2023-02-11
Zelensky aizza la Nato sul razzo fantasma
Il presidente ucraino invoca la reazione militare dell’Alleanza al missile russo che (forse) avrebbe sorvolato la Romania. Il Donbass è quasi tutto in mano a Mosca: restano da espugnare solo due città. Vladimir Putin prepara una nuova ondata di attacchi.Gerusalemme, auto sulla folla. Travolti un bimbo e un ventenne. L’attentatore ucciso inneggiava sui social a Hezbollah.Lo speciale contiene due articoli.Ancora una volta si sfiora la guerra Russia-Nato per un missile che «sconfina» dal territorio ucraino. Come nel caso della Polonia, con il razzo russo abbattuto dalla contraerea ucraina e precipitato in un villaggio uccidendo due persone, anche il presunto sorvolo della Romania da parte di un missile ha rischiato di diventare il casus belli per l’allargamento del conflitto. Gli allarmi antiaerei sono scattati ieri in tutta l’Ucraina per un «massiccio attacco russo». Secondo le accuse di Kiev, Mosca avrebbe violato lo spazio aereo della Moldavia, ma anche quello della Romania, appunto, che è membro Nato. Le eventuali conseguenze sono note. L’articolo 5 del trattato Nato prevede l’intervento armato per legittima difesa se uno degli Stati membri dovesse essere attaccato. Zelensky ha insistito non poco sul fatto che «diversi missili russi hanno attraversato lo spazio aereo» dei due Paesi europei. «Questi missili sono una sfida alla Nato e alla sicurezza collettiva. È un terrore che può e deve essere stoppato. Il mondo deve fermarlo». Valeriy Zaluzhnyi, comandante in capo delle forze armate ucraine, ha confermato che 2 missili russi Kaliber lanciati dal Mar Nero sono entrati nello spazio aereo moldavo, poi sarebbero volati nello spazio aereo rumeno, prima di rientrare in Ucraina nel punto in cui i confini dei tre Paesi si incontrano. Per evitare epiloghi come quelli legati all’analogo incidente in Polonia, il portavoce dell’aeronautica militare ha specificato che Kiev avrebbe potuto abbattere i razzi russi ma ha scelto di non farlo. I due Paesi che sarebbero entrati nella traiettoria del missile, non concordano sulle affermazioni di Kiev. La Moldavia ha confermato che un missile, senza precisare se russo, ha sorvolato il suo spazio aereo, e che poi il suo ministro degli Esteri ha convocato l’ambasciatore russo a Chisinau, Oleg Vasnetsov. La Romania invece, non ha confermato il sorvolo di un missile russo sul suo spazio aereo. «Il sistema di sorveglianza dell’aeronautica rumena ha rilevato un bersaglio aereo, probabilmente un missile da crociera lanciato da una nave russa nel Mar Nero vicino alla Crimea, ma la traiettoria del bersaglio più vicina allo spazio aereo della Romania è stata registrata dal radar a circa 35 km a nord-est del confine». Proprio in questo momento così difficile per il suo Paese, si è dimessa la premier moldava, Natalia Gavrilita, motivando la scelta con «la mancanza di supporto nei gangli della politica e della burocrazia moldava». Il Paese è in profonda crisi energetica per la guerra in Ucraina e la crescente inflazione, con il prezzo dell’elettricità triplicatosi dal 2021. Gavrilita si era lamentata anche della «guerra ibrida» che la Russia sta conducendo con la sponsorizzazione di proteste antigovernative. Dorin Recean, segretario del Consiglio di sicurezza nazionale della Moldavia, è stato nominato nuovo primo ministro. Mentre i problemi attanagliano le zone al confine con l’Ucraina, Putin si prepara a parlare in Parlamento, il prossimo 21 febbraio, della «operazione speciale». Indiscrezioni vogliono che il presidente russo intenda rassicurare l’opinione pubblica del suo Paese sul fatto che non ci sarà nulla da temere, sia sul lato economico, sia su quello sociale e dell’incolumità fisica. Come le intelligence di tutto il mondo rilevano, Mosca si prepara infatti a sferrare attacchi sempre più ampi e si aspetta mosse di Kiev in territorio russo, quindi il senso del discorso sarà che «i normali cittadini non devono preoccuparsi, perché le armi moderne li proteggeranno». Mosca ribadirà di non essere preoccupata degli aiuti militari dell’Occidente, né delle sanzioni inflitte, dato che la sua economia non ne ha risentito troppo. Sul piano della politica estera, Putin parlerà del nuovo «mondo