2025-04-13
Vincenzo Sofo: «Ma che tecnodestra. È la sinistra globalista a favorire le Big tech»
L’ex europarlamentare: «I colossi digitali hanno un potere pari a quello di uno Stato. I sovranisti? Facciano un salto di qualità».Vincenzo Sofo è nato a Milano nel 1986. Laureato in Economia all’Università Cattolica di Milano e consulente nell’ambito degli affari istituzionali e della pubblica amministrazione, è stato fondatore del think tank Il Talebano, tra i principali animatori dell’evoluzione nazionale della Lega, poi lasciata in occasione della formazione del governo Draghi per raggiungere Fratelli d’Italia. Già autore di editoriali per diverse testate nazionali e opinionista televisivo, è stato europarlamentare fino a luglio 2024.Non possiamo iniziare questa intervista senza parlare della condanna a Marine Le Pen che di fatto la esclude dalle elezioni presidenziali del 2027. Cosa l’ha colpita di questa sentenza e cosa accadrà ora in Francia e in Europa?«Pochi mesi fa uno dei principali sindacati di magistrati del Paese esortava tutti i magistrati a fare tutto il possibile per impedire l’accesso al potere della destra. Pochi mesi dopo un giudice ha reso ineleggibile ancor prima di una sentenza definitiva la persona largamente in testa in tutti i sondaggi, con la motivazione dichiarata di impedirle di presentarsi alle elezioni che molto probabilmente vincerebbe. È una vicenda estremamente delicata poiché il prossimo inquilino dell’Eliseo si troverà al centro di tutte le scelte inerenti al riarmo e alla difesa comune europea perché la Francia detiene l’arma nucleare e l’unico seggio Ue al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. E dalle scelte su questi due punti dipenderà l’accelerazione o meno sul federalismo europeo e sul superamento delle sovranità nazionali». Che cosa sono la tecnodestra e la tecnosinistra di cui parla nel suo libro? «Tecnodestra è il termine coniato dalla sinistra per denunciare il rapporto tra destre e Big tech. Ma, come spiego nel libro, tale rapporto è stato reso inevitabile proprio dalla sinistra che in questi anni ha favorito con la propria agenda globalista e progressista il dominio dei colossi digitali, oggi dotati di uno strapotere che li pone a livello pari, se non superiore, degli Stati nazionali. Così ora le destre di governo si trovano a dover capire come gestire colossi inaggirabili e inarrivabili, che stanno plasmando non solo le nostre economie ma anche le nostre società e le nostre vite».Qual è lo stato di salute della destra in Europa? «È a un bivio. Ha sempre più consenso popolare e sempre più in capacità di conquistare il potere o comunque posizioni di influenza. Ciò la costringe ora alla necessità di un salto di qualità, a saper affrontare in modo costruttivo e concreto i temi del futuro come gli Stati digitali, le città globali, le guerre cognitive. Cose di cui parlo nel libro proprio per accendere una lampadina e proporre un dibattito a partire dal futuro del progetto europeo, necessario per affrontare il ritorno delle potenze imperiali e dal quale dunque non dobbiamo fuggire ma essere capaci di proporre e imporre una nostra visione di Europa potenza».L’Italia di Giorgia Meloni può evitare lo strappo tra Europa e Stati Uniti? E se si come?«Molti in Europa cercano di provocare lo strappo, motivati non tanto dal sogno di un’autonomia europea quanto dall’odio nei confronti di Trump. Un approccio pericolosissimo perché ideologico e non strategico. Se oggi strappassimo con gli Usa e domani tornasse Biden che cosa faremmo? Annulleremmo di colpo ogni ragionamento di autonomia strategica europea proprio come abbiamo fatto dopo la vittoria di Biden nel 2020? Ecco perché fa bene Giorgia Meloni a predicare prudenza e provare a mantenere un ruolo di cerniera tra Usa e Ue. Che cosa accadrebbe se oggi l’Europa, dopo aver rotto con la Russia, rompesse con gli Usa proprio mentre questi riallacciano con Mosca? Vogliamo rischiare di ritrovarci soli con due nemici di questo calibro?».Ora che Donald Trump ha varato e poi sospeso i dazi anche sulle merci europee, come va considerato? È un nemico della destra europea oppure è un alleato?