2018-05-25
Pure Morgan Freeman vittima dei monologhi della vagina
Nel 1998 la scrittrice Eve Ensler trasformò il suo spettacolo teatrale di successo in un movimento femminista che adesso ha scatenato una feroce caccia al maschio. L'ultimo a farne le spese è l'attore.Era il 1998 quando la scrittrice femminista Eve Ensler e un pugno di altre attiviste diedero vita a «V Day». Niente a che spartire con Beppe Grillo: si trattava di un movimento globale «a sostegno di tutte le donne (cisgender, transgender e di genere non conforme, donne di tutti i colori)». Un paio d'anni prima, la Ensler aveva portato in scena per la prima volta, allo Here Arts Center di New York, il suo spettacolo rivoluzionario: I monologhi della vagina. Il testo divenne poi un libro, che in occasione del ventennale è uscito in una nuova edizione (pubblicata in Italia da Il Saggiatore) ricca di contributi, saggi e scritti celebrativi. Dal 1998, spiega Eve Ensler, «le attiviste del V Day, attraverso la loro produzione di monologhi, hanno raccolto oltre 100 milioni di dollari per finanziare centri d'accoglienza e ricovero per le sopravvissute allo stupro o alla violenza». Soprattutto, però, scrive l'autrice, «vent'anni dopo, non desidero altro che poter dire che le femministe radicali antirazziste hanno vinto». Vent'anni fa, I monologhi nacquero allo scopo di sfatare quello che si riteneva un tabù, facendo appunto «parlare» l'organo genitale femminile. Poiché, come scriveva Naomi Wolf in Vagina. Una storia culturale, «uno dei motivi del disagio di essere donna in questa nostra cultura risiede nel fatto che il linguaggio di cui disponiamo per parlare del nostro corpo, e in particolare della vagina, è atroce». Il saggio della Wolf uscì nel 2012, a dimostrazione del fatto che il lavoro della Ensler aveva in effetti spalancato la via. Quella di Eve (mai nome fu più azzeccato) era una dichiarazione di guerra. «La mia vagina è arrabbiata», scriveva. «Davvero. È incazzata. La mia vagina è furiosa e ha bisogno di parlare. Ha bisogno di parlare di tutta questa merda. Ha bisogno di parlarvi. Allora, cos'è questa faccenda… C'è in giro un esercito di persone, che escogitano modi per torturare la mia povera, gentile e amorevole vagina… Che passano i giorni a fabbricare psicoprodotti e idee orrende per minare la mia passera».In realtà, quando la Ensler scriveva queste frasi, erano già parecchi anni che le vagine «parlavano» e avevano cominciato a imporsi. A mostrarlo meglio di ogni altro fu il regista Paul Verhoeven in Basic Instinct. La scena in cui Sharon Stone - negli striminziti panni della scrittrice assassina Catherine Tramell - spalanca le gambe mentre viene interrogata da un gruppo di poliziotti, svela perfettamente il ribaltamento di potere in atto. Quello che si è concretizzato ai nostri giorni attraverso la rivoluzione del Me too, presto tramutatasi in una caccia alle streghe senza quartiere. La Ensler ha ragione quando dice: «Vent'anni dopo le femministe radicali hanno vinto». Che abbiano avuto successo è ormai evidente a tutti. Eppure, non sono ancora soddisfatte. L'autrice dei Monologhi della vagina dichiara, oggi, che «il patriarcato, insieme alla supremazia bianca, è un virus recidivo. Sopravvive dormiente nel corpo politico e viene riattivato da tossiche situazioni predatorie. Certo è che negli Stati Uniti, con un predatore apertamente razzista e misogino alla guida, siamo nel pieno di un'epidemia di massa. Il nostro compito, finché non verrà trovata una cura, è di creare condizioni ultraresistenti per rafforzare il sistema immunitario e il nostro coraggio, rendendo così impossibili ulteriori focolai epidemici». Hanno vinto, ma non basta. Il fatto è che, vent'anni dopo l'uscita dei Monologhi, le vagine parlano e berciano fin troppo. L'organo genitale femminile, ormai, è al centro dell'attenzione. In