2021-03-16
Il cocktail letale di accuse e divieti ha ucciso la speranza delle persone
Zeynep Tufekci (Getty Images)
Sulla rivista «The Atlantic», la sociologa di Harvard Zeynep Tufekci attacca il paternalismo ansiogeno riversato sui cittadini nella lotta al Covid. Le autorità sanitarie hanno fallito «dando più regole che spiegazioni».Che non sia mai esistito un «modello italiano» e che non fosse vero che l'Italia era «ammirata» per come aveva gestito la prima ondata della pandemia, contrariamente a quanto assicurava nell'aprile dello scorso anno Giuseppe Conte, è purtroppo noto. Quel che resta da capire, con riferimento al nostro Paese ma non solo, è dove si sia sbagliato e, soprattutto, come si sarebbe potuta gestire meglio l'emergenza. Chi ha provato a dare una risposta a questo dilemma, che per complessità ricorda molto la famosa «domanda da un milione di dollari», è la sociologa Zeynep Tufekci, la quale ha firmato un lungo intervento su The Atlantic, ripreso sull'ultimo numero di Internazionale. Prima di sviluppare la sua analisi, la Tufekci, studiosa dell'interazione tra società, tecnologie digitali e intelligenza artificiale, docente all'università della North Carolina e al Berkman Klein center for internet and society di Harvard, è partita da una premessa, anzi da una constatazione: gli attesi vaccini, a suo dire «lo strumento che metterà fine alla pandemia», non stanno suscitando entusiasmo, anzi. Il riferimento, qui, non è ai lotti sospetti di Astrazeneca - su cui qualche riserva è più che lecita, visto quanto sta succedendo in questi giorni - ma alla generale notizia dell'arrivo dei vaccini, non accompagnata da alcun tipo di sollievo generale. Colpa, diranno alcuni, dell'analfabetismo funzionale e dell'ignoranza che non fa apprezzare i progressi della scienza. Sbagliato, ribatte la Tufekci, la quale ascrive il diffuso clima di pessimismo non già al Covid-19, né al grado di istruzione di alcune fasce di popolazione, bensì alla comunicazione - spesso dilettantesca, talvolta controproducente e quasi sempre goffa - di autorità politiche e sanitarie. Nello specifico, la sociologa, i cui interventi sono spesso pubblicati sul New York Times - a riprova che non si tratta della prima che passa, né di una negazionista - punta il dito contro cinque errori comunicativi, che è utile passare in rassegna perché il nostro Paese, lo scorso anno, li ha sostanzialmente commessi tutti.Il primo errore comunicativo, secondo la Tufekci, sta nel condensato di «sfiducia e paternalismo delle autorità e degli esperti di sanità nei confronti della popolazione». Difficile, al riguardo, non ripensare alla velocità con cui lo scorso anno si è passati dagli allegri aperitivi di Beppe Sala e Nicola Zingaretti «contro la paura», a mesi di lockdown. Meglio sarebbe stato, prevenendo il festival televisivo dei virologi, far seguire ogni limitazione ad adeguate spiegazioni perché, segnala la sociologa, «la maggior parte delle persone è interessata già in partenza a proteggersi da un pericoloso agente patogeno».Il secondo errore nella comunicazione è che si è scelto di dare, segnala la studiosa statunitense, «regole invece di spiegazioni» attraverso «linee guida fisse che davano un falso senso di precisione». Basti pensare, anche qui, al balletto cui siamo stati tutti testimoni lo scorso anno: mascherine sì mascherine no, l'asintomatico contagioso l'asintomatico non contagioso, e via di questo passo. «Sarebbe stato molto meglio se avessimo dato alle persone un'idea realistica dei meccanismi della trasmissione del virus», annota la Tufekci, ricordando non senza incredulità «in molti posti oggi le attività all'aperto sono ancora vietate».Un terzo errore è stato quello dei rimproveri e delle accuse contro, per esempio, «persone all'aperto senza mascherina», cosa che da un lato ha portato a inseguimenti talvolta surreali - tristemente celebre l'immagine dell'uomo in spiaggia, da solo, braccato dagli agenti - e, dall'altro, ha fatto sottovalutare i rischi veri nei posto di lavoro, sui mezzi di trasporto e in case affollate. Ancora, la Tufekci ha criticato una comunicazione esagerata e ansiogena sui comportamenti individuali: «Quando diamo come unica scelta la perfezione, le persone che non raggiungono quello standard per un piccolo dettaglio sentono di aver già fallito e tendono ad arrendersi». Infine, viene chiamato in causa «uno scarso equilibrio tra conoscenza, rischio, certezza e azione», tirando in ballo l'Oms che, il 14 gennaio 2020, faceva la finta tonta sulla «trasmissione da essere umano a essere umano» del virus, mentre era cosa assai plausibile.Tutto ciò spiega due cose, secondo l'accademica, e cioè perché non siamo stati in grado di contenere la pandemia e come mai ora tendiamo a non fidarci dei vaccini. Insomma, è la tesi di Zeynep Tufekci, il Covid-19 sarà pure un osso duro, ma pure politica, autorità sanitarie e giornalisti ci hanno messo del loro, sbagliando quasi tutto. Il repentino passaggio dal tronfio «siamo prontissimi» di Giuseppe Conte alla messa agli arresti domiciliari di un intero Paese resta in proposito un caso da manuale, i cui amari frutti stiamo pagando tutt'ora.
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