Oggi si vota il presidente. Il quorum è a 361 seggi, la coalizione tra Ppe, socialisti e liberali ne ha solo 401. Coi Verdi si supererebbero i 450, Giorgia Meloni potrebbe essere decisiva per salvarla. Oppure affossarla.
Oggi si vota il presidente. Il quorum è a 361 seggi, la coalizione tra Ppe, socialisti e liberali ne ha solo 401. Coi Verdi si supererebbero i 450, Giorgia Meloni potrebbe essere decisiva per salvarla. Oppure affossarla. È il giorno di Ursula, e pure il giorno di Giorgia. Oggi alle 13 il Parlamento europeo in seduta plenaria a Strasburgo si esprimerà sul secondo mandato da presidente della Commissione per Ursula von der Leyen. Soglia minima da raggiungere per la riconferma della tedesca dagli occhi di ghiaccio: 361 voti favorevoli su 720 eurodeputati. L’astensione vale come voto contrario. Popolari, socialisti e liberali hanno deciso i top jobs europei (Von der Leyen alla guida, il socialista portoghese Antonio Costa presidente del Consiglio europeo, la liberale estone Kaja Kallas come alta rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza) in beata solitudine, e dispongono di 401 voti. Pochi, considerato che la media dei franchi tiratori, ovvero dei deputati europei che nel segreto dell’urna non rispettano le indicazioni dei gruppi, si aggira intorno al 15%. Occorre allargare il perimetro per evitare un flop che rappresenterebbe uno sconquasso. I Verdi, che hanno 53 europarlamentari, hanno già fatto capire che il loro orientamento è favorevole, e siamo a 454. Per non correre rischi, comunque, la Von der Leyen avrebbe bisogno anche dei 24 eurodeputati di Fratelli d’Italia, che fanno parte del gruppo dei conservatori, tra i quali i polacchi, i francesi e i rumeni hanno già annunciato il voto contrario; i belgi e i cechi quello favorevole. Che farà Giorgia Meloni, che di Ecr è presidente? Non si sa: quello che si sa è che ieri popolari, socialisti, liberali, verdi e Ecr hanno sottoscritto e approvato una risoluzione sull’Ucraina che chiede alla Ue di «mantenere ed estendere la sua politica di sanzioni nei confronti della Russia e della Bielorussia», e all’Ue e agli Stati membri «di aumentare il loro sostegno militare all’Ucraina per tutto il tempo necessario e in qualsiasi forma necessaria». I parlamentari europei «invitano inoltre la Commissione europea», si legge nel testo della risoluzione, «a proporre un’assistenza finanziaria a lungo termine per la ricostruzione dell’Ucraina. Il Parlamento europeo ribadisce la sua precedente posizione secondo cui tutti gli Stati membri dell’Ue e gli alleati della Nato dovrebbero impegnarsi collettivamente e individualmente a sostenere l’Ucraina militarmente con almeno lo 0,25% del loro Pil annuo; sostiene fermamente l’eliminazione delle restrizioni all’uso dei sistemi di armi occidentali forniti all’Ucraina contro obiettivi militari sul territorio russo». Una risoluzione durissima anche nei confronti di Viktor Orbán: «Il barbaro attacco missilistico della Russia contro l’ospedale pediatrico Okhmadyt di Kiev», si legge, «e la recente visita del primo ministro ungherese Viktor Orbán nella Federazione russa, che non rappresenta l’Ue e costituisce una palese violazione dei trattati dell’Ue e della politica estera comune, e ritiene che a tale violazione dovrebbero seguire ripercussioni». Fratelli d’Italia ha precisato di aver votato contro il punto su Orbán: «Fratelli d'Italia ha votato a favore della risoluzione sul supporto all’Ucraina, ribadendo il proprio sostegno a Kiev e al popolo ucraino», ha spiegato il capodelegazione di Fdi Carlo Fidanza, «quanto al paragrafo relativo alle iniziative del primo ministro ungherese Orbán, pur avendole già giudicate in maniera critica nei giorni scorsi, abbiamo votato contro la prima parte che conteneva un attacco strumentale al governo ungherese». I patrioti, il gruppo di Orbán, Marine Le Pen e Matteo Salvini, hanno votato contro, così come il M5s e i Verdi italiani. Quanto accaduto rende bene l’incertezza che regna in Fdi: a quanto ci risulta, l’orientamento di Ecr sarebbe di votare contro la Von der Leyen lasciando libertà di coscienza alle singole delegazioni. Ieri in Fdi la tendenza era verso il «no» a Ursula, ma in tarda serata c’è stata una riunione del gruppo per decidere il da farsi. La Meloni, ricordiamolo, al Consiglio europeo si è astenuta su Ursula e ha votato contro Costa e Kallas. Il problema, come dicevamo, è che oggi astenersi vorrebbe dire votare contro. C’è anche la questione del commissario europeo: l’Italia, con Raffaele Fitto, ambisce a una nomina di peso, con annessa vicepresidenza, ma un voto contrario a Ursula potrebbe penalizzare il candidato italiano in pectore a una poltrona europea importante. «È il nostro candidato, è il cavallo che sta correndo, facciamo il tifo per lui», ha detto ieri riguardo a Fitto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Dal punto di vista della comunicazione gestire un «sì» a una Commissione in perfetta continuità con quella precedente, contro la quale la Meloni ha condotto tutta la campagna elettorale, sarebbe complicato per gli spin doctor del partito e di Palazzo Chigi, che dovrebbero fronteggiare l’offensiva mediatica e politica della Lega di Matteo Salvini, schierata convintamente sul fronte del «no». «La Lega voterà contro», ha sottolineato ieri Salvini, «e lo ribadiamo. Si sta sbilanciando incredibilmente a sinistra. Ogni partito farà le sue scelte e nessuna scelta metterà in discussione la politica nazionale e la compattezza del governo. Noi siamo assolutamente contro il raddoppio di quello che è stato un mandato disastroso. Un appello a Giorgia Meloni? No», ha aggiunto Salvini, «ognuno è libero di scegliere in base alla sua sensibilità. Come Lega avevo promesso che avremmo votato contro e infatti votiamo contro facendo parte del terzo gruppo al parlamento europeo». Grande è la confusione sotto il cielo, al punto il Dipartimento organizzazione del partito ha inviato a iscritti e militanti un sondaggio nel quale si chiede il loro parere sul da farsi, in perfetto stile M5s.
