2024-10-07
Vescovo e imam pregano per l'invasione
Il prelato di Treviso e il religioso musulmano si sono abbracciati nella sede della Caritas avvolti da coperte termiche. «Diamo voce al grido di chi è in cammino per accogliere tutti». Ricordano la strage di Lampedusa per invocare i confini spalancati. La particola, che sarebbe l’ostia consacrata, da oggi è fatta anche di un lembo di poliestere d’oro da una parte e d’argento dall’altra: proprio come la pisside che contiene il pane consacrato. Non è una lezione di catechismo, ma l’idea che è venuta al vescovo di Treviso monsignor Michele Tomasi per rendere partecipi i fedeli «del dramma della migrazione» che si risolve in un modo solo: abolire i confini e accogliere tutti. Almeno questo pensa il pastore d’anime veneto. La porziuncola - si chiama così anche uno dei luoghi più cari al cattolicesimo: la cappellina fuori Assisi dove San Francesco radunava i suoi frati - è tratta da uno dei teli termici che ricoprono - a spese de contribuente italiano - profughi e clandestini quando vengono presi a bordo delle navi. Monsignor Tomasi pezzi di quel telo li ha distribuiti insieme a un santino della Madonna a tutti i fedeli che hanno partecipato alla commemorazione - si fa a Treviso da undici anni - della tragedia di Lampedusa. Il 3 ottobre del 2013 un barcone di migranti andò a fondo a poche miglia dal porto: morirono in 368. Presidente del Consiglio era Enrico Letta segretario del Pd e nessuna Procura indagò, né si agitò contro Angelino Alfano ministro dell’Interno alcuna indagine in stile Cutro o processi tipo Open arms dove oggi, senza che sia morto nessuno, Matteo Salvini rischia fino a 16 anni di galera. Forse una ragione per tanta tolleranza c’era: ministra per l’Integrazione era Cecile Kyenge del Pd che si definiva la «prima ministra nera dell’Italia.» L’arcivescovo di Treviso ieri ha fatto un passo in più: ha chiamato l’imam dell’associazione culturale islamica Attawasol, di Montebelluna (Treviso) Sallahdine Mourchid per concelebrare entrambi fasciati dal telo termico. È vero che papa Francesco - che finanzia attraverso la Cei la nave Mare Jonio di Luca Casarini che fa pesca a strascico di migranti - ha detto che tutte le religioni sono uguali (una vale l’altra?), ma è la prima volta che un arcivescovo e un imam siedono sullo stesso altare. Sarà un passo avanti? Di sicuro è un portone aperto perché monsignor Tomasi ha affermato: «Oggi molti vorrebbero che il grido dei migranti smettesse, perché dà fastidio, noi però vorremmo che questa voce, di tutti quelli che si mettono in cammino, venisse sentita dai grandi e dai potenti. Preghiamo con insistenza il Signore perché possiamo accogliere e godere della fraternità con tutti». La Chiesa vuole porte aperte, confini spalancati a chiunque voglia entrare in Italia. Del resto la Fondazione Migrantes ha messo in mare una nave appoggio alla Mare Jonio di Casarini - lui sollecita sempre i soldi di papa Francesco che però li ha finiti e striglia i cardinali perché risparmino mentre il Vaticano licenzia senza appello i dipendenti che si sposano giusto in coerenza con le politiche per la famiglia - su cui operano, pagati dall’obolo dei fedeli ignari, personale medico, un mediatore culturale, alcuni giornalisti e i direttori diocesani di Migrantes di Fano e Caltanissetta. Una missione condivisa anche dall’imam che sostiene: «I valori di misericordia e compassione ci uniscono tutti come esseri umani, indipendentemente dalla nostra fede ed etnia. La migrazione è parte dell’esperienza umana e Dio benedice gli sforzi di coloro che migrano in cerca di giustizia e sicurezza; nel Corano si invita alla misericordia e alla solidarietà verso ogni essere umano». Per le referenze chiedere agli yemeniti massacrati a centinaia dalle guardie di frontiera dell’Arabia Saudita, ai 750 etiopi fatti fuori prima di entrare nelle terre di Ryad, ai 52.000 cristiani sterminati in Nigeria in dieci anni, ai 52 ammazzati a Melilla in Marocco o ai curdi sistematicamente eliminati dai turchi. Ma «nel Corano si invita alla misericordia e alla solidarietà verso ogni essere umano», salvo poi scoprire che la «jihad inferiore benedice la guerra santa per l’espansione dell’islam». È su questa contraddizione che si appuntano le critiche a iniziative come quella di monsignor Tomasi riecheggiate anche ieri dal palco di Pontida, il raduno della Lega che aveva per slogan «Non è reato difendere i confini». Il premier ungherese Viktor Orbán ha ribadito: «Noi festeggiamo Salvini come un eroe, perché ha chiuso i confini e ha difeso le case degli italiani. Anzi, lui ha difeso anche l’Europa. Meriterebbe un’onorificenza e non procedimenti penali. Se continueranno a darci sanzioni, noi da Budapest i migranti li deporremo davanti agli uffici di Bruxelles. Se li vogliono che se li tengano!». Scontata l’ovazione di Pontida dove il generale Roberto Vannacci ha detto: «La cittadinanza se la sono guadagnata i nostri nonni sul Carso. Se andaste in Arabia, in Tunisia, o in Marocco dopo 5 anni di scuola non sareste arabi, non c’è reciprocità». Tra ciò che pensano i vescovi e il Pd e la Lega non c’è possibilità di dialogo. Lo sa bene Cecile Kyenge. La ministra all’epoca della strage di Lampedusa ebbe la cittadinanza italiana dopo il matrimonio con l’ingegner Domenico Grispino, ma nel 2019 ha divorziato. Lui si era candidato nelle liste della Lega proprio quell’anno.
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