2024-06-08
Scott o Rubio vice, Pompeo alla Difesa. Tutti gli uomini del Trump presidente
Da sinistra: Tim Scott, Marco Rubio e Mike Pompeo (Ansa)
Il tycoon, in caso di vittoria, orientato a scegliere la squadra tra la cerchia «istituzionale» dei suoi fedelissimi. Più defilata l’anima antisistema guidata dalla deputata Greene. L’ex sfidante Haley al dipartimento di Stato?Man mano che i sondaggi danno Donald Trump sempre più competitivo, da più parti ci si inizia a chiedere quali potrebbero essere gli esponenti di una sua eventuale nuova amministrazione. Un luogo comune che circola è che il candidato repubblicano avrebbe intenzione di scegliersi soltanto dei fedelissimi estremisti che, mossi da uno spirito di vendetta, sarebbero pronti a portare la Casa Bianca su posizioni radicali e barricadiere. In realtà, a ben vedere, la situazione appare un po’ diversa. Se si vuole andare al di là della solita rappresentazione macchiettistica tipica di certi ambienti, il trumpismo sta progressivamente assumendo una fisionomia politica complessa e articolata. Per rendersene conto, basta guardare a due figure: lo Speaker della Camera, Mike Johnson, e la deputata Marjorie Taylor Greene.Entrambi fedelissimi dell’ex presidente, sono ai ferri corti da alcuni mesi. È da marzo che la Taylor Greene sta provando a sfiduciare lo Speaker soprattutto per le sue posizioni a favore del nuovo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina, approvato a fine aprile. Ebbene, nel corso dello scontro politico tra i due, Trump si è schierato alla fine con Johnson, salvandogli la poltrona e, così facendo, permettendo che la nuova assistenza bellica a Kiev venisse approvata dalla Camera. Non solo l’ex presidente ha garantito il suo appoggio a Johnson in un momento di difficoltà, ma, secondo quanto riferito da Axios a metà maggio, si starebbe organizzando con lui per portare avanti la propria agenda programmatica al Congresso l’anno prossimo. Tutto questo ci dice che il trumpismo si è, di fatto, diviso in due anime: da una parte, ne troviamo una energicamente antisistema, che ruota attorno alla Greene e alla galassia di Steve Bannon; dall’altra, ne sta emergendo una maggiormente «istituzionale», che fa capo allo Speaker della Camera. Ecco, è proprio quest’ala che Trump sta prediligendo, nella consapevolezza che, qualora dovesse tornare alla Casa Bianca, non può permettersi nuove fronde da parte degli apparati governativi e della finanza che conta.È sempre in quest’ottica che va letto l’avvicinamento tra l’ex presidente ed Elon Musk: un tempo elettore dem, il ceo di Tesla sta rafforzando i rapporti con Trump, tanto che, secondo il Wall Street Journal, potrebbe entrare come consigliere in una sua eventuale nuova amministrazione. Parliamo di quel Musk, la cui SpaceX vanta lucrosi appalti con il Pentagono. Si tratta di una dinamica interessante. L’alta burocrazia del Dipartimento della Difesa è, infatti, ai ferri corti con Joe Biden dalla crisi afgana dell’agosto 2021 (non a caso, ha iniziato da tempo a remargli contro, come dimostrato dallo scandalo dei Pentagon leaks dell’anno scorso). Ecco perché quel mondo sta vedendo in Trump il male minore per il prossimo novembre.Senza poi dimenticare che alti esponenti di Wall Street, fino a poco tempo fa ostili al tycoon, hanno iniziato delle manovre per avvicinarglisi: si pensi al ceo di Blackstone, Stephen Schwarzman, a quello di JP Morgan, Jamie Dimon, o al miliardario Bill Ackman. Infine, negli ultimissimi mesi, Trump ha iniziato a tessere un fitto network internazionale, incontrando il premier ungherese Viktor Orbán, il presidente polacco Andrzej Duda e il ministro degli Esteri britannico David Cameron. Ha sentito anche telefonicamente il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman, mentre uno dei suoi principali consiglieri per la sicurezza nazionale, Keith Kellogg, ha avuto un meeting ad aprile col ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant.Insomma, il candidato repubblicano punta evidentemente a coprirsi le spalle, rafforzandosi sul piano internazionale e tendendo un ramoscello d’ulivo a quegli apparati e «poteri forti» che non vogliono un bis di Biden. Ecco perché è improbabile che una nuova amministrazione repubblicana sarà composta da pericolosi estremisti. Innanzitutto, tra i nomi che circolano per il candidato vicepresidente ci sono quelli dei senatori Tim Scott e Marco Rubio: non esattamente due radicali. In secondo luogo, Trump ha assicurato che Nikki Haley farà parte della sua squadra: il che significa che l’ex ambasciatrice all’Onu potrebbe anche ambire al Dipartimento di Stato. Inoltre, a marzo, Mike Pompeo non ha escluso di entrare in una eventuale nuova amministrazione Trump: un profilo, il suo, che potrebbe essere preso in considerazione come capo del Pentagono. Da monitorare è poi l’America first policy institute (think tank assai vicino all’ex presidente), di cui fanno parte lo stesso Kellogg e l’ex Director of National intelligence, John Ratcliffe. Entrambi sono papabili esponenti di un’eventuale nuova amministrazione Trump. Da sottolineare è anche lo stretto rapporto dell’ex presidente con il senatore Lindsey Graham: figura poco amata dalla base trumpista, che intrattiene stretti rapporti con l’industria della difesa. Ecco, la sfida del candidato repubblicano nei prossimi mesi sarà esattamente questa: cercare di tenere insieme le due anime del trumpismo, avendo bisogno di entrambe se vuole vincere le elezioni di novembre.Certo, c’è chi dice che, se tornasse alla Casa Bianca, l’ex presidente cercherebbe di colpire i suoi avversari. D’altronde, secondo Axios, Bannon avrebbe invocato l’incarceramento del procuratore distrettuale dem di Manhattan che ha incriminato Trump, Alvin Bragg. Era inoltre giugno dell’anno scorso, quando l’ex presidente dichiarò di voler nominare un procuratore speciale per indagare su Biden. Ciononostante, mercoledì, il candidato repubblicano, pur sostenendo di avere «ogni diritto» di colpire i suoi avversari, ha negato di volerlo fare. Sarà vero? Non possiamo saperlo. Certo, se usasse la giustizia per mettere in difficoltà i suoi avversari, sarebbe un comportamento assai preoccupante. Come è preoccupante il fatto che il capo del dipartimento di Giustizia designato da Biden, Merrick Garland, abbia nominato un procuratore speciale per indagare su Trump il 18 novembre 2023: appena tre giorni dopo, cioè, che lo stesso Trump aveva annunciato la propria ricandidatura presidenziale. Domanda: è normale una cosa del genere?
Jose Mourinho (Getty Images)