(Ansa)
Il ministro degli Esteri: «Stiamo lavorando per riportare a casa lui e gli altri detenuti politici. L’altro giorno il nostro ambasciatore ha avuto la possibilità di incontrare Alberto Trentini e un altro italiano detenuto in Venezuela, e ha parlato con loro. Trentini è sì detenuto, ma è stato trovato in condizioni migliori rispetto all’ultima volta in cui era stato visto». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, parlando dell’attivista trattenuto in Venezuela, a margine dell’assemblea di Noi Moderati in corso a Roma. «La famiglia è stata informata – ha aggiunto – e questo dimostra che stiamo seguendo la vicenda con la massima attenzione. Il ministero degli Esteri, come tutto il governo, se ne occupa con grande scrupolo. Stiamo lavorando per riportarlo a casa. Non è un’impresa facile: basta guardare la situazione internazionale».
Uno scatto della famiglia anglo-australiana, che viveva nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti (Ansa)
La maggioranza degli italiani sta con i Trevallion, i cui figli sono stati strappati al bosco e al padre, ma i media cattolici o sono tiepidi o difendono i giudici. «Avvenire», il quotidiano dei vescovi, preferisce promuovere l’educazione affettiva nelle scuole.
Secondo il sondaggio realizzato da Alessandra Ghisleri per La Stampa, la metà degli italiani solidarizza con la famiglia del bosco. Il 44% degli interpellati nella rilevazione sostiene che i giudici del Tribunale dei minori dell’Aquila siano intervenuti andando oltre i limiti, il 49,8% ritiene che sia stato un errore allontanare i figli dal padre e il 49,7% pensa che i genitori debbano essere parzialmente liberi di scegliere uno stile di vita alternativo per i figli. In buona sostanza, sembra di capire che anche chi non condivide del tutto le scelte radicali dei genitori Trevallion sia comunque convinto che l’allontanamento dei bambini sia stato un atto violento che si poteva e doveva evitare.
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La denuncia di Fdi, che raccoglie le proteste dei genitori: «Nessuno ci ha coinvolti».
«Ai nostri bambini all’asilo hanno dato delle Scosse: sono gli attivisti di un’associazione che così si chiama che illustrano a bambini quasi neonati libretti che parlano di genitori omosessuali, di utero in affitto. L’educatrice è entrata ha fatto una lezione su questi temi incomprensibili per i nostri figli che frequentano il nido. Abbiamo chiesto spiegazioni, ma niente: un muro di gomma». Accade a Roma, ma purtroppo in tutta Italia. E poi ci si chiede perché la famiglia nel bosco è finita sotto la lente della giustizia e le «cure» (si fa molto per dire) delle assistenti sociali.
Francesca Albanese (Ansa). Nel riquadro il murales che la ritrae con Greta Thunberg, abbracciate da un miliziano di Hamas, e lo stesso graffito vandalizzato
I graffiti piacciono solo se rossi: oscurato quello che la ritrae con un membro di Hamas.
Se penso alla perfetta radical chic penso proprio a Francesca Albanese. Look da radical chic. Puzza sotto il naso da radical chic. Arroganza da radical chic. La Albanese possiede anche il tocco sublime della perfetta radical chic, possiede cioè quella capacità di cantare le «cretinate in diesis», cioè con quel pezzetto di nota aggiuntivo che gli stessi compagni non sanno se è una stonatura o una raffinatezza. Perché lei è parecchio divisiva anche a sinistra: adorata da quel pezzo che crede di aver capito tutto della vita; stucchevole per chi invece ne ha le scatole piene di questa sinistra qui (è un pezzo che non conta granché).






