2019-01-19
«Abbiamo denunciato Conticini per sapere se ha rubato donazioni»
Il presidente della no profit Operation Usa: «Ho testimoniato sotto giuramento con i magistrati italiani». Dagli States vogliono capire se le ville portoghesi sono state prese con fondi per i bimbi: «Saremo aggressivi».Presidente Richard Walden, ci risulta che l'organizzazione umanitaria che guida, Operation Usa, abbia inviato ai magistrati di Firenze (Luca Turco e Giuseppina Mione) una denuncia per appropriazione indebita contro Alessandro Conticini, il quale ha ricevuto sovvenzioni da voi attraverso due società, la Play Therapy Africa (Pta) e l'International Development Association (Ida). Ce lo conferma?«È vero, stiamo collaborando con il governo degli Stati Uniti che sta cercando di soddisfare una richiesta dei magistrati italiani in merito alle accuse contro Alessandro Conticini. Non abbiamo accesso ad alcuna informazione nelle mani del governo italiano, ma ci preoccupa se i soldi destinati ai bambini etiopi sono stati distratti per scopi impropri. Ciò deve essere dimostrato in un tribunale italiano, dopo di che decideremo se chiedere il rimborso di qualsiasi fondo utilizzato in modo inoppportuno». Qual è il suo contributo alle indagini?«Dopo essere stato contattato dal dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, ho fornito loro tutto ciò che avevamo e in seguito ho testimoniato sotto giuramento in un tribunale italiano in collegamento video. I magistrati non ci hanno rivelato ciò che hanno scoperto, ma ho tradotto alcune notizie della stampa italiana sui Conticini, Renzi e il solito caos tipico di casi come questo».I magistrati italiani dicono che Conticini ha ricevuto 10 milioni di dollari dall'Unicef e da Operation Usa per i suoi progetti, ma che 6,6 milioni sono stati usati per acquistare case in Portogallo, fare investimenti in paradisi fiscali e in aziende legate ad amici, conoscenti e parenti. Da dove provenivano i vostri finanziamenti?«Tutti i fondi inviati a sostegno della Pta e della Ida in Etiopia - il 100% - ci sono stati dati dalla Fondazione della famiglia Pulitzer che era responsabile della valutazione della qualità dei progetti in Etiopia (e utilizzava per questo consulenti esperti del settore inglesi e statunitensi) e di negoziare il bilancio di cassa. Abbiamo tenuto conto delle loro raccomandazioni e ricevuto i fondi da inoltrare a Pta e Ida. Dato che i Pulitzer hanno una buona reputazione non solo per il sostegno al giornalismo, ma anche per le opere di filantropia in altri settori negli Stati Uniti, siamo stati lieti e onorati di lavorare con loro». Perché i Pulitzer si sono rivolti a voi?«Ci hanno chiesto di aiutarli perché avevamo lavorato in Etiopia negli anni Ottanta e Novanta e non avevano esperienza lì».Chi ha deciso di finanziare i coniugi Conticini e perché?«Furono i Pulitzer ad avviare il rapporto con Conticini e in effetti lui ha parlato o inviato relazioni e bilanci direttamente a loro. I Pulitzer e i loro consulenti privati hanno controllato svariate volte nell'arco di circa 8 anni i loro progetti in Etiopia. Penso che il fatto che Conticini e sua moglie siano stati ex direttori del programma per l'Etiopia dell'Unicef sia stato importante per convincere la Fondazione della famiglia Pulitzer a finanziarli». I controlli non dipendevano da voi? «Non avevamo alcun tipo di supervisione finanziaria o accesso ai fondi una volta che erano arrivati dai Pulitzer e da noi trasferiti alla Pta e successivamente all'Ida».Dal 2017 non collaborate più con Conticini…«Alla fine i Pulitzer hanno deciso di utilizzare i loro fondi per un progetto negli Stati Uniti non collegato a Conticini o a Operation Usa. Sia Conticini che la Fondazione Pulitzer ci avevano informato che la sovvenzione del 2016 sarebbe stata l'ultima e non ci è stato detto nulla di negativo sui progetti dell'Ida. Non c'è nulla di insolito nel fatto che una fondazione abbia cambiato la propria missione dopo molti anni di finanziamento di un progetto».Ha conosciuto personalmente Alessandro Conticini?