
Dopo le osservazioni dell'Antitrust, ben 532 filiali riapriranno con l'insegna del gruppo emiliano. Previsto un aumento di capitale sui 600-700 milioni di euro. Manca solo l'ok della Consob. Decisione dopo metà luglio.Intesa Sanpaolo rivede l'accordo sulla cessione degli sportelli a Bper per ottenere la benedizione dell'Antitrust alle nozze con Ubi. Il gruppo guidato da Carlo Messina cederà all'istituto emiliano 532 filiali a fronte delle 400-500 indicate in origine nell'ambito dell'Ops lanciata da Intesa a febbraio. Troppo poco secondo l'Antitrust, che lunedì scorso ha definito l'offerta pubblica di scambio «non suscettibile di essere autorizzata» proprio per il rischio di «produrre la costituzione e/o il rafforzamento della posizione dominante» dei due istituti, che, messi insieme, arriverebbero a quota 5.400 filiali.Ed eccoci alla mossa di ieri: cedere agli emiliani altri sportelli con una clientela basata per oltre il 70% nel nord Italia per una stima complessiva di circa 29 miliardi di depositi. Di conseguenza, l'aumento di capitale di Bper funzionale all'acquisto aumenta in una forchetta compresa tra i 600 e i 700 milioni dai 500 milioni circa previsti inizialmente. La Popolare dell'Emilia Romagna ha comunque ottenuto un leggero sconto sul «pacchetto». Inoltre è previsto che gli impieghi aggiuntivi che verranno acquistati (4,5 miliardi) saranno rappresentati esclusivamente da crediti performing, mentre nel perimetro originario Bper acquistava anche i crediti deteriorati esistenti alla data del closing. L'acquisto degli sportelli è comunque subordinata al perfezionamento dell'Ops e all'ottenimento delle necessarie autorizzazioni di Vigilanza e, appunto, Antitrust. Ma se andasse in porto, farebbe diventare il gruppo emiliano il quinto in Italia per asset totali e il terzo per numero di filiali e raccolta. Bper sta giocando un ruolo attivo nel consolidamento del settore a livello nazionale e, sul fronte delle operazioni straordinarie, può contare su Unipol e su fondazione Banco di Sardegna, che insieme hanno circa il 30% del capitale.Ieri sono state presentate da tutte le parti coinvolte nell'Ops di Intesa su Ubi nuove memorie e documenti al Garante della concorrenza che dovrebbe chiudere la fase istruttoria del processo autorizzativo entro il 18 giugno. La decisione finale è attesa nella seconda metà di luglio. L'Antitrust può approvare l'operazione, rigettarla nella sua interezza o approvarla chiedendo, però, dei correttivi. Secondo gli analisti, lo scoglio degli sportelli è stato comunque già superato con l'accordo integrativo annunciato ieri mattina. E dovrebbe arrivare a breve anche il via libera dell'Ivass relativo all'impatto dell'operazione sul mercato assicurativo. La strada pare quindi tornata in discesa per Messina. Oltre all'ok dell'Antitrust, manca solo quello della Consob. Il presidente della Commissione, Paolo Savona, che oggi presenterà la sua relazione annuale, si metterà contro Intesa facendo saltare tutto e creando anche imbarazzi, seppur indirettamente, a quelle autorità come Bce e Bankitalia che hanno già dato il via libera alle nozze? Pare assai improbabile.Anche perché il tempo stringe. Lunedì è attesa anche la risposta dell'Ivass, L'Istituto di sorveglianza sulle assicurazioni, per la valutazione sul passaggio delle attività di bancassicurazione di Ubi a Unipol, azionista della stessa Bper. Da quella data la Consob ha cinque giorni per approvare il prospetto informativo dell'Offerta, che potrebbe così iniziare in luglio per concludersi entro settembre, salvo parere contrario dell'antitrust, atteso proprio per la metà di luglio. L'urgenza di proseguire a tempi stretti non è data infatti solo dalla necessità di rispettare il calendario originario. Allo stato attuale i titoli in Piazza Affari sono allineati al concambio di indicato di 1,7 azioni di Intesa Sanpaolo per ogni azione di Ubi. Le prime alla chiusura di ieri valgono infatti 1,6 euro, contro i 2,7 euro dei titoli dell'istituto guidato da Victor Massiah, mantenendosi in linea con il parametro prefissato. Il rischio di volatilità della Borsa però è ancora elevato, legato a molte variabili, dall'evoluzione dei contagi da Covid 19 alle trattative a sul fondo europeo per la ricostruzione.Proprio sul prezzo delle azioni, intanto, continuano le schermaglie a colpi di messaggi filtrati alle agenzie di stampa. Dal fronte che contrasta l'offerta, a cui partecipano i grandi azionisti del Car, i soci storici bergamaschi del patto dei Mille, gli advisor della banca Credit Suisse e Goldman Sachs, c'è chi fa notare - scriveva ieri l'Ansa - come il premio offerto da Intesa non sia del 27,6% ma del 23,7%. E questo perché il gruppo di Messina, annunciando l'offerta il 17 febbraio, a mercati chiusi, non avrebbe tenuto in considerazione i valori dei titoli Ubi e Intesa in quella seduta ma in quella di venerdì 14, escludendo così in sede di calcolo del premio, il balzo fatto da Ubi proprio lunedì 17 febbraio, in scia all'annuncio del nuovo piano industriale. L'offerta di Intesa - viene fatto notare sempre dalla fonte dell'Ansa - è stata resa nota dopo le 23 del 17 febbraio. Quel giorno, quando ancora l'Ops non era nota, il titolo Ubi aveva chiuso a 3,49 euro dopo una rialzo del 5,5%, a fronte dei 2,54 euro a cui quotava Intesa.
La poetessa russa Anna Achmatova. Nel riquadro il libro di Paolo Nori Non è colpa dello specchio se le facce sono storte (Getty Images)
Nel suo ultimo libro Paolo Nori, le cui lezioni su Dostoevskij furono oggetto di una grottesca polemica, esalta i grandi della letteratura: se hanno sconfitto la censura sovietica, figuriamoci i ridicoli epigoni di casa nostra.
Obbligazionario incerto a ottobre. La Fed taglia il costo del denaro ma congela il Quantitative Tightening. Offerta di debito e rendimenti reali elevati spingono gli operatori a privilegiare il medio e il breve termine.
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Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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