questi giorni, giusto per fare un esempio, è uscito in Italia Il libro della vagina (Sonzogno) delle dottoresse norvegesi Nina Brochmann e Ellen Støkken Dahl. È una dettagliatissima guida in cui nessun particolare - proprio nessuno - è trascurato. Questa, del resto, è la tendenza prevalente: nulla deve esserci risparmiato, secrezioni comprese. Da poche settimane l'editore Einaudi ha dato alle stampe Questo è il mio sangue, un «manifesto contro il tabù delle mestruazioni» firmato dall'attivista francese Élise Thiébaut. Secondo costei, oggi «si può parlare di diseguaglianza mestruale: poiché le donne hanno le mestruazioni e le mestruazioni sono oggetto di un tabù, le donne subiscono una forma di oppressione che nessun uomo conoscerà mai». A quanto pare, quando la vagina apre bocca lo fa per lamentarsi, o per gridare che gli uomini sono feroci oppressori. La tecnica funziona, almeno ai piani alti. La rivolta del Me too ha messo sottosopra Hollywood e gran parte dell'industria dello spettacolo. Sotto i riflettori ora finiscono le donne, come dimostra Ocean's 8, remake del celebre Ocean's eleven con un gruppo di protagoniste femmine al posto dei maschi. Le carriere di alcuni mostri sacri del grande schermo sono state fatte a pezzi in pochi giorni. L'ultimo nella lista dei cattivi è il più volte candidato all'Oscar Morgan Freeman, 80 anni. Un articolo della Cnn uscito ieri sostiene che ben otto donne lo accusino di molestie sessuali, palpeggiamenti e commenti inappropriati. Sembra che tutto nasca da un episodio avvenuto nel 2017, durante un evento organizzato per promuovere il film Going in Style. Una giornalista della Cnn, Chloe Melas intervistò Freeman. Erano in una stanza piena di gente, lei era incinta di sei mesi e quando l'attore vide la pancia prominente se ne uscì con una battutaccia: «Avrei voluto essere lì» (al momento del concepimento, s'intende). La Melas si è infuriata e da allora ha cominciato a raccogliere materiale scottante, dichiarazioni di altre donne che sarebbero state importunate (o peggio) dal vecchio Morgan. Il risultato è il servizio uscito ieri, destinato a gettare un'ombra cupa sulla lunga e onorata carriera di uno dei giganti di Hollywood. La psicosi molestie ha cambiato equilibri politici, ha bloccato la consegna del Nobel, ha decapitato aziende. Per la prima volta, la Borsa di New York avrà una presidente donna, Stacey Cunningham, 43 anni. Insomma, nei luoghi del privilegio la Grande Madre sta avanzando. Ed era proprio questo l'obiettivo a cui puntavano le femministe che idolatravano i Monologhi della vagina. Peccato che si tratti di una rivoluzione d'élite, di cui sono poche a beneficiare. Le donne comuni, in realtà, continuano a fare i conti con le stesse difficoltà di prima. Perché la vagina, oggi, non è minacciata da Trump o dai perfidi maschilisti conservatori. Piuttosto, è minacciata dalle culture che continuano a praticare le mutilazioni genitali. Solo che di queste culture le femministe battagliere non amano parlare. Così come tacciono sugli stupri commessi da immigrati in Europa. La vagina, oggi, è minacciata dallo strapotere della tecnica, che pensa di creare donne e uomini dal nulla, semplicemente modificandone i genitali e riempiendoli di ormoni. La vagina è minacciata da chi pensa di poterla affittare, assieme all'utero, per mettere al mondo bambini da donare al miglior offerente. Ma alle femministe non importa. Loro vogliono vedere scorrere, assieme a quello mestruale, pure il sangue di Vip e potenti. Vogliono linciare le celebrità come Freeman e occupare tutti gli scranni disponibili, per poi comportarsi come i maschi, o peggio. Le nuove vestali continueranno e a gridare fino a quando la loro voce gracchiante non sovrasterà tutte le altre, mettendole a tacere. Così, finalmente, il monologo della vagina potrà proseguire indisturbato.