«L'ho incontrato solo una volta quando sono andato in Etiopia nel gennaio del 2016 per parlare a una conferenza internazionale sugli aiuti e per visionare i vari progetti sia ad Addis Abeba sia nella provincia delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud a circa 5 ore a Sudovest di Addis Abeba. Ho visitato alcuni siti dove stavano educando centinaia di genitori, insegnanti, infermieri e altri etiopi nella speranza di diminuire la violenza contro i bambini e anche se i corsi erano in amarico e in altri dialetti parlati in Etiopia, non ho visto o avvertito nulla di sbagliato nella sostanza dei progetti e nel loro obiettivo di diminuire la violenza».Il problema è un altro. Parte dei soldi dei Pulitzer sarebbero stati utilizzati per scopi diversi dall'aiuto dei bambini...«Conticini ci ha assicurato di non aver percepito nessun salario proveniente dalle donazioni della fondazione Pulitzer e che lui e sua moglie erano consulenti lautamente pagati per l'Organizzazione internazionale del lavoro (un'agenzia delle Nazioni unite) in un certo numero di Paesi al di fuori dell'Etiopia. Vivevano ad Addis Abeba e avevano un bambino che andava a scuola là».Non sapeva nulla degli investimenti immobiliari in Portogallo?«Conticini non ci ha mai detto di vivere in nessun altro posto all'infuori dell'Italia, del Regno Unito e della Francia, da cui proviene sua moglie». La signora Ceil Pulitzer ai giornali italiani ha detto di avere un'ottima considerazione dei coniugi Conticini e di fidarsi di loro. Ha cambiato idea?«La mia sensazione è che, dal momento che i Pulitzer sono molto vecchi, non abbiano voglia di mettersi a indagare e di cercare di recuperare i soldi, nel caso fossero stati distratti per usi impropri. Da avvocato, la penso diversamente e voglio vedere quali prove l'autorità giudiziaria italiana sia in grado di portare e poi, se saranno colpevoli, tenteremo con aggressività di riavere indietro i fondi usati impropriamente e di spendere ciò che eventualmente avremo recuperato in Etiopia. Siccome è sempre difficile trattare con il governo etiope, ha senso vedere se il governo italiano ha maggiore ascendente per ottenere informazioni di quanto ne avremmo noi. Vale lo stesso discorso per l'Unicef: non mi sorprende che non collaborino con nessuno, dato che di solito si preoccupano solo dei governi che ospitano i loro progetti (per esempio Stati membri delle Nazioni unite), come l'Etiopia, e non di fondazioni, enti di beneficenza o magistrati stranieri che richiedono informazioni». Con chi aveva rapporti Conticini all'Unicef? «Non ha mai indicato i referenti che gli hanno dato sovvenzioni, ma so che l'Unicef è fortemente impegnato nel contrasto alla violenza sui bambini e chi ha un programma del genere fa certamente appello a loro. Questo è tutto ciò che so, ma, come lei, sono interessato a ciò che i pubblici ministeri italiani scopriranno». L'Unicef sembra meno curioso di avere notizie.«L'Unicef o l'Onu in genere non fanno azioni legali per questo tipo di cose, che sospetto siano tragicamente diffuse. C'è così tanta corruzione in così tanti Paesi in cui lavorano, che avrebbero bisogno di 100 avvocati e in molti posti il sistema giudiziario non funzionerebbe per loro, perché il governo locale è esso stesso corrotto».Mi scusi presidente, perché i donatori italiani arrabbiati con l'Unicef dovrebbero fare donazioni a Operation Usa?«Gli italiani dovrebbero fare beneficenza alle organizzazioni non profit italiane che lavorano in Etiopia su questo tipo di problemi o cercare un'associazione senza scopo di lucro etiopica che si occupi di questa tematiche, specialmente quelle che si oppongono all'infibulazione delle ragazze o alla violenza contro i bambini».Tra i direttori della sua organizzazione, sino al 2017, c'era il senatore democratico Gary Hart, già stretto collaboratore dell'ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama: non è che attraverso di lui ha conosciuto Matteo Renzi? «No, non conosco nessun politico italiano».
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