2021-01-31
Zingaretti vs Concita: è psicodramma dem
Concita De Gregorio (Ansa)
L'ex direttora dell'Unità bombarda da Repubblica il leader del Pd: «Brav'uomo ma vuoto, ologramma, sughero galleggiante». Lui, offeso, fa il Matteo Salvini su Facebook: «Lezioncina da sinistra radical chic». E i salotti si spaccano come ai tempi di Nanni Moretti.Peccato solo che ci sia il coprifuoco, e che il clima non sia ancora abbastanza mite. Altrimenti sai che cene infinite - sulle terrazze romane e in certi attici milanesi - a farsi rapire dall'ultimo, imperdibile dibattito? Ce li immaginiamo, nel cuore della notte - con un bicchierino di quello buono in mano, mentre la cameriera sparecchia - a indagarsi l'uno l'altro: «Ma tu, stai con Concita o con Zinga?». Che è un po' la versione 2021 dell'antico rovello liberal: «Con Woody o con Mia?». Roba da uscirne col cervello fritto e il cuore infranto. Meglio la solidarietà di categoria o le possibili prebende garantite dalla fedeltà al partito? Meglio lisciarsi la firma di punta (e di tacco) di Repubblica o il segretario? E soprattutto: che ne pensa Michele Serra di tutto ciò, perché ancora tace? Il sincero democratico sfoglia il giornale, compulsa Twitter, scorre i quotidiani online. Secondo dopo secondo, il dubbio gli si fa strada nelle vene, straziante: «Con Concita o con Zinga?». Tentare una risposta causerà, all'impegnato medio, un viaggio lisergico e doloroso tra i fantasmi del passato. Nelle case eleganti delle metropoli - ai piani elevati con classi energetiche ancora più elevate - l'atroce dubbio turberà i sonni. Sul parquet lucido - proprio a fianco della libreria che ospita la Bianca Einaudi e gli Adelphi in bella vista (ché arredano, si sa) - si staglieranno oscure ombre veltroniane. Davanti agli occhi di malcapitati editorialisti, organizzatori culturali, registi, poeti, scrittori, editori e perdigiorno assortiti si manifesterà - sulfurea - l'antica immagine di Nanni Moretti che grida: «Con questi dirigenti non vinceremo mai!». Moretti aveva ragione e torto insieme: con quei dirigenti (e nemmeno con questi) in effetti non hanno mai vinto; però hanno sempre governato lo stesso, tanto le elezioni sono un optional. Si potrebbe optare per la soluzione pilatesca anche nella sublime contesa Concita vs Zinga: hanno ragione entrambi. La Signora Grande Firma di Repubblica ha scritto un articolo senza prima assumere il Geffer. Risultato: da ogni riga suppurava disprezzo. Senti qui che prosa: «È gentilissimo, va detto. Leale, tanto una brava persona. E però ogni volta che inciampa esita traccheggia, tira fuori dalla tasca un foglietto da leggere, non trova l'uscita e qualcuno deve prendere per il gomito - per di qui, segretario - Nicola Zingaretti lascia dietro di sé l'eco malinconica di un vuoto. Come un ologramma, sorride e svanisce». Ragazzi, queste righe sono puro Zola: vivide come il romanziere, maleodoranti come il formaggio. E non è mica finita, perché Concita infierisce. Paragona il segretario del Pd a Chance il giardiniere, cioè l'umile protagonista di Oltre il giardino, un sempliciotto che viene scambiato per un intelligentone, tanto che c'è chi pensa di candidarlo alla presidenza degli Stati Uniti. Capite che qui siamo all'insulto letterario, il più crudele per chi da sempre rivendica la superiorità culturale. Ci scappano pure citazioni da Ligabue (il cantante): Zinga sarebbe il mediano, quello nato «senza i piedi buoni». Così la De Gregorio uccide un uomo morto. Concita Lecter ne ha anche per gli altri: «Il gran visir Bettini richiamato in servizio dalla Thailandia consiglia il suo ultimo pupillo dal grande letto del monolocale a Roma Nord, Veltroni si occupa giustamente di Sami Modiano e dell'Olocausto. D'Alema pare che ogni tanto dia un colpo di telefono». Si stava meglio quando si stava peggio, par di capire.E Zinga che fa? Mica può incassare senza dir niente. Ecco allora la trovata geniale: il segretario la butta sul populismo. Privo di ogni altro argomento, non trova di meglio che infilarsi nella spaccatura tra popolo ed élite, solitamente materia dei suoi odiati avversari. «Ho letto su Repubblica una pagina di Concita De Gregorio», scrive su Facebook. «Purtroppo ho visto solo l'eterno ritorno di una sinistra elitaria e radical chic che vuole sempre dare lezioni a tutti ma a noi ha lasciato macerie sulle quali stiamo ricostruendo». E ancora: «Chi fa un comizio in diretta dopo le consultazioni al Quirinale è un esempio, chi rispetta quel luogo una nullità. La prossima volta mi porto una chitarra». E perché no? Con i tromboni di cui si circonda farebbe una bella orchestrina.Però un po' lo capiamo, povero. Deve fargli male al fegato ricevere tali cattiverie dall'ex direttora dell'Unità, una che dovrebbe essere di famiglia: quanta ingratitudine, si sputa nel piatto dove si è mangiato dopo aver fatto la scarpetta. «Se Concita s'atteggia a Renzi», deve aver pensato Zinga, «io faccio Salvini». Ed ecco la bella tirata sulla sinistra al caviale, scollata dalla realtà e dalla «base». La superiorità morale, vien da dire, logora chi non ce l'ha. Le coltellate volano la mattina, già a ora di pranzo «segue dibbbbbattito». Col segretario si schierano i fedelissimi, scopertisi all'improvviso «gente del popolo»: «Le élite italiane non vogliono Conte. E non si capacitano che il Pd non fa quello che dicono loro ;)», twitta Emanuele Felice, responsabile economico del Pd. Persino tra i giornalisti c'è chi sceglie Zinga. Christian Rocca, ad esempio, rifila a Concita la più terribile delle scomuniche: «Argomenti da pensatoio di Maurizio Belpietro», zufola. «Ma come è stato possibile questo declino morale e civile del partito fondato da Walter Veltroni?». Tra i sostenitori della De Gregorio, invece, troviamo il politologo Massimiliano Panarari, editorialista della Stampa, che esprime massima solidarietà alla collega, forse conquistato dall'immagine da lei tratteggiata di Zingaretti che galleggia come un sughero. Vedremo nelle prossime ore da che lato del fiume si posizioneranno le altre roventi intelligenze dem, una volta sedato il sommovimento intestinale. In fondo, però, poco importa. Perché i contendenti hanno entrambi ragione: fa bene Concita a dire che la classe dirigente di sinistra è inadeguata e grottesca; fa bene Zinga a ricordare che a sinistra è pieno di radical chic spocchiosi al soldo delle peggiori élite. Sì, stavolta hanno ragione entrambi e nessuno ha torto. Dev'essere la prima volta, per i postcomunisti. Resta, in ogni caso, il delfico dilemma: stare con Concita o con Zinga? Che ne dite: almeno su questo vogliamo tornare a votare?