2025-05-16
        Mosca-Kiev: insulti, beffe, nascondino. Ma oggi forse il primo vero contatto
    
 
        Volodymyr Zelensky e Recepe Tayyip Erdogan (Ansa)
    
Dovevano incontrarsi Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, alla fine non si presenta nessuno dei due e volano male parole. Ma il negoziato prosegue. Donald Trump ridimensiona Recep Tayyip Erdogan: «Torno a Washington. Non succederà niente finché io e il leader del Cremlino non ci vedremo».I negoziati tra Russia e Ucraina, che dopo 24 ore sprecate dovrebbero cominciare oggi, ieri erano ancora allo stadio asilo Mariuccia.Dopo il forfait di Vladimir Putin, anche Volodymyr Zelensky, volato ad Ankara per incontrare il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha deciso di disertare il vertice di Istanbul: «I russi non fanno sul serio». Nel frattempo, i ministri degli Esteri della Nato si erano riuniti ad Antalya: tre luoghi diversi per un grande caos. Suggellato da Donald Trump, che forse, dinanzi all’attivismo del sultano, ha mangiato la foglia: «Non succederà nulla finché io e Putin non ci incontreremo», ha tagliato corto, assicurando di «non essere deluso dalla delegazione russa», giunta in Turchia senza lo zar. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha ribadito che «non sono in corso preparativi» per un bilaterale con l’inquilino della Casa Bianca. E un eventuale incontro, ha specificato il viceministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, sarebbe slegato dai progressi nelle trattative con gli ucraini. Anche il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, ha svelato di non nutrire «grandi aspettative», finché Trump e Putin «non interagiranno direttamente».La giornata, che in caso di un confronto tra i leader nemici avrebbe acquisito una portata storica, è invece trascorsa tra i bisticci. Prima Zelensky, osservando la composizione della delegazione russa, guidata come a marzo 2022 dal consigliere dello zar, Vladimir Medinsky, l’ha definita «decorativa»: «Sembra più una farsa, una messinscena teatrale». Poi Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, ha insultato il presidente in mimetica: «Un clown, un fallito, una persona dall’istruzione sconosciuta». Ha rincarato la dose il principale, Sergej Lavrov, che lo ha chiamato «persona patetica». Dopodiché, è stata la volta del portavoce della diplomazia ucraina: «Invece di Putin che incontra il presidente Zelensky in Turchia e affronta una seria discussione sulla fine della guerra e il ripristino della pace, quello che sentiamo dalla Russia sono insulti personali al presidente ucraino. Non è la prima volta che il ministero degli Esteri russo», ha concluso Heorhii Tykhyi, «diventa uno zimbello».Sullo sfondo, c’erano le rassicurazioni degli invasori («Siamo qui per svolgere un lavoro serio e professionale», ha giurato Medinsky); le indiscrezioni della Cnn sulla nuova offensiva che starebbe preparando Mosca in Ucraina; e la porta tenuta un po’ aperta da Trump, che si era detto pronto ad andare a Istanbul oggi «se succedesse qualcosa», ma che in serata ha liquidato tutti: «Probabilmente torneremo a Washington». Il faccia a faccia tra i diplomatici è slittato a stamani. Zelensky, che era nella capitale turca con il capo del suo ufficio, i suoi vice e il ministro degli Esteri, dopo la chiacchierata di tre ore con Erdogan, ha delegato la pratica al ministro della Difesa, Rustem Umerov. «Nonostante il livello piuttosto basso della delegazione russa, per rispetto del presidente Trump, per rispetto dell’alto livello della delegazione turca e del presidente Erdogan e volendo provare a compiere almeno i primi passi verso la de-escalation e la fine della guerra», ha sottolineato, «ho deciso di inviare la nostra delegazione a Istanbul, anche se non al completo».Qualche spiraglio, in verità, pare essersi aperto. L’inviato di Putin ha garantito la disponibilità a fare «possibili compromessi e a discuterne» con Kiev. Parole da decifrare: gli aggressori temporeggiano per massimizzare i risultati sul terreno. A tarda ora, il gruppo ha visto il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, a palazzo Dolmabahce, sede del summit. Inoltre, può darsi che a Trump non sia andato a genio il protagonismo del presidente levantino. Costui avrebbe riconosciuto che la Crimea è parte dell’Ucraina. Al contrario, gli uomini del tycoon, Keith Kellogg e Steve Witkoff, sono propensi a delle concessioni: il primo propone di congelare la situazione sul campo, il secondo ha più volte ribadito che il nodo, per lo zar, erano le regioni occupate. Meno di un mese fa, The Donald era stato definitivo: «La Crimea resterà con la Russia e Zelensky lo capisce». Ieri, il numero uno di Kiev ha attribuito alla Turchia il ruolo di mediatrice insieme agli Usa, mentre Erdogan sbandierava l’«opportunità storica per un negoziato».«La Russia ha dimostrato ancora una volta di non avere alcuna intenzione di porre fine alla guerra, avendo inviato una delegazione di rappresentanti di livello piuttosto basso», ha denunciato Zelensky. «Un simile approccio è anche un segno di mancanza di rispetto verso il mondo e verso tutti i partner». Medinsky ha negato gli addebiti: abbiamo «pieni poteri», ha assicurato. Poi, la Zakharova ha sbeffeggiato l’Occidente: «Vediamo l’isteria iniziata dai ministri degli Esteri della Nato, dai funzionari di Bruxelles. Sembra proprio che si siano spaventati dal fatto che sono arrivati professionisti di altissimo livello, pronti e capaci di affrontare qualsiasi tema: diritto internazionale, situazione sul terreno e questioni relative alle operazioni militari».Anche la strategia ucraina va decodificata. Additando l’inconcludenza russa, Zelensky ha invocato «una risposta chiara e forte» dagli alleati. E ciò ingenera il sospetto che sia davvero istigato dagli europei. Dopo l’accordo tra gli ambasciatori dell’Unione per l’ennesimo pacchetto di sanzioni, ieri il ministro per gli Affari Ue francese, Jean-Noel Barrot, ha riferito di aver discusso, con il senatore Usa Lindsey Graham, di rappresaglie economiche «sul petrolio e sulle istituzioni finanziarie» russe. Emmanuel Macron ha già minacciato di spostare le atomiche in Polonia, puntandole contro la Federazione. E il generale statunitense Gregory Guillot ha ricordato che la guerra a Est potrebbe degenerare in un conflitto diretto Usa-Russia. In questo gioco delle parti, è difficile distinguere le iniziative sincere dai bluff. Di sicuro, è autentico l’impegno del Papa: il pontefice ha offerto «ogni sforzo» per la pace durante l’udienza generale di mercoledì e, ieri, con il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, ha ribadito che «la Santa Sede continuerà a promuovere e creare tutte le condizioni necessarie per il dialogo». Toccherà a Leone addomesticare i lupi?
        Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
    
        Francesca Albanese (Ansa)
    
        Emanuele Fiano (Getty Images)