2019-02-10
A furia di scioperi contro il popolo Landini e soci si scaveranno la fossa
A Roma sono sfilate le ragioni dell'autodistruzione della rappresentanza. Come si può pensare di aumentare gli iscritti quando si contestano norme che aiutano i disoccupati e i pensionati? E infatti è emorragia di tessere.Vi siete mai chiesti perché in un Paese in cui aumentano i disoccupati diminuiscono gli iscritti al sindacato? Di regola, se un lavoratore perde il lavoro o vede il proprio salario ridursi a causa dell'inflazione o dei tagli aziendali, la prima cosa che pensa è di farsi aiutare dalle organizzazioni che lo tutelano. Invece da noi no: uno rischia il posto oppure è costretto a tenersi quello che ha in cambio di uno stipendio ai minimi e, tuttavia, straccia la tessera sindacale. La risposta al curioso comportamento è fornita da una somma di motivi, due dei quali li raccontiamo oggi sulla Verità. Il primo ruota intorno alla manifestazione che Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato ieri. I sindacati sono scesi in piazza per protestare contro le misure governative. Maurizio Landini, fresco di nomina alla guida della confederazione rossa, ha arringato la folla chiedendo che l'esecutivo cambi strada, pronto se non lo farà a fargliela cambiare lui. Ora, si può discutere e molto a proposito dell'efficacia delle norme introdotte con l'ultima manovra. Se cioè abbiano copertura e servano a far ripartire l'economia e il Pil. Dubbi ce ne sono, e non tutti ingiustificati, soprattutto da parte del mondo delle aziende. Ma se c'è qualcuno che dovrebbe vedere di buon occhio i provvedimenti, beh, questi sono proprio i sindacati. Secondo le stime, nel nostro Paese ci sono almeno 5 milioni di poveri, i quali non godono di alcuna misura di sostegno e la cosa dovrebbe riguardare direttamente Cgil, Cisl e Uil perché, anche se i poveri non pagano la tessera sindacale, sono pur sempre italiani e semmai le organizzazioni dei lavoratori dovrebbero rappresentarli gratis. Invece, in barba al reddito di cittadinanza per il quale in centinaia di migliaia già fanno la fila, Landini e compagni chiedono di cambiare strada e di sedersi al solito tavolo per una trattativa. Per fare cosa? Non si sa. A tavola servono qualche menu per i poveri e i senza lavoro? No. Però ne riservano uno squisito per la nomenklatura sindacale, che così può attribuirsi un ruolo e giustificare il proprio stipendio.Cgil, Cisl e Uil, a quanto si capisce, sono contro anche quota 100, ovvero contro la norma che manda in pensione prima i lavoratori che abbiano 62 anni e 38 di contributi. In teoria questa dovrebbe essere una decisione che piace al sindacato che a parole, per anni, si è schierato contro la legge Fornero. E invece no, nonostante venga data l'opportunità a chi lo desideri di ritirarsi in anticipo, Landini e compagni sono contrari. Troppo poco, pare sia l'argomentazione. Meglio qualcosa che nulla è la replica del governo, ma essendo massimalisti, i rappresentanti dei lavoratori puntano in alto, con la prospettiva di ottenere niente. Già queste due ragioni bastano e avanzano per capire come mai le persone scappino dal sindacato, stracciando la tessera. Se poi uno desse uno sguardo alle foto della manifestazione di ieri fuggirebbe ancora più spedito. Le immagini del corteo ritraggono infatti in prima fila una serie di vecchie cariatidi della sinistra, tra le quali Massimo D'Alema, Sergio Cofferati e Guglielmo Epifani, ovvero i leader che per lungo tempo hanno guidato il sindacato e il partitone rosso, con i risultati a tutti noti. Grazie a loro gli elettori si sono buttati su Matteo Renzi e oggi il Pd, ma anche la Cgil, stanno al minimo storico.Avete ancora qualche dubbio sulle cause che riducono la platea dei militanti delle organizzazioni sindacali? Beh, vi forniamo l'ultimissimo argomento che contribuirà a togliervelo. Qualche giorno fa abbiamo raccontato di alcune vertenze che riguardano i dipendenti di cooperative in servizio presso il colosso multiutility Hera. Alcuni lavoratori, ritenendo che il trattamento economico loro riservato dalle cooperative fosse troppo basso, si sono rivolti alla magistratura e i giudici del lavoro hanno dato ragione ai salariati e torto alle aziende. Fin qui siamo nella regola, o meglio, siamo fuori dalle regole, ma nelle dinamiche dei rapporti di lavoro che prevedono che un dipendente possa far valere le proprie ragioni bussando alla porta della magistratura. Ma ciò che è accaduto dopo è invece un po' meno normale. Già, perché a seguito delle sentenze dei lavoratori, i vertici delle cooperative e quelli del sindacato si sono seduti a un tavolo (sì, con Cgil, Cisl e Uil c'è sempre di mezzo un tavolo) e hanno stilato un accordo in cui si dicono preoccupati delle ripercussioni sull'occupazione che le sentenze possono avere e per questo le parti, cioè anche il sindacato, «si impegnano a mettere in campo tutte le azioni possibili atte a dissuadere i lavoratori (…) dal presentare ricorso (…) innanzi al tribunale (…) per richiedere il riconoscimento dell'applicazione del contratto di lavoro». Chiaro il concetto? Siccome i dipendenti vogliono che sia applicato il contratto di categoria e i giudici hanno dato loro ragione, azienda e sindacato si mettono d'accordo per convincere in ogni modo i lavoratori a rinunciare. Sebbene per dovere ci sia capitato a lungo di seguire le iniziative di Cgil, Cisl e Uil, mai avevamo udito di un sindacato che si mette d'accordo per non far rispettare il contratto di lavoro, neppure nei periodi peggiori. Questo però spiega tutto. Se questo è il cambiamento di cui ieri ha parlato Landini, prevediamo che alla prossima manifestazione ci saranno solo lui, la Furlan e Barbagallo, cioè i leader di un sindacato che con il popolo - e con la realtà - non sono più in contatto.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)