2023-03-04
Zone rosse, Speranza mentì ai pm. Zampa nel 2020: «Cts da liquidare»
L’ex sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa (Imagoeconomica)
L’uomo di Articolo 1: «Seppi del virus in Val Seriana il 3 marzo, non andavo alle riunioni». Bugie smascherate da Agostino Miozzo e Silvio Brusaferro. Intanto, il suo sottosegretario sputava su dicastero, Comitato e Iss: «Vanno cacciati».È il 12 giugno quando l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, viene sentito dai magistrati della Procura di Bergamo. Ai magistrati Speranza dichiara di aver avuto «per la prima volta conoscenza della diffusione del coronavirus in Val Seriana dalla lettura del verbale del Cts del 3 marzo 2020». Poi aggiunge che, prima di quella data, «il Cts non aveva mai sollevato formalmente la questione relativa alla zona rossa di Alzano e Nembro», sostenendo poi di ricordare che «in un verbale del 26 febbraio 2020 del Cts si evidenziava «che allo stato attuale il Cts ritiene che non vi siano le condizioni per l’estensione delle restrizioni a nuove aree né che siano necessarie ulteriori misure restrittive». Solo il 3 marzo, Speranza avrebbe ricevuto dal capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, «il verbale del Cts in cui si segnalava l’esigenza di adottare misure restrittive in Alzano e Nembro». Il primo a mettere in crisi la versione di Speranza è il coordinatore del Cts, Agostino Miozzo, che anticipa di un giorno la data in cui il ministro era stato messo a conoscenza della situazione: «Se ben ricordo, già il 2 marzo 2020, su richiesta del presidente del Consiglio, avevamo avuto un incontro ristretto tra lo stesso presidente del Consiglio, il ministro della Salute, Brusaferro e credo tutti i componenti del Cts. Di questo incontro non è stato redatto alcun documento», dice agli inquirenti. Dalla consultazione dei suoi appunti (che vengono consegnati ai magistrati), Miozzo ricostruisce come «in questa riunione si è fatto espressamente riferimento ai «numeri preoccupanti» dei Comuni di Alzano Lombardo e Nembro […]». La versione di Miozzo viene confermata ai pm da Silvio Brusaferro. Ma c’è di più. A Speranza, i magistrati chiedono anche se fosse a conoscenza di quali fossero le aree della Lombardia che il Cts il 26 febbraio aveva valutato di «delimitare ai fini della quarantena. Il ministro si smarca: «Io di regola non assisto alle riunioni del Cts e non ho partecipato, quindi, nemmeno a quella del 26 febbraio 2020; nessuno del Cts mi ha riferito di quali fossero le ulteriori aree della Regione Lombardia cui si fa riferimento in quel verbale». Gli inquirenti, però, evidenziano come «dalla lettura dei verbali del Cts, risulta, invece, che il ministro Speranza, nel periodo 21 febbraio/6 marzo 2020 abbia partecipato a sei riunioni del Cts, ossia il 21,22, 26 e 27 febbraio, nonché il 2 e 5 marzo». È certo che Speranza fosse nella sede della Protezione civile (dove aveva anche un suo ufficio) anche il 29 febbraio. Quel giorno, alle 11:11, Brusaferro scrive al ministro: «Dove ti trovo? Sono a Vitorchiano». Speranza risponde: «Stanza mia». Dalle chat, emerge anche quale opinione aveva degli esperti del Cts l’ex sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa. «Se le cose vanno meglio, questo è merito delle misure di lockdown assunte dal governo», dichiarava il 31 maggio 2020. Nel comunicato ministeriale, l’oggi senatrice del Pd diceva di sentire «il bisogno di esprimere ai componenti del Comitato tecnico scientifico la stima e la gratitudine mia, del governo e, sono certa, di tutti gli italiani». In realtà non la pensava così, la Zampa, almeno stando alle chat raccolte in tre anni di indagini della Procura di Bergamo. In una conversazione con Goffredo Zaccardi, allora capo di gabinetto di Speranza, il 2 novembre 2020 il sottosegretario scriveva: «Vergogna. Roberto (Speranza, ndr), deve liquidare il Cts […] vanno mandati via. Va istituita una unità di crisi presso il gabinetto del ministro che consulta Cts su proposte già formulate». Anche l’Istituto superiore della sanità era nel mirino della piddina, ex portavoce di Prodi. Dieci giorni prima, sempre in una chat con Zaccardi, scriveva: «Sono parecchio perplessa nel giudizio sull’Iss. Come si fa a passare da “abbiamo tutto sotto controllo” a “tra 15 giorni esplode tutto”? Sembra gente che capisce qualcosa quando gli arrivano i dati quando cioè è tardi stando al comportamento del coronavirus». È d’accordo con la Zampa, il potente capo di gabinetto che allora aveva 78 anni, eppure nell’agosto 2020 si era visto allungare il contratto con un’ordinanza della Protezione civile sull’emergenza. «Temo che tu abbia ragione», le risponde in chat. Non soddisfatta, il sottosegretario incalza: «Devi dire a Brusa (Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss, ndr) che le proiezioni dei dati ci servono prima che li vediamo da soli a occhio nudo». La Zampa voleva controllare i dati sui contagi prima che fossero resi pubblici? A fine ottobre, durante la seconda ondata torna alla carica contro i cosiddetti esperti. «Non sono all’altezza del compito. A cominciare dall’Iss […] tutto generico […] Iss deve diventare una macchina potente». Zaccardi conviene: «Va chiuso e sostituito». Lo scambio di messaggi sulla gestione della pandemia era iniziato già a febbraio, tra sottosegretario e capo di gabinetto. «Penso che sia evidente che da Ruocco (Giuseppe, ndr) in giù i nostri non sono stati all’altezza», commenta la Zampa il 23 di quel mese. Stava parlando dell’allora segretario generale del ministero della Salute, nominato da Borrelli componente del Cts, dove brillava per le sue assenze. Aggiunge: «Non ne farò parola con nessuno ma voglio che tu sappia che non ho più nessuna fiducia di questa gente. Compreso Ippolito (Giuseppe, l’allora direttore scientifico dello Spallanzani, ndr), che partecipa alle assemblee Pd per farsi pubblicità». Ne ha anche per il ministero della Salute, di cui è sottosegretario. «Goffredo, questi giorni drammatici ci hanno mostrato la inadeguatezza enorme dei nostri burocrati», scrive la mattina del 26 marzo. «Sono certa che anche tu lo pensi. Alcuni nostri del ministero poi sono tragicomici».
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