2021-03-28
A Caserta tra giochi d’acqua degni di un re
A reggere il confronto con l'imponenza della reggia, fatta costruire (lungo 90 anni) da Carlo di Borbone, è la maestosa via d'acqua. Una scenografia che si snoda per tre chilometri tra cascate, getti, statue di marmo e grotte. Senza dimenticare il giardino botanicoCosa pensate quando sentite o leggete la parola Caserta? Credo che la maggior parte dei cittadini non risiedenti in Campagna pensi immediatamente alla Reggia Reale, a quel capolavoro di ingegneria, architettura, arboricoltura che è l'edificio e ancor più i celebri «giardini»: la via d'acque che si inerpica ai piedi di un monte da dove gli antichi dei scaturiscono il sangue della terra, e l'adiacente giardino botanico inglese. Ero al liceo quando ci portarono a vedere queste vasche e queste statue, di fretta, come purtroppo talora accade quando si viaggia da studenti, una manciata di giorni fra Napoli, Ercolano, Paestum, la Costa Amalfitana e Caserta. Quel che mi ricordo di più erano le labbra della mia fiammante morosa che era il vero oggetto delle mie massime attenzioni. Ma fu anche in quel viaggio che scoprii il mondo pauroso e divertente dei fumetti di Dylan Dog, così liberatorio per certi aspetti. Ovviamente i nostri insegnanti non lo capivano, per loro i fumetti erano letteratura di serie zeta, ma oggi posso dire che sbagliavano e alla grossa. Non ricordo nulla della Caserta che vidi in quel viaggio, zero assoluto. Mi ricordo invece nitidamente di esserci tornato pochi anni fa, ai tempi in cui stavo prendendo appunti per un libro che sarebbe uscito per gli editori Laterza, L'Italia è un giardino, terzo atto di una «trilogia arborea italiana» che vi pubblicai fra il 2014 ed il 2016.Piccola storia tascabilissima della Reggia di Caserta. I terreni appartenevano agli Acquaviva locali, parenti dei Gaetani di Gaeta da cui emersero i Caetani laziali che detengono l'Oasi di Ninfa che abbiamo sfiorato un paio di settimane orsono, in questa stessa rubrica. Il re di Napoli Carlo di Borbone (1716-1788) acquista la proprietà e assegna all'architetto Luigi Vanvitelli il compito di edificare una reggia sontuosa. A partire dagli anni Cinquanta del XVIII secolo 90 anni di lavori, un patrimonio sterminato speso per finanziarli; venne realizzato un acquedotto appositamente per traghettare le acqua del fiume Fizzo alle pendici del Monte Taburno, nel beneventano, fino qui e fino a Napoli, 38 chilometri in tubature e architetture, diversi ponti, 16 anni di opera soltanto per questo. L'unica presenza anteriore al complesso che possiamo visitare è un boschetto che si trova a lato del grande edificio. E per quanta opulenza si manifesti negli interni e nella dimensione dell'edificio, si tratta del più vasto edificio reale al mondo, è quando si inizia a camminare lungo la via che porta alle vasche, alla via d'acqua, che gli occhi strabiliano ogni volta. L'incanto di tre chilometri di visuale, la perfezione armoniosa di forme, linee, il compromesso costantemente tradito fra movimento e staticità, lo splendore del marmo scolpito e invecchiato, i riferimenti mitologici, costanti, ad ogni passo, tutto entusiasma e compiace.A conclusione del giardino all'italiana che circonda la Reggia c'è la prima fontana, si chiama Margherita, le statue intorno tengono strette fra le mani capolavori dell'antichità greca e latina, l'Odissea, l'Eneide e l'Iliade, le «gambe» dei mondi successivi. Da qui si sale lentamente ma con costanza, fino ai tre delfini mostruosi che sputano acqua, scolpiti dallo scultore Gaetano Salomone - lo scultore che realizza buona parte delle sculture delle cascate, insieme ad altri artisti quali Angelo Brunelli, Paolo Persico e Tommaso Solari - fra il 1776 e il 1779, nella prima vasca estesa su 12.690 metri quadrati. La vasca successiva è la Fontana di Eolo, un vero teatro di statue, 15 grotte e 80 statue. Eolo, su suggerimento di Giunone, solleva i venti che travolgono Enea e il suo equipaggio, impendo di fare ritorno all'agognata Itaca. Quindi incontriamo la fontana di Cerere, divinità della terra della fertilità, talora raffigurata con spine di grano fra i capelli, la Fontana di Venere e Adone, storia di un dio geloso che fa uccidere l'amante di Venere, e infine, ai piedi della grande cascata le due formazioni scultoree dedicate ad un altro incontro finito malissimo, quello fra la dea Artemide o Diana, circondata dalle ninfe, sorpresa nuda a fare il bagno da un cacciatore umano, Atteone, che viene tramutato in cervo e quindi divorato dai suoi stessi molossi da caccia. Simpatiche queste divinità di un tempo. La cascata rovina a noi dalle colonne di un antico tempio.Il Vanvitelli muore nel 1773, gli subentra il figlio Carlo, anch'egli architetto ed ingegnere. Ed è proprio sotto la sua direzione dei lavori che nasce il Regium Viridarium Casertanum, giardino botanico all'inglese, realizzato grazie alla scrupolosa consulenza del botanico britannico John Andrew Graefer, nella seconda metà degli anni Ottanta, prima di fuggire nel 1798, a causa dell'arrivo dei francesi. Ventitré ettari che ospitano oramai, 230 anni dopo, alcuni alberi monumentali quali un cedro dell'atlante, un maestoso cipresso di Monterey, una araucaria australiana (a. bidwillii), magnolie di Soulange, un tasso dalle forme taurine che si riflette su un laghetto nascosto dove si bagna una statua di Venere, accanto a finte rovine che oramai sono diventare rovine reali, sebbene senza una civiltà da tramandare ai posteri. E ancora palme delle Canarie, washingtonie, un pino domestico vicino alla Serra grande, un tassodio americano, ma qui ci sarebbe da iniziare un lungo elenco di specie notevoli e di opere neoclassiche, architettoniche, che decorano questo giardino delle illusioni e delle magie. Dove non mancano isole, piramidi e altre «stranerie» che piacevano tanto ai giardinieri neoclassici e barocchi. La bellezza di questi luoghi risiede anche nella libertà di essere completamente a secco di conoscenze botaniche, basta farsi trasportare dal sentimento, dalle emozioni, ora accostarsi alla cascata e poi ammirare le fioriture esagerate di una magnolia che si specchia nella acque di un laghetto popolato da carpe. Come abbiamo già visto nelle residente precedenti l'arte di stupire e ammaliare è una costante invenzione che mescola antico e moderno, reale e immaginario, mitologico e letterario, sacro e profano. Maggiore è la visionarietà e più profondo il nostro appagamento.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)