2020-11-17
Accecata dal falso mito europeista l’Italia ha smesso di pensare al mare
Su «Limes» l'appello alla classe dirigente perché maturi un pensiero geopolitico (dalla difesa al petrolio) legato alla storia e alla geografia. Oggi «dimenticate» in favore di uno sguardo troppo germanocentrico.È la principale tragedia del nostro Paese. Essere penisola senza pensarsi sul mare. Contraddizione patologica, crisi d'identità ai limiti dell'impazzimento, falla esiziale nella nostra (sbilenca) traiettoria. Pure esistenti nel cuore del Mediterraneo, gli italiani non guardano il mondo dalle coste, non mantengono gli occhi sulle onde. Vivono nel terrore dell'Oltreterra. Convinti che il proprio baricentro strategico si collochi nel continente europeo, aggrappato alle collettività settentrionali, lontano dal mare, portatore di disgrazie e sciagure. [...] A determinare tale negazione di sé fattori di natura storica, strategica, geopolitica, demografica. L'Italia unita fu pensata dai piemontesi, assai a disagio sui marosi, benedetta dagli inglesi, preoccupati dalla vocazione navale delle Due Sicilie, occupata dagli americani, contrari al suo sviluppo concretamente talassocratico. Tuttora nel Belpaese il modello culturale dominante pertiene a regioni settentrionali prive di sbocchi al mare, informate da un'inevitabile aspirazione terragna, fiaccate da un atavico complesso di inferiorità verso la Mitteleuropa, dalla bizzarra voglia di sciogliersi in un contesto ritenuto superiore.propaganda distorsivaCosì la propaganda europeista ha diretto lo sguardo della nazione verso il Reno, nucleo di uno spazio antimediterraneo, ha accresciuto il diffuso orrore per il Levante e per il Maghreb, quadranti da obliare senza rimorsi. Il divieto di frequentare la strategia imposto dall'egemone statunitense ha reso sconosciuto lo strumento marinaro, ha stemperato il beneficio di esistere tra Tirreno e Adriatico/Ionio. […] Qui la classe dirigente settentrionale non s'è mai appassionata al Mediterraneo. Anzi, ha perennemente distillato un modello culturale assai «asciutto». All'indomani dell'Unità, la burocrazia sabauda confermò inerzialmente la preminenza della terra, cui aderì l'altrettanto terragna popolazione lombarda. […] L'avvento del fascismo segnò il passaggio verso un'agognata, ancorché velleitaria, talassocrazia. Il regime riconobbe come massimo obiettivo strategico la conquista del Mediterraneo, richiamandosi posticciamente al passato romano. Mussolini illustrò tale visione già nel 1922. «Soltanto facendo del Mediterraneo il lago nostro, alleandoci con quelli che nel Mediterraneo vivono ed espellendo coloro che del Mediterraneo sono i parassiti, compiendo questa opera dura (…) noi inaugureremo veramente un periodo grandioso della storia italiana», annunciò. […] La disfatta della seconda guerra mondiale ristabilì la congiuntura ex ante. Divenuti patron della Repubblica, negli anni Cinquanta gli Stati Uniti accettarono che la nostra Marina si ricostituisse in ambito Nato, senza concederci di manovrarla unilateralmente, tantomeno di renderla innesco di una potenziale talassocrazia. Il Belpaese ripristinò il primato culturale delle regioni settentrionali, rafforzato dal coevo boom industriale, ulteriore conferma per lo status di avanguardia assegnato a Piemonte e Lombardia. Realtà che tuttora inibisce la nostra aderenza al mare.Il nostro Settentrione guarda a nord. Le regioni intestate della traiettoria produttiva e geopolitica della nazione - Lombardia, Piemonte, perfino Veneto - ignorano il Mediterraneo, anelano l'Europa continentale. L'ortodossia resta di matrice alpina, pedemontana, appassionata degli affluenti e del corso del Po, molto meno del mare. Limite che mortifica la nostra potenza, impedendo l'attuazione della strategia. Impossibile trasformarci in potenza navale se la popolazione più influente si pensa di terra, se guarda solo alle Alpi.confindustria fuorviataAlle nostre latitudini è diffuso l'incredibile mito della Mitteleuropa. Stando alle parole di Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, noi saremmo mitteleuropei. La regione centrale del continente improvvisamente trasformata in un concetto neutro, sorta di spazio elitario al quale conviene appartenere per il bene delle manifatture e dei commerci, perché più evoluto del nostro. Quasi Mitteleuropa non fosse un'espressione tedesca (pronuncia: Mitteloiropa), vettore di influenza altrui a lungo subìto da notevoli porzioni del nostro territorio. [...] Addirittura il Veneto, patria della Serenissima, per secoli massima talassocrazia del pianeta, guarda con orrore a quel Mediterraneo che lo condurrebbe nel Maghreb conflittuale e arretrato, che lo allontanerebbe dalla catena del valore teutonica. Mentre accetta con ostentata indifferenza che Venezia non disponga di un porto di primaria rilevanza. Sul Lago di Garda o sul Lago Maggiore non esiste alcuna base della Marina militare. I marinai non sono avviati alla pratica navale nel profondo Nord. Le reclute della Marina sono per l'80,1% di origine meridionale, provenienti dalle regioni meno potenti del paese. «Manca nella classe dirigente nazionale la consapevolezza del nostro destino marittimo, dell'importanza del mare per la nostra prosperità e sicurezza. […] Dovremmo conferire la giusta priorità alla questione marittima, interrompendo il declino della flotta, anche in termini di organico», ha rilevato l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, già capo della Marina, segnalando la mancata simbiosi tra onde e cultura comune. Schizofrenia su cui grava la dannosa diffusione nell'intera popolazione del mito europeista. Propaganda storicamente costruita sul cosiddetto asse renano, continentale patto franco-tedesco, assai distante dal Mediterraneo. Leuropa (senza apostrofo) ha trasferito il nucleo della nostra politica estera a siderale distanza dalla realtà. l'approccio sbagliatoHa attirato verso nord anche il Mezzogiorno marittimo, già tendente al Settentrione per ragioni economiche, ulteriormente sedotto dall'aura di progresso a lungo conferita al processo comunitario. Anziché mantenere la duplicità continentale-mediterranea della nostra strategia, tale europeismo di maniera banalizza la nostra tattica, ci illude che le nazioni «asciutte» vivano meglio perché prive di complicazioni navali.Imbevuti di un approccio alieno, ci siamo convinti che il Mediterraneo sia mero veicolo di tragedie minimaliste, dallo sbarco dei migranti all'innalzamento delle acque. Non comprendiamo che proprio nel mare nostro ci giochiamo la sopravvivenza geopolitica o energetica, soltanto qui possiamo approfondire la nostra influenza, ampliare l'arco di respingimento contro eventuali offensive. Tantomeno immaginiamo di dominare tale spazio insidioso, immenso, estraneo alle vicende brussellesi che riteniamo primarie. Disposti ad accettare l'oneroso ruolo di difensori marittimi dell'area Schengen, intestata a una continentale cittadina lussemburghese, perpetuando la visione di un Mediterraneo impossibile, coincidente con la sola estensione dell'Unione Europea. […]
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)