2022-10-15
Vlahovic vince il derby con il Toro. Il resto della Juve è ancora in ritiro
Stracittadina molto tesa ma di livello tecnico mediocre: la spuntano i bianconeri grazie a una zampata del bomber serbo. La Signora torna alla vittoria e respira, i granata continuano a prendere gol nei finali. Quando re Luigi XVI fu informato dei primi tumulti nei pressi della Bastiglia, chiese candido: «È una rivolta?», «No, sire, una rivoluzione», gli risposero, anticipando il solco indelebile che avrebbe spazzato via progressivamente l’ancient regime. Ecco. Per la Juventus, per ora, è l’esatto contrario. Nessuna rivoluzione in vista, nessuna presa della Bastiglia con un gioco baldanzoso. Allegri resta Allegri, allenatore difensivista, a suo agio nel praticare la vittoria di corto muso. E però nello 0-1 strappato dai bianconeri nel derby della Mole c’è un sussulto d’orgoglio che potrebbe far ben sperare gli ottimisti. Dopo una Champions League da film horror - sconfitta dai modesti avversari del Maccabi Haifa - la Signora si è risvegliata nella partita sentita da entrambe le tifoserie, trampolino di lancio per ripartire in un campionato a oggi assai claudicante quanto a punti racimolati. La formazione schierata dal mister toscano vede il potente Vlahovic affiancato dal bizzoso Kean in attacco, un centrocampo nutrito con McKennie, Locatelli, Rabiot e con Cuadrado e Kostic a scattare in fascia, difesa a tre targata Danilo, Bremer (poi sostituito da Bonucci) e Alex Sandro a protezione di Szczesny. Proprio a Vlahovic si deve la rete rapinosa al settantaquattresimo minuto. Tiro di destro, pallone in gol dopo una spizzata di Danilo e una certezza: Dusan rimane il calciatore più ispirato in rosa, ha il piglio del trascinatore, è giovane, vede la porta, insomma, la Juventus dovrebbe puntare su di lui per ipotecare un futuro rassicurante. Il Toro è guidato dalla vecchia volpe Juric, tecnico scafato, a suo agio nel gestire i gruppi di medio cabotaggio. Ma stavolta ha peccato di ingenuità in diverse occasioni. Vlasic unica punta è assistito da Miranchuk e Radonjic, sulla mediana si piazzano Aina, Lukic, Linetty e Lazaro. Un primo tempo da Corazzata Potemkin, con la noia pronta a signoreggiare sul pubblico pagante, eccezion fatta per qualche incursione di puro puntiglio bianconero, imbrigliata in una manovra macchinosa. Al minuto 35, la Juventus si avvicina al vantaggio con tre tiri consecutivi: Vlahovic, Locatelli e Rabiot impegnano Milinkovic-Savic, portiere granata fratello del centrocampista laziale che infiocchetta i sogni di Agnelli e compagni per il mercato di gennaio. Due minuti dopo ci prova Cuadrado con una gran botta di destro e la palla fuori di poco. Da notare come, nella prima mezz’ora di gioco, Radonjic del Toro avesse azzardato il colpaccio penetrando in un buco difensivo degli avversari, non riuscendo a concretizzare. La verità è che va di moda il vintage e il calcio di Allegri, al momento, ne è un esempio tra i meno appetibili. Poche idee, tentativi velleitari, scarsa propensione a valorizzare una rosa dai piedi buoni, non granché amalgamata. Insomma, sembra una sfida tra due compagini di centro classifica. Con un’attenuante: il mister toscano è uno specialista nell’agguantare punti soprattutto durante il girone di ritorno. La ripresa vede gli juventini ricaricati. Minuto 51: rimpallo in area granata, tiro di Locatelli, ancora Milinkovic-Savic sugli scudi con una parata da felino. Il Torino non sta a guardare e prova a rispondere a tono. Vlasic sfugge al controllo dei marcatori, si incunea e lascia partire una bordata mancina. Il pallone mette alla prova i riflessi dell’estremo difensore Szczesny. Il botta e risposta certifica un secondo tempo in cui le due formazioni tentano di giustificare ai tifosi presenza e supporto. Ci riescono. Kostic azzarda un traversone, Kean tenta l’aggancio, ma sbaglia in maniera piuttosto grossolana. L’ha ciccata, direbbero davanti ai televisori dei bar. E dire che la porta era pressoché sguarnita. Al minuto 73 si capovolge il fronte. La sfera giunge sui piedi di Miranchuk, che si ritrova da solo, con tutto il tempo e la porta davanti, ma la spara altissima. Pochi secondi più tardi e ci si ritrova ancora nell’area dei padroni di casa. Danilo confeziona un cross a regola d’arte, Vlahovic centra il pallone di testa e sfiora il gol. Il vantaggio è nell’aria e non tarda a comparire. Ci pensa ancora il serbo, deus ex machina di una squadra con parecchi margini di miglioramento, soprattutto quando avrà recuperato Chiesa e Di Maria. Inizia la girandola di sostituzioni: Milik rimpiazza lo sprecone Kean nei ranghi bianconeri, Pellegri entra al posto di Radonjic nel Toro, Karamoh viene chiamato da Juric a sostituire Linetty e Zima prende il posto di Djdij. C’è spazio anche per una passerella dell’argentino Paredes, messo in campo per qualche minuto a far rifiatare l’eroe della giornata Vlahovic. Il match durante il recupero è scandito da ordinaria amministrazione, con il Torino incapace di tentare la giocata del pareggio, che non sarebbe affatto andato stretto. Vince la squadra dalla rosa migliore, pungolata dal desiderio di rifarsi una reputazione dopo due partite poco brillanti, perde quella più ingenua, capace, mormoravano i maligni sui social, di far resuscitare i morti (dunque gli juventini). Ora, dopo 10 incontri, i punti per i bianconeri sono 16. Significa settimo posto temporaneo, a tre lunghezze dalla Roma di Jose Mourinho, che giocherà domani a Genova contro la Sampdoria. I granata rimangono fermi a 11 punti, piena linea mediana della Serie A, esprimendo fino a oggi il calcio consentito dal proprio organico. Piccola nota di colore: in otto degli ultimi nove derby disputati, il Toro ha incassato gol dopo il settantesimo minuto.
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