2023-11-26
I violenti della piazza anti violenza
La manifestazione è politica e diventa il pretesto per attaccare il governo e Israele. Presenti molti leader di sinistra, Elly Schlein in testa. Tutti contro il patriarcato, ma quello islamico pare che vada benissimo. Ciliegina sulla torta: l’assalto squadrista alla sede di Pro vita.«Dovremmo essere tutti femministi». Chiara Ferragni ha un cartello in mano e sotto gli occhiali da sole si commuove quando, nel presidio in piazza Castello a Milano, vengono scanditi i nomi delle donne uccise nel 2023. Dovrebbe esserlo, femminista, soprattutto con il suo compagno Fedez che su Youtube continua a scandire una vecchia strofa: «Stupro la Moratti/ e mentre mi fa un (bip, censura da boomer)/ le taglio la gola con il taglierino». Questa è solo la più evidente delle ipocrite contraddizioni che aleggiano sulle manifestazioni contro il cosiddetto patriarcato, nel Red Saturday che raccoglie il testimone del Black Friday. Le ideologie gratuite hanno sempre un certo appeal.Da Milano a Roma, da Torino a Firenze, da Palermo a Messina e altrove, il grido di madri, figlie, sorelle, si leva a ricordare il barbaro assassinio di Giulia Cecchettin nella Giornata internazionale contro la violenza di genere, occasione per ribadire la distanza siderale fra civiltà occidentale e ignoranza, sopraffazione nei confronti delle donne. Un’opportunità nobile, inclusiva, che dovrebbe superare le differenze politiche e gli opportunismi di facciata. Invece, come spesso accade, viene strumentalizzata e piegata agli interessi di partito, alle rivendicazioni filopalestinesi, ai rigurgiti antisemiti secondo un mantra che non passerà mai di moda: la piazza è della sinistra, che parla di 500.000 manifestanti con un conto altamente spannometrico.«L’assassino non è malato ma è il figlio sano del patriarcato», scandisce fino a notte la crema del dèmi monde radical. Pierfrancesco Majorino, Susanna Camusso, Ivan Scalfarotto a Milano; Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Ilaria Cucchi a Perugia; la sezione Cinecittà a Roma con Fiorella Mannoia, Noemi, Ferzan Ozpetek più Elly Schlein, Roberto Gualtieri e un Maurizio Landini in versione prezzemolo per arginare il malinconico declino del sindacato Cgil come difensore dei lavoratori.Purtroppo la giornata antiviolenza si distingue anche per due momenti violenti. Quando alcuni teppisti dei centri sociali dai rigurgiti patriarcali assaltano la sede di Pro vita e famiglia rompendo vetri e dando fuoco alle serrande, fermati solo dalla polizia in assetto antisommossa (Matteo Salvini commenterà, poco dopo: «Se assaltano la sede della Cgil c’è (giustamente) indignazione nazionale. Se estremisti rossi assaltano la sede di una onlus che aiuta e difende le famiglie, silenzio? La solidarietà mia, di tutta la Lega e di tutto il popolo italiano»). E quando cinque manifestanti romane incappucciate in versione Pussy Riot davanti alla Rai (volevano denunciare la «fuorviante narrazione giornalistica») vengono fermate e portate in commissariato.In tutto questo, la causa femminile finisce nelle retrovie confermando d’essere un pretesto. Gli stessi organizzatori al Circo Massimo lo ammettono dichiarando, rivolti alla sorella della povera Giulia massacrata: «Grazie Elena Cecchettin per aver trasformato il lutto in pratica politica». Le vie della strumentalizzazione sono infinite.Organizzati dall’associazione Non una di meno, i cortei di sensibilizzazione si trasformano presto in kermesse politiche. Dove le scarpe rosse e i fazzoletti fucsia finiscono per essere soffocati, perfino traditi nel loro significato da tradizionali deviazioni gruppettare. Già nel manifesto qualcosa si intuisce perché è difficile spiegare, accanto alle ragioni del «transfemminismo», la presenza grafica di incappucciati per la Palestina libera. In realtà la piazza non è solo a favore delle donne, ma palesemente contro Israele. Si legge nel sito di Non una di meno: «Siamo al fianco del popolo palestinese che affronta l’ultimo episodio della lunga storia di un genocidio portato avanti da uno degli apparati politico-militari più potenti del mondo: lo stato di Israele».È surreale difendere la causa femminile e nello stesso metro quadrato fare finta di non conoscere le vessazioni, le violenze, le sottomissioni perpetrate dai terroristi di Hamas nei confronti delle donne. E gli stupri sbandierati sulle infedeli durante i massacri del 7 ottobre. Lo è ancora di più ascoltare il silenzio democratico sul trattamento delle donne iraniane incarcerate e uccise. Oggi non esistono più. Ma chiedere razionalità è inutile perché nella piazza di «Non una (rivendicazione) di meno» c’è spazio per la qualunque. Si scopre di essere qui anche contro l’escalation bellica, la cancellazione del reddito di cittadinanza, il dissesto idrogeologico, il riconoscimento facciale, il daspo urbano ai No Tav, il ponte sullo Stretto, chi si oppone alle famiglie omogenitoriali. E contro il governo di Giorgia Meloni. Manca qualcosa? L’immangiabile minestrone è servito. Se ne accorge perfino Giuseppe Sala: «Personalmente non legherei questa piazza ad altre questioni, il patriarcato c’è in Israele, in Palestina, ovunque». Il sindaco di Milano sottolinea una realtà di cui andare fieri: «C’è bisogno della qualità che apporta una donna e sono certo che Milano, per continuare a essere quella che è, anzi a migliorare, ha un enorme bisogno della sua componente femminile». Ma il baricentro è altrove, lontano. E la sinistra di piazza è concentrata sul sedicente patriarcato, un altro tema marziano per buona parte degli italiani. Più Massimo Cacciari, quando dice: «È un falso problema, non esiste da almeno 20 anni».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.