2025-08-08
Libertà totale ma non sull’aborto: la mannaia contro i medici obiettori
I progressisti mirano a un mondo senza regole, ma se la pensi diversamente da loro vieni bloccato. Come in Sicilia, dove il Pd ha provato a far fuori dai concorsi chi non vuole l’interruzione di gravidanza.È chiaro da tempo quale sia il meccanismo a orologeria tipico della cultura progressista: ogni volta che tira in mezzo i diritti e la libertà lo fa per censurare o danneggiare chi professa idee sgradite. Il caso dell’aborto è emblematico: in nome dei diritti e delle libertà femminili - che in Italia non sono affatto negate tanto che si può abortire ovunque - si cerca ormai da anni di colpire chiunque sia contrario all’interruzione di gravidanza, anche se esercita un suo sacrosanto diritto. Anche se la legge 194 difende esplicitamente il diritto alla vita, ogni volta si briga per cacciare dagli ospedali e dalle vicinanze dei consultori le associazioni prolife, come se potessero fare del male a qualcuno. Di recente è accaduto in Piemonte, dove per altro il tribunale ha ribadito che i gruppi pro vita devono poter svolgere la propria azione liberamente.Poi c’è la questione dei medici obiettori di coscienza. Da anni i partiti di sinistra spingono sull’allargamento dell’utilizzo della pillola abortiva, che grazie a linee guida emesse dall’allora ministro Roberto Speranza può essere somministrata anche senza ricovero ospedaliero. Poiché non tutte le regioni sono state così veloci a potenziare il servizio, l’associazione Luca Coscioni con il supporto della Cgil e di altre realtà sinistrorse ha lanciato la campagna Aborto senza ricovero, che ha l’obiettivo di «garantire il pieno diritto di scegliere come interrompere una gravidanza, anche in modalità farmacologica e senza ricovero ospedaliero». E pazienza se sarebbe un diritto delle donne anche quello di essere seguite da professionisti in ospedale. Promuovere la diffusione della Ru486 permetto ovviamente di compiacere le case farmaceutiche, ma soprattutto serve per aggirare il «problema» (così viene percepito) dei medici obiettori: se si abortisce in casa il dottore serve a poco.Nel frattempo, contro questi medici la lotta prosegue anche con altri mezzi. Un esempio è quello fornito dalla Regione siciliana, che ha cercato di escludere gli obiettori dai concorsi pubblici. La Sicilia, dopo il Molise, è la regione in Italia con il più alto tasso di medici che rifiutano di praticare aborti (sono oltre l’81%). Si suppone che non siano soltanto cattolici e bigotti o feroci reazionari che hanno in odio le donne indipendenti: è evidente che siano in tanti a rifiutare l’aborto per motivi più profondi, che riguardano il senso di umanità più che l’ideologia. Eppure il parlamento regionale, il 5 giugno, ha approvato una norma - proposta manco a dirlo dal Pd - che «prevede l’istituzione, presso le aziende sanitarie e ospedaliere del Servizio sanitario regionale, laddove non siano già presenti, delle aree funzionali dedicate all’interruzione volontaria di gravidanza in seno alle Unità operative complesse di ginecologia e ostetricia», ma soprattutto prevede l’organizzazione di concorsi specifici per il reclutamento di medici non obiettori.Proprio così: la norma stabilisce che «le Aziende sanitarie e ospedaliere, nell’ambito delle ordinarie procedure selettive di reclutamento già previste nei piani triennali dei fabbisogni di personale, dotano le aree funzionali di idoneo personale non obiettore di coscienza. Qualora le Aziende sanitarie e ospedaliere, per effetto della cessazione dei rapporti di lavoro o di successiva obiezione da parte del personale reclutato rimangano prive di personale non obiettore, le stesse avviano procedure idonee a reintegrare le aree funzionali del personale non obiettore». Tradotto: se i medici si rifiutano di effettuare aborti, bisogna assumere altri medici verificando che non siano obiettori.Grazie al cielo, il governo questa volta ha deciso di intervenire con nettezza. Il Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge siciliana. Come hanno dichiarato il senatore di Fratelli d’Italia in Raoul Russo e Carolina Varchi (capogruppo di Fdi alla Camera in commissione giustizia), la norma regionale «violava la Costituzione, non si può negare agli obiettori di partecipare ai concorsi». Per Varchi e Russo «l’obiezione di coscienza rappresenta l’espressione più autentica della libertà personale, religiosa, morale e intellettuale». Dunque la legge siciliana «violava l’articolo 117 della Costituzione, che garantisce i principi di uguaglianza, di diritto di obiezione di coscienza, di parità di accesso agli uffici pubblici e in tema di pubblico concorso. La legge 194 del ‘78 garantisce appieno tutti i diritti in campo ed in Sicilia non vi è alcun problema legato alla sua concreta applicazione. La legge impugnata da Roma», concludono i due esponenti di Fdi, «aveva pertanto un carattere strumentale».C’è da sperare che l’azione del Cdm basti a bloccare del tutto questa e altre simili iniziative, perché in caso contrario è piuttosto chiaro che cosa accadrebbe. In media, in Italia, secondo gli ultimi dati ufficiali, la quota di ginecologi obiettori di coscienza si aggira attorno 60,5% del totale. Certo la situazione varia molto di Regione in Regione, ma la pressione politica e mediatica sul tema è da tempo molto alta: si ripete che gli obiettori sono troppi, che l’applicazione della 194 non è garantita e via di questo passo. Dunque altre Regioni potrebbero tentare, dopo la Sicilia, di proporre concorsi per l’assunzione di soli non obiettori. Un po’ alla volta, chi rifiuta di effettuare aborti verrebbe così emarginato e discriminato. Questa del resto è la strategia consueta: in nome dei diritti si censura e si danneggia. Bisogna essere liberi, ripetono i progressisti, ma non liberi di rifiutare l’aborto.
Luca De Carlo (Imagoeconomica)