2021-04-09
Zaia apre una crepa nel fronte del no. «La legge Zan prima o poi passerà»
Il governatore del Veneto: «Vale il principio della civile convivenza. Verrà trovata la migliore soluzione» Nessuna rottura: sui temi etici sia in Forza Italia sia nella Lega c’è totale libertà di opinione e di espressione«La tua vita finisce dove comincia la mia. E ci vuole sempre il rispetto di mezzo». Il principio illuminista che guida il vasto fronte degli scettici nei confronti del decreto Zan (determinato al contrario a favorire per legge l’ideologia gender) è il caposaldo della posizione di Luca Zaia che sta facendo parecchio discutere. Sollecitato da un giornalista, il governatore del Veneto è intervenuto nel dibattito sottolineando che «prima o poi questo provvedimento verrà realizzato», e si è posto tra i favorevoli. Una sorpresa solo parziale, perché già due anni fa al congresso mondiale delle famiglie a Verona aveva detto: «Se c’è una patologia è l’omofobia, non l’omosessualità». Ora ha messo il punto sul suo pensiero: «Vedo che c’è un dibattito trasversale e non coinvolge solo la Lega. Penso che il principio della civile convivenza sia sempre lo stesso. Verrà trovata la migliore soluzione e credo che non ci sia nessuno che vorrà negare l’evidenza. Le libertà devono essere garantite a tutti». Lo stesso Zaia ha ben presenti le problematiche di opportunità del momento e ha aggiunto: «Ci saranno delle sfumature giuridiche che verranno valutate. Nessuno si oppone in linea di principio». Per caratura politica e prestigio personale, la posizione di Zaia non può essere minimizzata e arriva a creare una dialettica tematica all’interno del fronte del no, anche perché sui temi etici sia in Forza Italia sia nella Lega c’è totale libertà di opinione e di espressione. Ma non cambia nulla riguardo alle perplessità del centrodestra a una calendarizzazione immediata del dibattito, invece fortemente voluta dalla sinistra del cosiddetto governo di unità nazionale proprio per creare un motivo di attrito nella maggioranza. Quella del Pd è una strategia guerrigliera stile vietcong davanti alla quale la Lega fa muro, nella consapevolezza che il dossier portato avanti dal deputato dem e attivista Lgbt Alessandro Zan (approvato alla Camera durante il governo Conte bis) sia tutt’altro che indispensabile in questa fase della vita del Paese, ancora sotto attacco del Covid, impegnato nella campagna vaccinale, piegato dalle conseguenze economiche e sociali dell’emergenza sanitaria e con la priorità del ritorno alla vita. L’accelerazione sui temi più divisivi - dallo ius soli al voto ai sedicenni - è stata finora la cifra principale del nuovo segretario del Pd Enrico Letta, che evidentemente punta a destabilizzare il governo di Mario Draghi al quale peraltro dà vita con tre ministri.Di ben diverso parere, sulle priorità italiane del momento e sul tema specifico, è appunto la Lega, che con il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo ha fatto notare: «Sarebbe una bomba nella maggioranza di unità nazionale». Per poi offrire una fotografia realistica e saggia del problema: «Non permetterei mai a mio figlio di insultare una persona gay». Il braccio di ferro parlamentare continua, la pressione del mondo dello spettacolo è molto forte (l’emendamento Fedez «chi è contrario è oscurantista» va oltre il folclore) ma per fortuna sarà la commissione Giustizia di Palazzo Madama a decidere le tempistiche. In realtà il decreto Zan sull’omotransfobia non va a riempire un vuoto o a sanare un vulnus, è semplicemente una bandiera da sventolare per sentirsi al passo con il politicamente corretto e con le esigenze della way of life arcobaleno. Fin da ora il codice penale norma compiutamente il perimetro dei diritti civili e sanziona ogni abuso rendendo superflua ogni «superfetazione legislativa». Il rischio, con la legge Zan, è l’entrata in vigore di regole per le quali vengano applicate sanzioni penali a chiunque manifesti un pensiero ritenuto in contrasto con la teoria del gender. Nel caso in cui la legge passasse potrebbe essere considerato discriminatorio affermare il principio antropologico della differenza fra maschio e femmina. E il sospetto di omofobia, spinto dal fanatismo di una minoranza rumorosa, finirebbe per pervadere la vita quotidiana. Basterebbe affermare la convinzione che un bambino, per una equilibrata crescita psicofisica, si relazioni a due figure genitoriali di sesso diverso, per finire nel girone infernale della giustizia. E, come teme anche il Vaticano, ci sarebbe il rischio di essere processati per il solo fatto di non condividere una teoria che contrasta con i risultati delle neuroscienze.«Con lo scopo di combattere le discriminazioni, il decreto introduce una discriminazione di opinioni e viola il principio fondamentale della libertà di espressione del pensiero. Il risultato finale è che, all’insegna della tutela della libertà della sfera privata di alcuni, si comprime la libertà della sfera pubblica di tutti». Resta valido l’appello di 25 fra politici e intellettuali, fra i quali Eugenia Roccella, Marcello Pera, Alfredo Mantovano, Maurizio Sacconi e Stefano Parisi, che restituisce al tema una sua dimensione reale. Ha un limite invalicabile, non è firmato dai Ferragnez.