«Trump è il presidente degli Usa e fa gli interessi degli Usa. La condivisione di molte battaglie come quelle contro immigrazione selvaggia e wokismo è importantissima perché, ad esempio, il freno alla dittatura woke negli Usa ha frenato automaticamente l’invasione woke in Europa. Dopodiché, seppur alleati, Usa ed Europa restano due soggetti geopolitici diversi con necessità diverse. Proprio come a Bruxelles le varie destre europee hanno una condivisione valoriale di fondo ma divergenze dovute ai rispettivi interessi territoriali. Ciò perché non si può far finta che l’Occidente sia un’unica amalgama indistinta proprio come non si può far finta che lo sia l’Europa. I dazi sono un mezzo geopolitico, così come lo è l’economia e dunque la stessa globalizzazione, usata a garanzia di equilibri internazionali che però ora si sono spezzati riportando conflitti, anche commerciali, ai quali noi non siamo preparati perché in questi anni ci hanno fatto credere invece che la globalizzazione fosse un dogma immutabile».Come viene considerata da Trump la destra europea? «La vera domanda è come viene considerata l’Europa. Come spiego nel mio libro, siamo convinti di essere il centro del mondo ma la verità è che non lo siamo più da un bel po’. E se non ci diamo una svegliata diventeremo estrema periferia. Il dossier Groenlandia è un esempio lampante: in quell’area si gioca una partita geopolitica cruciale per gli equilibri mondiali futuri e Usa, Russia e Cina già da tempo stanno affilando le armi per contendersela. In Europa, nonostante sia un’area per noi strategica, invece a malapena sappiamo dove sia».Sempre a proposito di tecnodestra che ne pensa dell’arrivo di Elon Musk in politica? «Musk con le sue aziende determina se una nazione può andare sullo spazio o dare connessione internet ai suoi cittadini, se può vincere o perdere una guerra come abbiamo visto in Ucraina. Dunque è già di fatto più di un capo di Stato, con o senza Doge. Ecco perché oggi, dopo che abbiamo ridotto il ruolo degli Stati ad amministratori di condominio, ci ritroviamo inevitabilmente dipendenti dai Musk, Bezos, eccetera. Almeno finché lo Stato non tornerà a essere il primo innovatore e imprenditore nei settori strategici».«Make America great again» e «Make Europe great again»: queste due visioni sono inconciliabili o possono coesistere? E se sì, come?«Come ho detto, America ed Europa hanno storie, culture e necessità in buona parte diverse. Ecco perché sono sempre stato contrario a fare copia-incolla delle mode americane sia in ambito culturale che politico. Un conto è avere ottimi rapporti e condivisioni, altro è esserne i sudditi o la caricatura. Le destre europee devono assumersi la responsibilità di costruire una strada propria, europea. Questo significa essere identitari. Giorgia Meloni ha dimostrato che si può costruire una destra vincente, di governo e dotata di una propria identità declinata sulle specificità e necessità del Paese in cui si trova, e grazie a questo è ora esempio europeo».I colloqui tra Russia, Usa e Ucraina fino ad oggi non hanno portato a grandi risultati. Che cosa può fare fare l’Europa? «Ben poco perché ha da subito rinunciato ad avere un ruolo intervenendo sul dossier ucraino solo al rimorchio di altri che invece agivano con una propria visione, un proprio interesse e un proprio scopo da raggiungere. Perché oggi l’Ucraina o la Russia dovrebbero affidare i propri negoziati all’Europa, magari con il rischio di mettersi contro gli Usa?».Come valuta il piano di riarmo varato da Bruxelles? «Vogliamo che l’Europa raggiunga una propria autonomia strategica e possa sedersi da pari a pari con americani e altri? Allora l’autonomia di difesa è cruciale. Ma armi ed esercito sono solo uno strumento: prima dovremmo concordare a che cosa ci servono. Qual è la missione che si vuole dare l’Europa? Nessuno vuole affrontare il tema dell’identità, non possiamo certo costruire l’identità geopolitica del nostro continente su un esercito e su un sentimento di paura o di odio nei confronti di altre nazioni. Così come non si poteva pensare di costruirla su una moneta. Invece oggi gli pseudo-europeisti stanno usando il riarmo come scusa per imporre un’accelerazione sullo smantellamento delle sovranità nazionali e il compimento del federalismo europeo. Ma dire, come ha fatto Draghi, che il riarmo necessiti per forza della cessione da parte degli Stati della sovranità sulla difesa è falso».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.