2024-02-22
Volkswagen «Golf»: il mezzo secolo di una tedesca dal design italiano
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La «Golf» prima serie del 1974 (Volkswagen Press)
Cinquant’anni fa la due volumi di Wolfsburg fece il suo debutto. Lo stile di Giugiaro e l’affidabilità teutonica ne fecero un’icona intramontabile.Fino al 1974 la Volkswagen era indentificata in tutto il mondo con il vecchio «Maggiolino», per i tedeschi il Käfer, per gli anglofoni il «Bug». All’inizio degli anni Settanta, quella vettura «del popolo» dal disegno nato nel 1935 dalla matita di Ferdinand Porsche appariva alquanto vetusta, con il suo motore posteriore scoppiettante raffreddato ad aria e i parafanghi a sbalzo come voleva lo stile prebellico, anche se era stata la vettura simbolo della rinascita della Repubblica Federale Tedesca. La casa di Wolfsburg, che ne aveva fatto la base per tutti gli altri modelli compresi i furgoni, era rimasta indietro di almeno un ventennio rispetto alle concorrenti europee. Per questo motivo, i vertici della Volkswagen si erano mossi con cautela alla fine degli anni Sessanta per rinnovare la gamma soprattutto da un punto di vista tecnico, senza detronizzare tuttavia il vecchio ma ancora resistente Maggiolino. Lo fecero con una berlina di fascia medio alta e con una sportiva, rispettivamente la «Passat» e la «Scirocco», che gettarono le basi per il lancio della «Golf» pochi mesi prima. Le due nuove Volkswagen erano accomunate per la prima volta da un motore anteriore quattro cilindri raffreddato a liquido, così come la trazione era sulle ruote davanti. Dagli interni sobri e ben assemblati, le due nuove vetture differivano totalmente dalla gamma derivata dal Maggiolino anche nel design, che fu affidato all’italiano Giorgetto Giugiaro.La Italdesign si occupò anche delle forme della Golf, terza novità presentata nel 1974, quando già gli effetti della crisi petrolifera avevano fatto tremare le grandi case automobilistiche mondiali. Le linee disegnate da Giugiaro interpretavano a pieno lo stile del decennio: spigolose, ma attenuate da un frontale filante e dai proiettori circolari. Ampie le vetrature, che garantivano una buona visibilità sia laterale che posteriore. La parte posteriore era invece caratterizzata da un elemento che avrebbe preso piede dagli anni Settanta in avanti, ossia il portellone posteriore che faceva della Golf una «tre o cinque porte» con una ottima accessibilità al bagagliaio, che con i sedili posteriori reclinati raddoppiava la già considerevole capacità di 350 litri. La prima Golf era proposta con due motorizzazioni: un 1.093 cc. da 50Cv e un 1.471 cc. da 70 Cv per una velocità massima rispettivamente di 140 e 160 km/h, nella media delle concorrenti dell’epoca. Anche i consumi, che oggi sarebbero considerati eccessivi, rientravano nei parametri post-shock petrolifero: 8 litri per 100 km la 1.1 e 8,5 litri per la 1.4, decisamente più brillante. Per entrambe le motorizzazioni era prevista l’unica trasmissione manuale a 4 marce. Il prezzo al pubblico, pur essendo una macchina di importazione, si affiancava in Italia a quello della concorrente Alfasud: circa 2 milioni di lire per la 1.100 base. Due gli allestimenti, uno più spartano e una versione lusso (L per la motorizzazione da 1,1 litri e LS per la 1,5 litri). Sin dal suo esordio, la Golf fu pubblicizzata dalla casa madre come una macchina economica soprattutto dal punto di vista della manutenzione. Sui giornali che ne annunciavano il lancio, fu sottolineato il fatto che la nuova Volkswagen necessitava di un «solo» cambio olio ogni 7.500 km e che i componenti di motore e carrozzeria erano facilmente sostituibili, riducendo così le ore di manodopera. Partì dunque in sordina, presentandosi come macchina per le famiglie e anticrisi, la storia di un’automobile che presto diventerà uno status symbol soprattutto tra i giovani per la sua vocazione aggressiva e sportiva. Ma quest’ultima arriverà soltanto con l’introduzione di nuove e più prestanti motorizzazioni. Era il 1975 quando l’ingegnere della Volkswagen Alfons Lowenberg concepì la Golf GTI, capostipite delle piccole «pepate» che invaderanno le strade del decennio successivo. