2021-09-23
A scuola parte la caccia al non vaccinato
Il Garante denuncia il pressing sugli alunni «per poter togliere la mascherina». Ma quella norma è una fake news di Patrizio Bianchi. La cui app viola la privacy: sempre più prof cacciati a lezioni in corso perché scade il permesso. Non è mai carino dire: ve l'avevamo detto. Però, ve l'avevamo detto: la scuola dell'era pandemica è una macchina di discriminazioni, un apostrofo tra le parole «delazione» e «gogna». Partiamo dai casi, sempre più frequenti, di insegnanti cacciati dai loro istituti a lezioni iniziate, perché i presidi, tramite la piattaforma predisposta dal ministero dell'Istruzione, scoprono che non sono in regola con il green pass. Si tratta, ovviamente, di docenti non vaccinati, che per andare a lavoro devono sottoporsi al tampone. Il loro Qr code risulta attivo all'ingresso, ma il lasciapassare scade prima del termine della giornata. Ieri, La Verità vi ha dato conto di tre episodi accaduti nel Lazio, a Riccione (qui, addirittura, a un'insegnante di sostegno) e ad Ariano Irpino, in provincia di Avellino. Il leader del Movimento diritti civili, Franco Corbelli, ha segnalato altre situazioni sgradevoli capitate in Toscana e in Campania: «Continua la vergogna degli insegnanti allontanati durante la lezione per il green pass scaduto da pochi minuti», ha lamentato. «E intanto non parte lo screening di massa in tutte le scuole con i test salivari, e si registrano già 17.000 casi di contagi tra 0 e 19 anni, in sole due settimane». Va messa agli atti la disavventura di un maestro di Pontevico, nel Bresciano. Entrato alle 7.30, dieci minuti prima che scadessero le 48 ore dal test Covid; «pizzicato» alle 8.10 dalla responsabile amministrativa; invitato ad andarsene dalla dirigente nel bel mezzo di una lezione, dinanzi alla seconda elementare; redarguito dal provveditore; e, infine, registrato come «assente non giustificato», nonostante, «per passione», il docente sia rimasto in cattedra fino a mezzogiorno. Il filo conduttore è chiaro: i presidi si mettono davanti al pc, a giornata già cominciata, s'accorgono che un semaforo associato a uno dei dipendenti è diventato rosso e si sentono obbligati a prendere provvedimenti tempestivi contro il reprobo. È per questi motivi che la Cgil, che vorrebbe un incontro con il ministro Patrizio Bianchi, chiede che i controlli si effettuino solo prima dell'entrata negli istituti: «Sarebbe assurdo pretendere che un collega o una collega, il cui pass scade alle 11.00 e che magari finiscono il turno alle 11.30, debbano sottoporsi a un altro tampone», spiega alla Verità Graziamaria Pistorino, della Flc Cgil. «Ne va dell'organizzazione del lavoro: un dirigente deve sapere subito se è tenuto a chiamare un supplente, non si possono interrompere le lezioni e abbandonare le classi». E nemmeno umiliare i colleghi di fronte a tutti. Ma c'è di più: nell'app di Bianchi, infatti, concepita insieme al Garante della privacy proprio per scongiurare violazioni della riservatezza, su questo versante si apre una breccia pericolosa. In teoria, il dispositivo non consente di scoprire cosa abbia determinato l'emissione del green pass: la vaccinazione, il test o la guarigione. E il Qr code non trasmette informazioni sulla durata del foglio verde. Ma cosa accade se un insegnante non è sufficientemente diligente da tamponarsi a intervalli tali da eludere il sistema a semafori? O se un preside è talmente solerte da controllare più e più volte lo status del personale? Succede che diventa facile distinguere chi è vaccinato da chi non lo è: nel corso di una settimana, il pass di un docente poco accorto scadrebbe ogni 48 ore, mentre quello del collega che ha ricevuto le due dosi rimane valido per un anno intero. Alla faccia della privacy: la mitica piattaforma di Bianchi può trasformarsi in un dispositivo elettronico per la delazione e la caccia ai non vaccinati. Peraltro, se non mancano maestri e professori che talora riescono a incastrare perfettamente gli orari dei tamponi, si trovano pure presidi molto zelanti nei controlli. Come la dirigente del liceo scientifico Galilei di Ancona, che in una circolare di lunedì ribadiva che «la validità della certificazione deve coprire tutto l'orario di servizio e non solo l'orario di ingresso». E annunciava «verifiche a campione durante l'orario di servizio». Ci vorrebbe una sterzata dal ministero, basata sul buon senso: se una persona non è infetta alle 10, non lo sarà nemmeno alle 10 e mezza. Di buon senso, tuttavia, in viale Trastevere sembrano averne poco. E anche questo, noi ve l'avevamo detto. La possibilità di eliminare le mascherine in aula se tutti gli alunni sono stati inoculati, introdotta con il decreto del 6 agosto, aveva difatti innescato la caccia allo studente «no vax» sulle chat delle famiglie, come riferito dal Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola. Ora si è arrivati alle «pressioni più o meno esplicite nei confronti di studenti non vaccinati, da parte del personale docente». L'allarme è del Garante dei diritti dei minori di Trento, Fabio Biasi, ed è partito in seguito a «numerose segnalazioni» di mamme e papà. Peccato che, sulla deroga-gogna, Bianchi abbia già fatto le piroette. Prima di tutto, l'esenzione non vale per i prof. Una decina di giorni fa, inoltre, il ministro correggeva il tiro: «È una indicazione, poi ci saranno le linee guida». Nei fatti, l'«indicazione», molto controversa, viene disattesa. E così, Bianchi ieri ha fischiettato: «A lungo ne abbiamo discusso con le autorità sanitarie, è una indicazione condivisa e verso cui tendere. Non c'è stato, da parte mia, nessun azzardo». Sarà. Venti giorni fa, sui media rimbalzava un virgolettato entusiasta: «Dove ci sono classi di vaccinati si possono togliere le mascherine e si può tornare a sorridere». Indovinate chi l'aveva detto…
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)