2022-09-30
L’idolatria abortista non vuole più diritti: cerca di cancellarli
Manifestazione di «Non una di meno» a Milano (Getty Images)
Le attiviste pretendono di stravolgere la legge. Piemonte, pronta la delibera che stanzia 400.000 euro per aiutare le madri in crisi. Non potrebbe essere più vero: è in corso una battaglia sui diritti, fra chi li vuole aumentare e chi li vuole cancellare. Solo che la disposizione dei contendenti sul terreno non è esattamente quella che vi hanno presentato in queste ore. In realtà, a chiedere - anzi, a pretendere - una riduzione dei diritti sono le «furios3» attiviste di Non una di meno che hanno affollato una cinquantina di piazze in Italia per manifestare contro un governo di destra non ancora insediato e, a dirla tutta, per ora nemmeno esistente.Quali siano gli obiettivi di questa mobilitazione lo ha spiegato bene ieri sulla Stampa una militante di nome Elena F., di fatto confermando ciò che raccontiamo da tempo. La gentile donzella ha chiarito che le piazze transfemministe vogliono «l’abolizione dell’obiezione di coscienza», cioè vogliono levare a medici e personale sanitario il diritto a non praticare interruzioni di gravidanza. Secondo l’attivista, che appare giovane ma parla come un residuato degli anni di piombo risciacquato nel gender, «i corpi delle donne sono terreno di costruzione del potere patriarcale», qualunque cosa voglia dire. Lei e le sue colleghe sono molto «preoccupat*» e intendono organizzare una «vera resistenza a questa deriva sessista e fascista». Laddove la deriva sarebbe simboleggiata dalla vittoria elettorale di Giorgia Meloni la quale, come noto, è donna ma maschilista, mentre Enrico Letta era uomo però femminista. Confessiamo: di fronte a queste uscite anche noi siamo un po’ «confus*».Le rivendicazioni di Non una di meno sono chiare: abolizione dell’obiezione, esclusione dei centri di aiuto alla vita da consultori e ospedali, distribuzione della pillola abortiva in ambulatorio, cancellazione dei sette giorni di attesa obbligatoria prima dell’aborto. Dite: dove sono i diritti in più? Si guadagnano diritti a togliere la possibilità di ricovero e assistenza in ospedale per chi prende la pillola (ricordiamo che gli effetti avversi sono maggiori con l’aborto farmacologico che con quello chirurgico)? Si guadagnano diritti ad arricchire le case farmaceutiche distribuendo farmaci a ragazze giovani e donne povere (in Italia, fatevene una ragione, continuano ad abortire troppo spesso i poveri)? Boh. Per altro, le dolci fanciulle forse non hanno riflettuto sulle conseguenze di una eventuale abolizione della obiezione di coscienza e sul potere di controllo che una cosa simile garantirebbe allo Stato.Ebbene, se le manifestanti «furios3» vogliono abolire diritti e togliere libertà, altri i diritti cercano di aumentarli, senza levarne nemmeno uno. Curiosamente, tra questi altri ci sono proprio esponenti di FdI e della destra che le transfemministe tanto disprezzano. È quanto sta accadendo in Piemonte dove la giunta regionale, su iniziativa dell’assessore di Fratelli d’Italia Maurizio Marrone, ha stanziato un fondo di 400.000 euro per sostenere - tramite associazioni umanitarie - le donne che pensano di abortire per via della propria difficile situazione economica. Si tratta di un progetto che il nostro giornale ha raccontato nei dettagli ancora mesi fa, e che il Comune di Torino (giunta di sinistra) ha provato a impedire in ogni modo, chiedendo che i soldi per le future madri fossero utilizzati per consultori e pillole abortive. La Regione, tuttavia, ha tenuto il punto (a volte anche a destra sono capaci di farlo) e ieri ha fatto sapere che è pronta «la delibera di giunta sulle modalità di accesso e criteri di assegnazione dei finanziamenti per la promozione e realizzazione di progetti di accompagnamento individualizzati, finalizzati alla promozione del valore sociale della maternità e alla tutela della vita nascente, da parte di organizzazioni ed associazioni operanti nel settore della tutela materno infantile ed iscritte negli elenchi approvati dalle Asl». Come informa la nota ufficiale, «i 400.000 euro già stanziati a bilancio serviranno a sostenere le attività di ascolto e consulenza, attraverso la presenza a sportello programmato presso i presidi sanitari, progetti di sostegno alle mamme per almeno i primi mille giorni dei neonati, anche attraverso sostegno economico e gli aiuti materiali/fornitura beni di prima necessità, percorsi di sostegno psicologico sia individuali che di gruppo, attraverso figure professionali adeguatamente formate e accompagnamento ai gruppi di auto mutuo aiuto tra gestanti e neomamme.Ogni progetto dovrà espressamente prevedere attività di comunicazione e diffusione dei programmi di intervento nel territorio di riferimento, anche attraverso i Consultori familiari, i Consultori pediatrici nonché i Centri per le Famiglie aderenti al Coordinamento Regionale». Non è tutto. Sono previsti «ulteriori 60.000 euro destinati a finanziare interventi dei servizi socio-assistenziali di Torino, Novara, Alessandria e Cuneo a supporto della segretezza del parto per le gestanti che abbiano deciso il non riconoscimento del nascituro».Chiediamo di nuovo: questa pericolosissima iniziativa pro vita a chi toglie diritti? A nessuno. Semmai consentirà a qualche donna di tenere il proprio bambino, e di crescerlo con l’aiuto delle istituzioni. Questa iniziativa, che nasce da una collaborazione proficua fra Fdi e Lega, rappresenta senz’altro un modello per il futuro governo di destra. È un esempio concreto di ciò che l’esecutivo potrebbe fare. Vi sembra una cosa folle? Cambia la 194? Non garantisce la possibilità di abortire? Certo che no. Semplicemente offre un aiuto in più. «La Regione Piemonte pagherà alle famiglie socialmente vulnerabili e alle donne in difficoltà economica, magari perché abbandonate da genitori e partner, ciò che serve per non dover rinunciare alla gravidanza che desiderano: canoni di locazione, rate di mutuo, bollette di utenze, abbigliamento, alimenti, farmaci, pannolini, carrozzine, lettini eccetera», dice l’assessore Marrone, che ha gestito la pratica con la collega leghista Chiara Caucino. Ecco, sappiate che è contro iniziative come queste che la femministe stanno andando in piazza. Si chiamano Non una di meno, ma vogliono meno diritti per le donne e, soprattutto, meno nate.