La voce di Taiwan conta: le Nazioni Unite non devono ignorare 23 milioni di persone

Sapete che Taiwan, un Paese democratico e indipendente, una potenza economica mondiale, leader nella produzione di semiconduttori, nonché snodo fondamentale per l’aviazione civile e grande donatore di mascherine agli Stati in difficoltà durante l’emergenza Covid, è ancora esclusa dall’Onu e dalle sue agenzie specializzate come l’Icao e l’Oms?
L’80ª sessione annuale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA 80) si aprirà a New York il 9 settembre 2025. Eppure, nonostante Taiwan abbia sempre avuto un ruolo attivo, contribuendo in modo significativo alla comunità internazionale con eccellenti risultati in diversi campi, la sua partecipazione agli incontri ufficiali dell’Organizzazione non è consentita per ragioni puramente politiche.
Il tema dell’imminente edizione dell’Assemblea Generale, «Insieme è meglio: 80 anni e oltre per la pace, lo sviluppo e i diritti umani», suona vuoto quando 23 milioni di taiwanesi vengono esclusi dall’ONU e dalle sue agenzie. Poiché il 2025 segna l’inizio del decisivo conto alla rovescia per la scadenza degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), prevista per il 2030, l’inclusione di Taiwan è necessaria. La sua esclusione, infatti, contraddice lo spirito e mina i principi dell’Agenda 2030.
Questo isolamento forzato è parte di un problema più vasto, legato a una grave e dannosa distorsione della Risoluzione 2758 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA). Tale travisamento non solo sottopone Taiwan alla coercizione cinese, che vuole affermare il proprio controllo sull’Isola, ma è anche diventato una seria minaccia allo status quo tra le due sponde dello Stretto e alla stabilità nella regione indo-pacifica.
La Risoluzione 2758 (XXVI) dell’UNGA, adottata nel 1971, affronta esclusivamente la questione della rappresentanza della Cina alle Nazioni Unite, ma non stabilisce che Taiwan sia parte della Repubblica Popolare Cinese (RPC), né conferisce a quest’ultima il diritto di rappresentarla. La Risoluzione non fa alcuna menzione di Taiwan e non costituisce quindi una posizione ufficiale delle Nazioni Unite sullo status politico del Paese. Pertanto, non riflette un consenso internazionale sul “principio di una sola Cina” sostenuto dalla RPC. Solo il governo di Taiwan, democraticamente eletto, può rappresentare i suoi abitanti nel sistema delle Nazioni Unite e sulla scena internazionale.
L’ONU dovrebbe permettere ai rappresentanti, ai giornalisti e ai cittadini taiwanesi l’accesso alle sue sedi e la partecipazione ai suoi incontri e conferenze. Essere membri delle Nazioni Unite è un diritto per tutte le nazioni amanti della pace, non un privilegio appannaggio di poche. Per tali ragioni, a nome del Governo di Taiwan, chiediamo con urgenza di porre fine alla distorsione della Risoluzione 2758.
Taiwan possiede un efficiente sistema sanitario e una tecnologia all’avanguardia, come dimostrato dalla sua leadership nell’intelligenza artificiale e nella produzione di chip, che possono dare un contributo concreto allo sviluppo e alla pace nel mondo. Perché, allora, persistere in questa esclusione, che non beneficia nessuno tranne Pechino?
Negli ultimi anni, il sostegno internazionale a favore di Taiwan è aumentato. In Italia, la Camera dei Deputati ha approvato diverse risoluzioni, auspicando la sua inclusione nelle organizzazioni internazionali e, nel marzo 2025, ha approvato il documento finale dell’indagine conoscitiva sull’Indo-Pacifico, ribadendo l’importanza dell’Isola per la stabilità nella regione indo-pacifica. Un simile orientamento è evidente in altri parlamenti e Paesi, tra cui l’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Svezia, i Paesi Bassi, il Regno Unito, il Canada, il Belgio e la Repubblica Ceca, che hanno adottato risoluzioni affini, condannando le provocazioni militari della Cina e il suo abuso nell’interpretazione errata della Risoluzione.
Adesso, più che mai, lanciamo un appello all’Italia affinché appoggi con maggiore decisione l’ammissione di Taiwan alle Nazioni Unite e alle sue agenzie specializzate, in nome della pace, dello sviluppo e della prosperità globale, valori che accomunano entrambi i Paesi. Allo stesso tempo, invitiamo la comunità internazionale ad agire attivamente da contrappeso alle azioni coercitive della RPC e a unirsi per difendere l’ordine mondiale basato sulle regole, opponendosi alle dinamiche di un Paese non democratico e alle sue richieste irragionevoli.
Riccardo Tsan-Nan Lin, console e direttore generale ufficio di rappresentanza di Taipei in Italia