2018-05-17
Al Mef nessuno sostituisce La Via: così il Tesoro rimane senza direttore generale
Lascia l'attuale dirigente in carica dal 2012. Per 45 giorni rimarrà operativo soltanto per le attività ordinarie. Prima che venga nominato il prossimo, c'è da sperare che non si debba vendere Alitalia o salvare una banca.Vincenzo La Via è andato via. Il direttore generale del Tesoro ha sgomberato il suo ufficio e ha lasciato da ieri l'incarico. Scadenza prevista ma gestita in totale immobilismo. Nelle scorse settimane Paolo Gentiloni aveva aperto il fascicolo Fabrizio Pagani, avanzando l'ipotesi di far salire l'attuale capo della segreteria tecnica di un gradino. L'operazione a oggi non è andata in porto e di fatto siamo senza direttore generale dal momento che non è ancora stato nominato un successore. Tecnicamente il ruolo dell'uscente La Via resta valido per i prossimi 45 giorni durante i quali è possibile coprire e garantire l'attività ordinaria. Di conseguenza non è permessa l'attività straordinaria. Ipotizziamo saltasse una banca e più banalmente sarebbe necessario prendere decisioni urgenti su banca Mps o su Alitalia non sarebbe possibile. Idem se il Mef dovesse organizzare una delegazione per partecipare a trattative importanti in sede europea. Bisogna ricordare che il prossimo 28 giugno ci sarà un consiglio Ue decisivo per definire la traccia futura dell'unione bancaria. È chiaro che se nei prossimi giorni si formasse il governo tra Lega e 5 stelle la prima scelta congiunta da fare sarebbe quella di nominare il successore di La Via in modo da chiudere al più presto la casella e fornire un macchinista al ministero dell'Economia. Nel frattempo non si può non notare che la scelta di non sostituire immediatamente il direttore generale cozzi con gli allarmi generalizzati su una ipotetica tempesta finanziaria. Ieri il Corriere della Sera scriveva senza giri di parole: «Tornano a pesare le incertezze sulla formazione del nuovo governo, dopo le indiscrezioni sulla bozza di accordo tra Lega e 5 stelle, in cui tra le altre cose si ipotizza la richiesta di cancellazione di 250 miliardi di debito alla Bce e la creazione di un fondo con 200 miliardi di immobili pubblici da cartolarizzare». Piazza Affari ha chiuso in calo del 2,3% dopo aver toccato un minimo a - 2,8%. L'indice Ftsemib è sceso sotto la soglia del 24.000 punti, a 23.734. «Si scalda anche lo spread», aggiungeva il quotidiano di via Solferino: «il differenziale di rendimento tra il decennale benchmark italiano e il pari scadenza tedesco ha terminato la seduta oltre la soglia dei 150 punti base, a 151 punti base, ben 20 punti base sopra la chiusura di martedì». E così via con Btp e titoli bancari. In realtà, va rilevato che la Borsa è ai massimi dal 2011 e lo storno è di lieve entità. Se però il governo in carica temesse veramente l'arrivo di una tempesta non sarebbe saggio restare senza direttore generale del Tesoro. A questo non è detto che la settimana prossima si corra per fare un scelta. L'idea è quella di temporeggiare e di far passare qualche settimana. Esattamente come si è scelto di fare per Cassa depositi e prestiti. Le date per l'assemblea sono state spostate al 20 e al 28 giugno. Un modo per gestire la successione o la conferma di Claudio Costamagna. Anche se dalla riunione che terranno entro il fine settimana i vertici delle fondazioni bancarie sembra che possa uscire il nome di un nuovo candidato, Massimo Tononi ex Goldman e molto vicino al mondo di Romano Prodi. Una rete che riporta ancora al nome di Pagani. La Verità aveva già raccontato il ruolo emergente del capo segreteria tecnica. Dopo un blitz per prendere l'incarico di dg datato 2015 e non andato in porto, a ottobre del 2016 il ministro Pier Carlo Padoan cercò di far nominare Pagani al posto di La Via, ma in quell'occasione intervenne Matteo Renzi in persona si mise in mezzo. Pagani, secondo il ministro, avrebbe tutte le carte in regola. Ha lavorato all'Ocse, capo segreteria tecnica del sottosegretario di Stato ai tempi di Romano Prodi. Inoltre proviene dalla scuola Sant'Anna di Pisa, un'eccellenza italiana, che ha frequentato quasi in concomitanza con Enrico Letta, di cui è stato consigliere per gli affari economici e internazionali. E qui stava proprio il motivo del veto dell'ex premier. Che evidentemente valutava il dirigente più pisano che fiorentino, e probabilmente troppo vicino a Letta. Gli equilibri sono cambiati, ma i candidato al posto di dg restano molto pochi.