2025-07-03
Vita e idee di Francis Parker Yockey, il misterioso «Spengler americano»
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L’autore statunitense resta una delle figure più complesse e meno conosciute della storia delle idee radicali del secondo Novecento.Francis Parker Yockey, spesso definito lo Spengler americano, è una delle figure più enigmatiche e misteriose della destra radicale del dopoguerra. La sua stessa parabola biografica è punteggiata di episodi da film, in cui non è sempre facile distinguere verità e leggenda. Nato nel 1917 a Chicago, il più giovane di quattro fratelli in una famiglia cattolica della classe medio-alta di origine irlandese e tedesca, Yockey fu affascinato da giovanissimo dal marxismo, salvo poi virare verso il pensiero rivoluzionario-conservatore o l’aperto fascismo. Tra i suoi riferimenti preferiti vi erano lo stesso Spengler, Schmitt e Hausofer. Negli anni Trenta divenne un aperto sostenitore dell’Asse. Arruolatosi nel 1942 con l’esercito americano, fu accusato di aver aiutato delle spie tedesche in America. Fu infine congedato per la sua personalità definita paranoica. In modo abbastanza misterioso, visti tali precedenti, finì a fare l’avvocato revisore post-processuale per i processi di Norimberga, ma anche questa esperienza terminò quando fu sospettato di parteggiare per gli imputati.Yockey scrisse, con lo pseudonimo di Ulick Varange, il suo primo libro, Imperium: The Philosophy of History and Politics, a Brittas Bay, in Irlanda, durante l'inverno e l'inizio della primavera del 1948. Si tratta di un ampio affresco storico che vorrebbe avere il respiro del Tramonto dell’Occidente, ma che resta il lavoro di un autodidatta, seppur con punte di acutezza. Strinse poi contatti con varie realtà radicali d’Europa e degli Usa. In seguito, di nuovo sorprendentemente, avrebbe collaborato con l’intelligence dei Paesi del blocco comunista, oltre che con l’Egitto di Nasser. Nel 1960, dopo che fu beccato in aeroporto con la valigia piena di documenti falsi, fu arrestato. Yockey fu trovato morto poco dopo con una capsula di cianuro vuota nelle vicinanze mentre si trovava in una cella di prigione a San Francisco sotto la supervisione dell'Fbi. Una morte sospetta e piena di interrogativi, come del resto era stata tutta la sua vita.In italiano, Imperium non è mai stato tradotto. Le edizioni di Passaggio al bosco, in compenso, hanno pubblicato il libretto Il nemico dell’Europa, tratto da una serie di appunti originariamente pensati per far parte dell’opera capitale. Una delle cose che colpisce in questo testo, già dalle prime pagine, è l’estrema sfiducia dell’autore nei confronti degli Usa, unitamente a una forte apertura di credito nei confronti dell’Urss (siamo, ricordiamolo, nell’immediato dopoguerra). In modo decisamente unilaterale, Yockey vedeva nelle purghe staliniane un tentativo di superare il bolscevismo e tornare alle radici etniche della Russia. Viceversa, l’America sembra ai suoi occhi perduta. «L’Europa», scrive, «non può riporre le proprie speranze in questa Resistenza americana. Per obiettivi di natura politica la White America che ancora sussisteva negli anni Venti ha cessato di esistere oggigiorno. È ardua in un eventuale futuro la rinascita di questo spirito. In ogni caso l'Europa non può permettersi il lusso di sognare una rivoluzione americana, guidata da elementi pro europei perché porterà ad una liberazione dell'Europa».Yockey auspica la fine della «occupazione americana» in Europa e l’affermarsi di quest’ultima come potenza continentale autonoma, criticando aspramente il piccolo nazionalismo. Il suo modo di scrivere e argomentare è peculiare, pieno di concetti creati per l’occasione, di formule con la maiuscola calate dall’alto come verità assolute. L’analisi è talvolta penetrante, ma spesso unilaterale, ideologica, piena di tesi da far quadrare a tutti i costi. Ad ogni modo, Francis Parker Yockey resta una delle figure meno conosciute della storia delle idee radicali del Novecento.