2021-07-24
Da Cina e India sì sul clima. Ma c’è il trucco
G20: John Kerry e Roberto Cingolani (Ansa)
Al G20 passa un documento condiviso da tutti i Paesi, però i punti caldi restano aperti: verranno affrontati al prossimo summit dei capi di Stato e di governo. Il Dragone gioca sporco: se a Bruxelles una tonnellata di CO2 costa 60 dollari, a Pechino scende a 8.Ieri, al G20 di Napoli, la Cina ha dato il suo assenso al documento finale su energia e clima che porta la firma dei ministeri dell'Ambiente dei 20 Paesi più industrializzati al mondo. La notizia è stata salutata dai presenti a Palazzo Reale nella città partenopea con un grande applauso. L'inviato sul clima del presidente Joe Biden, John Kerry, e il ministro italiano alla Transizione ecologica, Roberto Cingolani, hanno contattato uno per uno i delegati dei diversi Paesi per arrivare a un documento condiviso.Il vero problema, però, è che, mentre la Cina accetta di dire progressivamente addio alla CO2 che produce, continua a esserci una grande disparità tra il prezzo pagato in Europa per una tonnellata di anidride carbonica, circa 60 dollari, e quello pagato a Pechino, di poco inferiore agli 8 biglietti verdi. Si capisce che, senza particolari sanzioni, le industrie cinesi si troveranno in una situazione di vantaggio che penalizzerà le fabbriche del Vecchio continente. A ogni modo, quella di ieri è stata una giornata piuttosto tesa, nella quale è stata necessaria una forte mediazione tra le delegazioni dei Paesi.«Approvato il Communiquè Clima ed Energia», ha annunciato ieri il ministro Cingolani, l'organizzatore della manifestazione al termine di un negoziato molto lungo. Il documento redatto dal G20, però, non sarebbe completo e ci sarebbero ancora diversi punti da limare. Ciò detto, il G20 si conclude con un'intesa di massima che consente di non tornare a casa a mani vuote.I temi sul tavolo erano, per l'appunto, clima ed energia. Le opposizioni di alcuni Paesi, contrari ai vincoli stringenti sulla decarbonizzazione, hanno portato i negoziati quasi a un punto morto. Tragli Stati più difficili da convincere c'era l'India, ma il benestare della Cina ha disteso i toni. Come aveva già sottolineato il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, nella giornata di ieri sono stati toccati i temi più spinosi: il contenimento della temperatura e la necessità di accelerare sulla decarbonizzazione entro il 2030. «Dobbiamo essere estremamente convinti, tutti quanti, che dobbiamo tenere l'incremento della temperatura sotto 1,5 gradi per la metà del secolo, non 2 o 2,5 perché anche quello fa una differenza enorme dal punto di vista del cambiamento climatico», aveva detto due giorni fa Cingolani incontrando la stampa. Proprio su questi temi ieri ci sarebbe stata «bagarre». «Su due punti non abbiamo trovato l'accordo al G20 Ambiente e li abbiamo rinviati al G20 dei capi di Stato e di governo», ha detto ieri Cingolani nel corso della conferenza stampa che si è tenuta alla fine dell'evento. «Rimanere sotto 1,5 gradi di riscaldamento globale al 2030 ed eliminare il carbone dalla produzione energetica al 2025. Usa, Europa, Giappone e Canada sono favorevoli, ma quattro o cinque Paesi, fra i quali Cina, India e Russia, hanno detto che non se la sentono di dare questa accelerazione, anche se vogliono rimanere nei limiti dell'Accordo di Parigi».Sempre alla fine della prima giornata del summit, Cingolani aveva anche sottolineato di aver bisogno di «un documento in cui dobbiamo mettere d'accordo economie basate sul petrolio ed economie che invertiranno la curva, sì, ma al 2060, dire che tutto va giocato in questa decade è complicato e insieme con la questione del contenimento della temperatura compone un bel puzzle che deve essere negoziato». Tra gli interventi della seconda giornata del summit ieri c'è stato anche quello di Emma Marcegaglia, presidente del B20, il principale gruppo del G20 espressione del mondo delle imprese a livello globale. «Saranno necessari circa 90.000 miliardi di investimenti globali entro il 2050. Nei prossimi 10 anni ne serviranno oltre 3.500 miliardi in Europa, di cui oltre 650 in Italia», ha detto l'ex numero uno di Confindustria.«Quella su clima e energia è una sfida epocale che va affrontata attraverso un dialogo e una collaborazione inclusivi, seguendo un approccio pragmatico ma non ideologico che consenta il raggiungimento degli obiettivi senza penalizzare le imprese e i Paesi che, come l'Italia, hanno già fatto molto per accelerare la transizione energetica e ambientale», ha detto ieri la Marcegaglia. «Il tema delle risorse, dunque, è concreto», ha detto ancora. «Cosi come lo è quello della tenuta di un sistema manifatturiero che deve assicurare impiego e sviluppo alle generazioni future. Inoltre, la sfida riguarda l'intero pianeta, quindi anche le filiere globali e il G20 deve fare in modo che ognuno faccia la propria parte».La verità è che per dare un senso al G20 bisognerà accertarsi che i grandi produttori di anidride carbonica come India e Cina giochino ad armi pari con il Vecchio continente. Fino a quando questo non avverrà, gli incontri come quello di ieri a Napoli rischiano di avere poco valore.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)