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, il progetto fu avversato dai vertici di Wolfsburg, concentrati sul fronte della crisi del periodo e sull’idea che il marchio VW si identificasse unicamente con auto «tranquille», mentre la vocazione sportiva era riservata prevalentemente a Porsche e Audi. Il gruppo di lavoro che sosteneva l’idea dell’ingegnere fece allora da sé, preparando il prototipo (inizialmente battezzato «Sport Golf») con i pezzi a disposizione in fabbrica, alcuni dei quali presi dalla «Scirocco» e altri dall’Audi 80 che furono assemblati durante le ore di pausa dall’attività quotidiana. Da quella sorta di «bricolage» meccanico nacque un piccolo mostro di potenza, nascosto dalla carrozzeria della Golf 3 porte, scelta perché più adatta all’impostazione sportiveggiante del progetto. Il propulsore era il cuore della Golf GTI. Il quattro cilindri da 1,6 litri (ancora all’epoca abbinato a un cambio a quattro rapporti) erogava la potenza di 110 Cv, che erogata spingeva la compatta tedesca oltre i 180 Km/h con accelerazione 0-100 in soli 9 secondi. La GTI si distingueva dalla produzione di serie per gli interni, con il volante sportivo a tre razze e gli strumenti aggiuntivi tipicamente rallye, i sedili con disegno tartan più avvolgenti e all’esterno presentava la caratteristica cornice rossa sulla calandra anteriore con la scritta GTI sul lato sinistro della griglia. Presentata al salone di Francoforte nel 1975, la GTI fu inizialmente presentata come una edizione limitata della Golf, in soli 5.000 esemplari. Fu lo strepitoso successo seguito alla fiera a spazzare via l’iniziale diffidenza dei vertici di Wolfsburg: dopo pochi mesi gli ordini superarono le 30mila unità e la GTI fu da allora prodotta in serie, diventando una della auto più desiderate dai giovani e non soltanto. Il traino della serie sportiva fece decollare le vendite, e fu grazie alla Golf che molti lavoratori della Volkswagen (tra cui molti italiani emigrati in Germania) evitarono il licenziamento dovuto agli effetti della grave crisi internazionale del settore auto. La prima serie fu prodotta dal 1974 al 1983 con un leggero restyling nel 1978, mentre già nel 1976 la Golf ebbe in listino una versione a gasolio, affiancata nel 1982 dalla prima turbodiesel GTD. Alla fine della carriera della prima serie nel 1983 erano stati prodotti 6.780.050 esemplari. La seconda serie fu una rivoluzione nello stile, che abbandonò le linee spigolose della precedente versione di Giugiaro per una linea più morbida disegnata dal tedesco Herbert Schaefer. La nuova golf ereditò i motori GTI e GTD, che nel frattempo erano stati aggiornati con aggiunta del propulsore da 1,8 litri e del cambio a 5 rapporti già con la prima serie. La seconda generazione portò diverse innovazioni soprattutto riguardo gli aspetti tecnici e meccanici. Per quanto riguarda la sportiva GTI, dal 1986 fu introdotto il propulsore da 1,8 litri 16 valvole, in grado di erogare 139 Cv. L’anno successivo vide l’introduzione della trazione integrale sulla Golf Syncro, la cui meccanica sarà ripresa nel 1990 dalla Country, una Golf dalla luce da terra simile a quella di un fuoristrada, vocazione richiamata anche dalla ruota di scorta sul portellone posteriore, anticipatrice degli attuali crossover. Non mancò una edizione speciale, la «cattivissima» G60 dotata di sovralimentazione turbo da 160 Cv. La terza serie, totalmente rinnovata nelle linee, debuttò nel 1991 per rimanere sul mercato fino al 1997. Tra le novità di spicco la versione station wagon «Variant» e la prima vettura di classe media dotata di motore a sei cilindri, la VR6 da 170 Cv e 225 Km/h. Nelle versioni turbodiesel fa la sua comparsa l’iniezione diretta TDI e una nuova versione cabriolet dopo quella della prima serie disegnata dalla carrozzeria Karmann. La quarta serie (1997-2003) proseguirà sulla strada dell’innovazione tecnologica. Per la prima volta fa la sua comparsa il sistema di trazione integrale intelligente 4Motion, seguita dal rivoluzionario cambio automatico Dsg introdotto sulla Golf più potente di sempre, la R32 da 241 Cv di potenza. Oggi la Golf, arrivata alla serie numero 8, presenta il top dell’innovazione tecnologica nei sistemi di infotainment e assistenza alla guida, con una gamma di motorizzazioni sempre più ecologiche dal metano all’ibrido plug-in. Senza mai perdere di vista quell’eredità di un nome ormai cinquantenne che seppe raccogliere il testimone di una delle prime world car, il caro vecchio Maggiolino, con una media di 64.800 unità vendute ogni mese in tutto il mondo.
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».