2021-11-11
A Bruxelles tira ancora il vento dell’austerità
All'Ecofin, Vienna chiede la linea dura: «La strada è una sola, quella di ridurre il rapporto debito/Pil».Il nostro ministro dell'Economia Daniele Franco ha fatto appena in tempo a scendere dalla scaletta dell'aereo che lo ha riportato in Italia - di ritorno dalla due giorni lussemburghese dedicata all'Eurogruppo e al Consiglio in formato Ecofin - e ieri si è subito trovato di fronte all'elenco dei compiti a casa indicato dal suo collega austriaco Gernot Blümel.Senza citare l'Italia, Blümel, riferendosi ai lavori appena conclusi, ha detto a Bloomberg che «la strada è una sola, quella di ridurre il rapporto debito/Pil soprattutto per i Paesi con livelli elevati di questo rapporto che, altrimenti, rischiano di trovarsi in difficoltà di fronte al mercato che potrebbe richiedere tassi più alti per il maggior rischio». Sono bastate queste parole, per confermare il sospetto che il ministro Franco fosse tornato da Bruxelles con il classico pugno di mosche in mano, a dispetto delle dichiarazioni aperturiste del commissario Paolo Gentiloni che aveva parlato di «buon avvio dei colloqui» nel corso dei quali erano però emerse «idee diverse».Come al solito, appena si consultano gli atti ufficiali l'amara realtà è diversa. Già nell'Eurogruppo di lunedì è emersa la difficoltà di raggiungere e mantenere un bilanciamento tra investimenti (pubblici) che stimolino la crescita e la sostenibilità di medio lungo termine dei bilanci pubblici. È stato fatto anche il punto sul processo di ratifica della riforma del Mes, decisivo per l'entrata in vigore dal 1° gennaio 2022 del cosiddetto «paracadute», cioè un prestito di circa 55 miliardi del Mes a favore del Fondo di risoluzione unico per le crisi bancarie, qualora tale fondo esaurisse le proprie disponibilità. A oggi, solo otto Paesi su 19 hanno ratificato tale riforma firmata già a fine gennaio dai ministri competenti e l'Italia deve ancora inserirla nel calendario dei lavori parlamentari. In ogni caso, anche sulla base di informazioni da noi assunte presso gli uffici del Mes, pare non ci siano dubbi sul completamento entro la scadenza prevista.Ma è stato l'Ecofin di martedì a rivelare con maggiore nitidezza l'assoluta mancanza di idee sulla direzione in cui procedere con riguardo al «riesame della governance economica della Ue» come recita ambiziosamente il documento che la Commissione ha redatto come base per la discussione e sottoposto ai ministri degli Stati membri. Con tale documento la Commissione aveva avviato, già a febbraio 2020, un dibattito pubblico per identificare i punti di miglioramento del quadro di coordinamento delle politiche economiche, tra cui spiccano il Patto di stabilità, il ciclo di attività noto come «semestre europeo» e la procedura per gli squilibri macroeconomici eccessivi.Insomma tutta la «cassetta degli attrezzi» che è in funzione dal 2011 e che ha portato da allora l'Eurozona a conseguire il poco invidiabile primato di mostrare i peggiori risultati economici tra le aree maggiormente sviluppate del pianeta.Ora si riparte con il dibattito pubblico, attraverso undici domande a cui tutti possono rispondere online entro il prossimo 31 dicembre. Un dibattito che parte con il piede sbagliato, perché il documento della Commissione e le conclusioni dell'Ecofin non accennano alla minima autocritica per i modesti risultati ottenuti in passato. Anzi, le due istituzioni si autoincensano per gli eccellenti risultati ottenuti nella gestione della crisi economica, salvo poi prendere atto tra le righe che, chissà per quale arcano, le divergenze tra gli Stati membri sono aumentate in seguito all'impatto economico della pandemia. Che è proprio la misura dell'inefficacia delle loro politiche.Come se nulla fosse accaduto, la Commissione e i ministri credono che la «riduzione realistica, duratura e graduale del debito pubblico» resti l'obiettivo primario del governo economico della Ue. E l'improbabile coesistenza tra sviluppo e benessere economico e le regole europee sarà consentita dai miliardi di investimenti del Rrf. Che però - per loro stessa ammissione - «non bastano. Sono temporanei. Devono innescare altri investimenti pubblici e privati, aggiuntivi». Senza i quali si assisterà a un «deterioramento della composizione della spesa pubblica». Purtroppo per noi, la Commissione specifica che tali investimenti aggiuntivi implicano «sforzi per migliorare la qualità della spesa». Insomma, dovremo tagliare altre spese.Nel frattempo, il Consiglio chiede che il semestre europeo torni a operare secondo le vecchie regole e, soprattutto, che tornino i rapporti e le raccomandazioni Paese. Famose per essere rimaste lettera morta per anni, fino a quando non sono diventate condizione per ricevere il Recovery fund. Si complimenta per aver mantenuto attiva la procedura per gli squilibri macroeconomici anche durante la pandemia e pianifica una «approfondita discussione» sulla proposta della Commissione. Con calma, senza fretta.Mentre a Bruxelles si discute, Roma viene espugnata.