2022-07-21
Vita borghese di Paz. Genio rivoluzionario di buona famiglia
Murales riemerso da una parete della casa pugliese dove abitò Andrea Pazienza (Ansa)
La scoperta dei nuovi murales in Puglia offre l’occasione per svelare l’iconografia non ufficiale di Andrea Pazienza. I murales di Andrea Pazienza riemersi dalle pareti di una casa di villeggiatura a San Menaio, sul Gargano, sono l’equivalente grafico delle madeleines di Marcel Proust che innescano la ricerca del tempo perduto. E come queste evocano odori.Nel caso del mio amico Andrea Pazienza è un odore che all’inizio sa di buon condominio, il palazzo di via Daunia, a San Severo, dove lui crebbe e disegnò gran parte delle sue tavole nella mansarda. Lassù, impressa su uno dei pannelli di vetro, resta l’impronta della mano di Paz, lasciata sua madre, Giuliana, come una reliquia di vapore acqueo. Quello che esalava pulito dal corpo di eterno ragazzino del mio amico Andrea. Il cui primo ricordo data dal cortile della scuola elementare «San Benedetto», di San Severo. Lui ed io in due aule alle estremità opposte del cortile con il chiosco al centro. Ex convento trasformato in istituto primario di una generazione ben lontana dall’inverno demografico. Classi di 30 alunni e passa. La sua con un maestro comunista, la mia con un maestro cattolico. Entrambi, però, solleciti nel condurci ai rituali di Pasqua, di Natale e della festa patronale dedicata alla Madonna del Soccorso, che poi Andrea il Grande avrebbe immortalato in un disegno dove la religione e l’altropologia mediterranea si fondono con la pop art.Poi, alle medie, l’odore dolce, pulito, zuccherino resiste alle esalazioni medicinali di una cameretta ospedaliera in cui Andrea è ricoverato per un attacco di appendicite che rischiava di diventare peritonite. L’hanno salvato sul filo dei minuti ed io, una domenica pomeriggio, vado a trovarlo, portandogli in regalo un libro illustrato su cui sono riprodotti i disegni della versione cinematografica Disney de Il libro della giungla.Arrivano gli anni del liceo artistico di Pescara, della città-sogno che i sanseveresi adorano fino a trasferirvisi in massa con un esodo biblico non all’insegna della migrazione disperata bensì della voglia di edonismo fatuo, vacanziero e consumista. Ma Andrea nel capoluogo adriatico ci vive da studente fuori sede prima ancora dell’università. È solo. Mi racconta che una volta ha avuto la febbre a 40 e per la disperazione, ha mangiato uno stecchino.A Pescara l’odore di condominio borghese viene sopraffatto dagli effluvi salmastri, dalla fascinazione delle Naiadi, sontuoso stabilimento rivierasco dotato di piscina, sul bordo della quale vagheggiare mitologie sentimentali e progetti creativi.A Bologna, il grecista Benedetto Marzullo ha fondato il Dams, discipline (poi diparttimento) delle arti, della musica e dello spettacolo, un corso di laurea che dà la possibilità di studiare sotto gli idoli della nostra formazione culturale in nuce: Renato Barilli, Gianni Celati, Umberto Eco, Giuliano Scabia, Luigi Squarzina, Lorenzo Tian ed altri. Ci iscriviamo insieme, Andrea ed io, ritrovandoci nel gelo umido sotto i porticati. Nei corridoio di Palazzo Sanguineti, in strada maggiore, l’odore è di patchouli e di maijuana. Circolano agit prop in esquimo e barba, precocemente calvi. Fa sempre freddo. Le retrospettive dei film di Jean-Luc Godard e della nouvelle vague non sono una consolazione. Ci confondono ancor di più le idee, volgendole in ideologia. Per fortuna al cinema Rialto vediamo capolavori che abbiamo saltato per motivi anagrafici, o fruito in bianco e nero alla tv. Inoltre, escono in quegli anni Il Grande Gatsby, di Jack Clayton, Tutta una vita, di Claude Lelouch ed Effetto Notte, di François Truffaut. Nei pressi di Piazza Maggiore incappiamo nel set di un film con Ugo Tognazzi, che avviciniamo timorosi presentandoci come studenti del Dams. Lui non sa cos’è.Arriva l’estate e il tempo degli esami. Andrea, prima di darne ognuno si fermava al bar di fronte alla facoltà e metteva nel juke box I Can Never Say Goodbye cantata da Gloria Gaynor. Era una trovata scaramantica, di quelle che segnavano la vita universitaria, come il divieto di salire sulla Torre degli Asinelli per paura di non laurearsi. Dopodiché Andrea sarà associato agli Skiantos, a Tondelli, a Bifo, cancellata la melopea, estiva, solare, calda.Il terzo ed ultimo odore è quello asprigno dei pennarelli dai quali sgorgava la materia esistenziale che lui riformulava in un tratto oscillante fra la parodia e l’epica.Infine venne l’odore di molotov e di lacrimogeni del ’77. Ed erano odori tossici, dai quali rifuggii, mentre Andrea vi restò, perduto nei fumi e nella chimica distruttiva che entra nel sangue attraverso una minuscola perforazione dell’epidermide.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)