Un’altra persona continua a ricattare il mondo con la fame». A lui ha replicato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che parlando con i giornalisti, ha confermato quello che era nell’aria, ovvero che «ad Ankara non è stato raggiunto alcun accordo sull’esportazione di carichi di grano ucraino attraverso il Mar Nero». Quindi almeno per il momento non è riuscito il colpaccio al presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che anche sul tema del grano mostra grande attivismo e sta spingendo affinché Russia e Ucraina negozino un passaggio sicuro per il grano bloccato nei porti del Mar Nero. Il tema è stato l’oggetto dell’incontro di Ankara avvenuto lo scorso 8 giugno tra il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, e il suo omologo russo, Sergej Lavrov. I turchi, desiderosi come non mai di apparire come i «pacificatori» capaci di tessere grandi accordi come quello sul grano, si erano già detti, attraverso Ibrahim Kalin , portavoce di Erdoğan, molto ottimisti visto che «abbiamo già pronta una bozza di memorandum».Peccato che la bozza per diventare un accordo internazionale deve passare attraverso un voto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e deve essere prima di tutto accettata dalle parti belligeranti. E così, come si poteva facilmente prevedere, il tentativo della Turchia di farsi promotrice dell’accordo tra Russia e Ucraina per sbloccare il grano che è fermo da mesi nei porti ucraini è fallito, tanto che quanto concordato tra Lavrov e Cavusoglu per gli ucraini è carta straccia, al punto che non hanno nemmeno voluto ricevere la tanto evocata «bozza di memorandum». Ma che c’è scritto in questo documento? Iniziamo da quello che non c’è scritto, ovvero quanto anticipato da Mevlut Cavusoglu, che si era lasciato scappare: «Abbiamo discusso di un meccanismo formato da Onu, Russia, Ucraina e Turchia riguardo ai corridoi per il trasporto del grano dai porti ucraini». Lavrov evidentemente scherzava quando ne parlavano, anche se in conferenza stampa ha dichiarato di «apprezzare gli sforzi dei nostri amici turchi per sbloccare il grano, sminare i porti ucraini e permettere l’accesso alle navi straniere che al momento sono in ostaggio».Nel piano si prevede che la Marina militare turca si faccia garante «dell’apertura di un corridoio nel Mar Nero per permettere la partenza delle navi cargo con il grano bloccato nei porti ucraini». Facile da dirsi, peccato che la Russia - l’aggressore in questa guerra - mette una serie di paletti che rendono impossibile ogni accordo con l’Ucraina. E quali sarebbero queste condizioni? La prima prevede che le acque intorno ai porti ucraini debbano essere sminate dagli ucraini, che hanno riempito di mine i porti per evitare che i russi completino l’invasione via mare. E i russi che farebbero? Secondo il documento, «l’esercito russo non sfrutterebbe questa situazione per attaccare i porti ucraini». Non c’è dubbio che il proposito sia lodevole, tuttavia, non esiste un solo ucraino (e non solo) che si fidi delle parole dei russi. E chi controllerebbe tutto questo importante dispositivo di sicurezza marittima? Un organismo internazionale creato ad hoc? Naturalmente no, perché i russi pongono la condizione che sia il loro esercito «a condurre puntuali controlli sulle navi che attraccano nei porti ucraini per caricare il grano, per impedire che possano trasportare segretamente armi». Infine, l’apertura di un corridoio nel Mar Nero, per i russi si potrebbe realizzare «solo» con l’allentamento delle sanzioni imposte alla Russia. Ovvio che Vladimir Putin fa melina, mandando in giro per il mondo Sergej Lavrov (quando non gli chiudono lo spazio aereo) con il solo intento di prendere tempo e avvertendo: «Mosca non cadrà nella stessa trappola dell’Urss, la sua economia resterà aperta». Se non interverranno fatti nuovi la situazione non sembra avere alcuna possibilità di sbloccarsi nonostante il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, continui a insistere: «serve un accordo che consenta l'esportazione sicura di alimenti prodotti in Ucraina attraverso il Mar Nero», è «essenziale per centinaia di milioni di persone». Non si capisce però come si possa arrivare a un’intesa, visto che gli ucraini della bozza turco-russa non ne vogliono sentire parlare: «Questo è uno di quei momenti in cui è necessaria la diplomazia silenziosa». Delle questioni legate al grano ha nuovamente parlato ieri mattina il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nella sede dell’Ocse a Parigi, per il Consiglio ministeriale presieduto quest’anno dall’Italia: «Alla determinazione dimostrata nei confronti dell’Ucraina dobbiamo affiancare la stessa risolutezza nell’aiutare i nostri cittadini e quelli nelle aree più povere del mondo, in particolare nell’Africa. I nostri sforzi per prevenire una crisi alimentare devono partire dai porti ucraini del Mar Nero. Dobbiamo offrire al presidente Zelensky le garanzie di cui ha bisogno, che i porti non verranno attaccati. E dobbiamo continuare a sostenere i Paesi beneficiari, proprio come sta facendo l’Unione europea con il Food and resilience facility».
Mario Draghi e Ursula von der Leyen (Ansa)
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