2022-08-06
Zuppi ammicca sull’eutanasia e la surrogata
Su «Vanity Fair», il presidente della Cei condanna il suicidio assistito ma si dice pronto a celebrare le esequie di chi vi fa ricorso. Morbido anche sull’utero in affitto, definito «un problema» (ma è un reato). Da parte del cardinale, sembra una carezza alla sinistra.Matteo Zuppi, fresco di nomina al vertice della Conferenza episcopale italiana, si è precipitato a rilasciare dichiarazioni, e si è fatto pure ritrarre sotto i portici bolognesi con tanto di bicicletta in stile Don Matteo. Se questa è la tassa che ai preti oggi tocca pagare per risultare presentabili, il capo dei vescovi l’ha pagata con gli interessi, regalando i consueti, radiosi ammiccamenti a sinistra che mandano in sollucchero i progressisti più raffinati. Zuppi, nelle settimane passate, aveva già esibito un certo apprezzamento per l’Agenda Draghi, ma viene più forte il sospetto che egli preferisca l’agenda del Partito democratico. Infatti, per prima cosa, confeziona un glorioso spottone allo Ius scholae, spiegando che «la cittadinanza ai bambini che hanno frequentato le classi delle nostre scuole permette di legarli al nostro Paese, renderli “nostri”, offrire l’orgoglio di essere italiani e forse riscoprirlo anche noi». A suo dire, la misura tanto gradita ai dem «rappresenta un passo per uscire dall’approccio emergenziale e assistenziale e cominciare a affrontare il fenomeno migratorio in modo strutturale». Beh, a dire il vero se uno volesse davvero uscire dall’emergenza non avrebbe che da farsi piacere l’attuale legge sulla cittadinanza, che consente ai figli di stranieri di divenire italiani dopo un congruo periodo di tempo: che fretta c’è? Ma è evidente che non sia questo il problema. Il punto, semmai, è di nuovo tirare la volata agli amichetti sinistrorsi, il che risulta un tantino sgradevole, visto che non è certo la prima volta. Dopo l’immancabile predicozzo sull’integrazione e la necessità dell’accoglienza, il cardinale lesto si dedica a sgranare argomenti più scottanti, ovvero i cosiddetti temi etici (sui quali, dalla Chiesa, ci si attenderebbe una parola netta). Zuppi, va riconosciuto, non si discosta dalla dottrina e dalle parole del Papa. Però regala almeno due notizie. La prima tocca il suicidio assistito. Se Camillo Ruini, nel 2006, rifiutò di celebrare i funerali di Piergiorgio Welby, il pensiero di Zuppi è nettamente diverso. L’intervistatrice Silvia Bombino gli domanda se celebrerebbe le esequie di una persona morta per suicidio assistito, e il cardinale risponde con fermezza: «Sì». E subito dopo precisa: «La Chiesa non ammette l’eutanasia, ma chiede l’applicazione delle cure palliative. Si resta fino all’ultimo accanto all’amato, facendo di tutto per togliere la sofferenza del corpo e dello spirito, quindi senza alcun accanimento, ma difendendo sempre la dignità della persona».Non si può dire che si tratti di una apertura. Ma, volendo malignare, si può pensare che l’uscita sia un po’ furbetta. Zuppi senz’altro vuole ammorbidire i toni, ma non può non essere consapevole che in un momento come questo, nel pieno dell’offensiva frontale condotta dai radicali, le sue frasi potrebbero essere agilmente sfruttate dai sedicenti liberali per tirare acqua al proprio mulino. Del resto, scusate, ma perché chi sceglie il suicidio assistito dovrebbe essere così interessato a un funerale cattolico? Qui si apre un’ulteriore questione, leggermente più sottile. Non c’è dubbio che dirsi disponibili a celebrare le esequie di un suicida sia uno struggente gesto di pietà. Qualcuno potrebbe vederci anche una bella dose di carità cristiana. Dopo tutto, tanti di noi ancora si fanno commuovere dai versi di Fabrizio De André nella Ballata del Miché («Domani alle tre/ nella fossa comune sarà/ Senza il prete e la messa perché di un suicida/ non hanno pietà»). E allora così sia: è confortante sapere che la Chiesa sia capace di così tanto amore per i figli più fragili. Viene però da domandarsi: sono altrettanto amorevoli e pietosi i sostenitori del suicidio assistito? Sono altrettanto aperti e tolleranti? La risposta è no. Sono, anzi, violenti, ferocemente ostili alla concezione cristiana dell’esistenza (e talvolta pure all’esistenza tout court), e non mancano occasione di farlo notare. Pretendono diritti che, a ben vedere, diritti non sono, bensì specchietti che celano interessi più grandi e spietati. Dietro il suicidio assistito, per essere chiari, non c’è (soltanto) l’attenzione per chi soffre, ma soprattutto il desiderio di liberarsi dei sofferenti fastidiosi. Un discorso analogo si potrebbe affrontare riguardo a un’altra dichiarazione regalata da Zuppi a Vanity Fair. Interrogato (manco a dirlo) sulle faccende arcobaleno, il cardinale ha scodellato il secondo pensierino biforcuto. «All’interno della Chiesa del ddl Zan si è discusso moltissimo», ha detto. «Per esempio: la maternità surrogata è un problema? Sì, è un problema. Ma se mi chiedi di fare un battesimo a un bambino nato così ti rispondo: certo! Lo faccio. L’ho fatto». Anche qui, a permeare la superficie è l’amore. Per nessun motivo al mondo si dovrebbe negare il battesimo a un piccino. E certo spetta a Madre Chiesa elargire molta più comprensione di quanta non ne riceva. Però, insomma, la maternità surrogata - cioè l’utero in affitto - non è soltanto «un problema». È, prima di tutto, un reato. E poi un abominio. Una forma infame di sfruttamento del corpo femminile e infantile, una commercializzazione della vita, una bestialità sotto ogni punto di vista. Per quale motivo, quindi, il capo dei vescovi deve offrire il fianco alla manipolazione? Le sue risposte, in quel preciso contesto, vengono utilizzate per contribuire alla normalizzazione della surrogata, sono un primo passo lungo la via che conduce all’accettazione. L’amore e la comprensione, prima di tutto, come no. Ma alla lunga, soprattutto in assenza di adeguati contrappesi morali e spirituali, la comprensione per gli intolleranti e i violenti può venire scambiata per sudditanza. O, peggio, per complicità. Cosa che non è amorevole per niente