multipolare», delle «politiche anticoloniali», nonché degli «esempi riusciti di sostituzione delle importazioni» e di altri «successi» nella cooperazione con Paesi non occidentali. Kiev, nel frattempo, non abbassa i toni e si dice pronta a utilizzare i missili britannici a lungo raggio per colpire la Crimea. Sul campo, però, il Donbass sta cadendo sempre di più in mani russe e, di fronte all’avanzata nemica, Kiev si «aggrappa» a due centri considerati strategici per differenti ragioni: Vuhledar e Kramatorsk. Vuhledar, bastione nella regione di Donetsk controllato dagli ucraini, all’incrocio tra la linea del fronte orientale e quella meridionale, costituisce una testa di ponte per una futura controffensiva ucraina verso il corridoio della Crimea che i russi vogliono evitare con ogni mezzo. Ieri le forze di Mosca avrebbero perso dozzine di veicoli corazzati in un unico attacco fallito vicino alla città, secondo gli ucraini. I russi dichiarano invece di aver preso il controllo di alcuni sobborghi delle cittadine di Vuhledar e Bakhmut. Più a nord, l’ultimo baluardo per gli ucraini è Kramatorsk. Kiev non può dirlo, ma considererebbe il Donbass perso, se la città cadesse. La sua conquista permetterebbe a Mosca di tagliare fuori dalla regione le forze ucraine e di impossessarsi di uno snodo viario e ferroviario fondamentale. Il governo ucraino, intanto, ha rimosso sei viceministri, fra cui tutti e cinque i viceministri degli Interni. Si tratta di Mary Hakopyan, Ihor Bondarenko, Serhiy Goncharov, Bohdan Drapyaty, Kateryna Pavlichenko. Stessa sorte per il viceministro dell’Economia, Denys Kudin, e per Olga Rabiychuk, vice capo dell’Agenzia per lo sviluppo del turismo e della digitalizzazione.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/zelensky-nato-missili-2659402785.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="raid-terroristico-a-gerusalemme-auto-piomba-sulla-folla-due-morti" data-post-id="2659402785" data-published-at="1676102731" data-use-pagination="False"> Raid terroristico a Gerusalemme Auto piomba sulla folla: due morti Un bambino di sei anni e un uomo di 20 sono stati uccisi e altre cinque persone sono rimaste ferite in un attacco terroristico avvenuto ieri mattina nei pressi del quartiere Ramot di Gerusalemme (Israele). Il terrorista, identificato come Hussein Khaled Qaraqe, trentunenne residente nel quartiere Isawiya di Gerusalemme est, li ha investiti nei pressi di una fermata dell’autobus all’ingresso del quartiere Ramot. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo sul suo account Facebook negli ultimi mesi ha pubblicato una serie di post che glorificano Hezbollah e i terroristi palestinesi, incluso un post nel quale definisce «eroe» il terrorista che ha condotto l’attacco al checkpoint di Shuafat il 9 ottobre 2022 (bilancio dell’attacco: una soldatessa morta e due feriti gravi). Un poliziotto fuori servizio e altri agenti che sono arrivati sulla scena subito dopo l’attacco hanno sparato al terrorista uccidendolo. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha deciso subito poco dopo l’attacco di demolire la casa del terrorista palestinese ed ha espresso le sue condoglianze alle famiglie delle vittime: «Ho condotto una valutazione della situazione della sicurezza e ho ordinato alle forze di sicurezza il rafforzamento delle misure di protezione e di agire immediatamente per sigillare la casa del terrorista e demolirla. La nostra risposta al terrorismo è colpirlo con tutte le nostre forze e rafforzare ancora di più il nostro Paese». La vittima di 20 anni è stata identificata come Alter Shlomo Laderman, che si era sposato solo circa due mesi fa, mentre il bambino di sei anni si chiamava Yaakov Israel Pally, residente nel quartiere Ramot. Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, arrivato sulla scena poco dopo l’attacco, ha dichiarato: «Non ci sono eventi più difficili di questi. Ringrazio il primo ministro per aver adottato la mia politica di sigillare la casa il più rapidamente possibile». Il ministro ha inoltre affermato di voler introdurre la pena di morte per i terroristi e ha annunciato di presentare nei prossimi giorni un disegno di legge grazie al quale la polizia possa perquisire le case anche senza un mandato: «Basta con l’approccio che se facciamo qualcosa li faremo arrabbiare. Basta! Ora ci sono attacchi terroristici». Poche ore dopo l’attacco, il ministro della Difesa Yoav Galant ha annunciato la decisione di imporre sanzioni finanziarie a 87 terroristi e alle loro famiglie residenti a Gerusalemme est. Galant ha firmato mandati di sequestro pari a 265.000 euro appartenenti a prigionieri palestinesi che ricevono ogni mese un pagamento dall’Autorità palestinese come «ricompensa» per il loro coinvolgimento nel terrorismo. Anche l’Isis è tornato a chiedere la morte degli ebrei e nel penultimo numero del settimanale al-Naba uscito Il 2 febbraio 2023, c’è un editoriale intitolato «Uccidi gli ebrei» che chiede ai musulmani di tutto il mondo di compiere contro di loro attacchi terroristici. L’attentato arriva in un momento molto delicato sul fronte delle politica interna dello Stato ebraico visto che nelle prossime settimane la coalizione guidata da Netanyahu si appresta ad approvare una riforma che rivoluzionerà il sistema giudiziario del Paese che sta però incontrando molte resistenze. L’obbiettivo dichiarato del governo è quello di limitare la capacità e di conseguenza l’interventismo della Corte Suprema israeliana di sorvegliare il potere esecutivo e legislativo. In particolare con la nuova legge si introduce quella che è definita «la clausola di superamento» che consentirà al parlamento israeliano di scavalcare con una maggioranza semplice (61 voti su 120) le sentenze della Corte suprema. Per la coalizione governativa questa legge è assolutamente necessaria e intende tirare dritto mentre chi si oppone parla di «danno irrimediabile all’equilibrio tra poteri e alla democrazia».
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
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La Fondazione per la scuola italiana, ente non profit finanziato da privati, ha lanciato un bando da 600mila euro per sostenere le venti filiere più significative del modello di formazione tecnico-professionale 4+2. L’iniziativa è realizzata con il supporto scientifico dell’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (Indire).
Con l’ultimo Decreto legge Scuola, il percorso 4+2 — che consente di conseguire il diploma in quattro anni e proseguire con due anni di specializzazione presso gli ITS Academy — è entrato a regime, affiancando i tradizionali percorsi quinquennali. Il bando è rivolto agli istituti capofila che abbiano sottoscritto un accordo di rete con gli altri soggetti della filiera. Le candidature devono essere presentate entro il 24 ottobre e saranno valutate da una commissione di esperti nominata dalla Fondazione.
La graduatoria terrà conto di diversi criteri, tra cui il numero di ore di laboratorio nelle discipline STEM e nelle imprese, la progettazione di unità didattiche interdisciplinari, la formazione specifica dei docenti, il sistema di monitoraggio, i progetti di economia circolare e quelli di internazionalizzazione. Le venti filiere vincitrici, selezionate nel limite di cinque per indirizzo e tre per regione, potranno investire i fondi per rafforzare la didattica innovativa, avviare programmi di scambio con l’estero e potenziare l’orientamento dei diplomati.
«L’obiettivo non è solo premiare i progetti più efficaci, ma diffondere buone pratiche replicabili a livello nazionale», ha spiegato il presidente della Fondazione, Stefano Simontacchi, sottolineando anche l’attenzione alle aree svantaggiate nella ripartizione dei fondi.
Secondo Francesco Manfredi, presidente di Indire, il consolidamento del modello 4+2 passa da «un accompagnamento scientifico qualificato, monitoraggi costanti e un lavoro metodologico condiviso». L’obiettivo è costruire percorsi formativi capaci di rispondere meglio alle esigenze culturali e professionali delle nuove generazioni.
Il bando si inserisce nell’accordo tra la Fondazione e Indire per l’attuazione del Piano nazionale di accompagnamento alla sperimentazione della filiera tecnologico-professionale. Parallelamente, la Fondazione porta avanti il programma EduCare per sostenere singole scuole con progetti su laboratori didattici, efficientamento energetico e sicurezza infrastrutturale.
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