2025-06-04
«La 157 va aggiornata, non demonizzata. Serve una gestione condivisa del territorio»
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Niccolò Sacchetti, presidente di AB Agrivenatoria Biodiversitalia e Coldiretti Roma
Niccolò Sacchetti, presidente di AB Agrivenatoria Biodiversitalia e Coldiretti Roma, spiega perché il mondo agricolo sostiene la riforma e punta su un’alleanza tra cacciatori, agricoltori e ambientalisti.Far dialogare mondi rimasti troppo a lungo in opposizione. È questa la missione di presidente di AB Agrivenatoria Biodiversitalia, l’associazione presieduta da Niccolò Sacchetti, che si propone come punto di incontro tra due realtà storicamente contrapposte: il mondo venatorio e quello ambientalista. Un conflitto ideologico che per troppo tempo ha lasciato il mondo agricolo nel mezzo, privo di strumenti adeguati per affrontare le emergenze legate alla fauna selvatica, tutelare il paesaggio e garantire un equilibrio ecologico duraturo.Ora, di fronte alla proposta di riforma della legge 157/92, che da settimane agita il dibattito politico e mediatico, l’obiettivo è chiaro: costruire un modello condiviso di gestione del territorio, dove agricoltori, cacciatori e ambientalisti - pur con approcci diversi - possano convergere verso un’unica direzione: la cura attiva della biodiversità e del paesaggio italiano. Sacchetti, anche presidente di Coldiretti Roma, difende il ruolo degli agricoltori e invita a superare slogan e barricate ideologiche: «Non serve una guerra tra fazioni, ma un confronto serio fondato sulla scienza e sul buon senso».Nei giorni scorsi la bozza di riforma della legge 157, pubblicata dal Fatto Quotidiano, ha acceso un’ondata di polemiche. Come state vivendo questa fase?«Partiamo da un presupposto importante: la legge 157 è stata e resta un elemento di equilibrio. È frutto di un faticoso lavoro di mediazione e ha garantito per anni una sorta di pace tra mondo venatorio e ambientalista. Detto questo, è una norma che ha più di trent’anni e che, alla luce dei cambiamenti climatici, sociali e culturali, va aggiornata. Come Coldiretti ho partecipato ai lavori del Comitato tecnico faunistico nazionale, e ritengo coraggiosa la scelta del ministro Lollobrigida di affrontare un tema spinoso, che coinvolge emozioni e ideologia ma anche razionalità e buon senso. Una bozza ufficiale e credibile non l’ho ancora vista. Ma se una revisione della 157 servirà a dare più attenzione al mondo agricolo e alle difficoltà che viviamo, sarà benvenuta».Quali sono le urgenze che spingono verso una riforma?«Una su tutte: l’emergenza cinghiali, che riguarda sia la sovrappopolazione sia i danni alla fauna e la diffusione della Psa (Peste suina africana). La gestione deve passare anche dal mondo venatorio, altrimenti resta inefficace. E poi c’è il tema del lupo, che si sta discutendo a livello europeo anche in chiave di declassamento. La 157 tocca anche questi aspetti. Serve una legge aggiornata, che mantenga l’equilibrio originario ma che sia coerente con le sfide attuali».Il rischio, però, è che il dibattito degeneri in uno scontro ideologico più che scientifico. Condivide questa preoccupazione?«Assolutamente sì. In questi giorni ho sentito e letto di tutto. Alcune cose sono palesemente propaganda, altre vere e proprie distorsioni. Noi agricoltori siamo quelli che l’ambiente lo vivono e lo gestiscono ogni giorno. La caccia, la tutela del territorio, la biodiversità: tutto passa da chi lavora e presidia il paesaggio. È giusto discutere, ma su basi concrete e scientifiche. Non su emozioni o slogan».Si parla anche di una gestione più realistica del lupo. È un obiettivo compatibile con la tutela ambientale?«Sì, se parliamo di gestione intelligente. Lo stesso Ispra ha riconosciuto che in certe condizioni si può e si deve intervenire anche su una specie delicata come il lupo. Nessuno vuole sterminarlo, ma serve equilibrio. Le aree interne più marginali soffrono. E se non incentiviamo gli agricoltori a restare, lì si perde davvero biodiversità, territorio e cultura».Quanto è importante la nuova convergenza tra mondo agricolo e venatorio?«Non è importante: è cruciale. In altri Paesi europei questa alleanza esiste da tempo. In Italia è mancata. La nascita della nostra associazione, che mette insieme gestione agricola, attività venatoria e tutela ambientale, rappresenta un passaggio epocale. È il punto di partenza di un modello che può offrire soluzioni efficaci nel territorio nazionale».Alcune critiche parlano di rischio per la biodiversità. Come rispondete?«Dipende tutto da cosa ci sarà scritto nella legge. Se si farà una riforma seria, intelligente, equilibrata, non vedo alcun rischio. Anzi, la gestione moderna della fauna e del territorio può migliorare la biodiversità. Siamo tutti sullo stesso territorio: agricoltori, ambientalisti, cacciatori. E se le finalità convergono, ognuno con i propri strumenti, si può fare molto. Basta estremismi. Serve sostenibilità ambientale ed economica».Il Pd ha detto chiaramente: «La 157 non si tocca». Che ne pensa?«Credo che oggi il grande tema sia aspettare cosa uscirà veramente come proposta di legge e occorre basarsi su dati scientifici, su studi e fatti, né sulle speculazioni e sulle emozioni che su questo contesto hanno un ruolo importante. Non possiamo fare finta che non esistano perché è un tema che ci coglie nel profondo. Chi per la caccia e per la sua passione, chi per bisogno di tutelare e difendere gli animali e la natura. È un contesto che scuote molte emozioni, però su questo noi dobbiamo rimanere scientifici».Sarà un’estate calda sul fronte del dibattito?«Difficile dirlo, ma le polemiche non mancheranno. Quando arriverà un testo ufficiale, si potrà finalmente discutere su basi concrete. E lì, forse, il confronto sarà più utile per tutti».