2024-10-03
Vance il delfino va meglio di Trump. E il vice di Kamala si dà dell’«idiota»
J. D. Vance, in corsa con i repubblicani per la carica di vicepresidente degli Stati Uniti (Ansa)
Buona prova del repubblicano al dibattito tra «running mates». Tim Walz cade sui flop di Kamala Harris, la distanza dagli operai e le gaffe sulla Cina. Altra grana per la dem: il «Mail» accusa il marito di violenze su una ex.Ricordate? Prima avevano cercato di farvi credere che JD Vance fosse un estremista becero e misogino, pronto a far naufragare la campagna di Donald Trump. Poi vi avevano raccontato che, scegliendo Tim Walz come running mate, Kamala Harris aveva compiuto una mossa assai intelligente, se non geniale. Infine però è arrivato il dibattito televisivo di martedì tra i candidati vice. E tutte queste narrazioni, pompate da numerosi media nostrani e americani, si sono sgonfiate.Durante il duello, Vance si è rivelato preciso e disciplinato, chirurgico nei suoi attacchi al rivale. Non solo. Ha saputo anche mostrare un volto moderato, aperto agli elettori dem e finanche empatico (efficacissima la sua propensione a sfondare la quarta parete, mentre parlava l’avversario). Tecnica comunicativa al servizio della sostanza politica. Come emerso alla Convention di Milwaukee, Vance è infatti più di un running mate: è il delfino di Trump. Con la sua performance televisiva di martedì, ha saputo combinare una comunicazione moderata con le ricette programmatiche classiche del tycoon, dando un saggio di quello che potrebbe essere il trumpismo del futuro. E proprio come «il futuro del Partito repubblicano» è stato definito dal giornalista conservatore Tucker Carlson. Un approccio, quello di Vance, che si è rivelato efficace nel saper parlare anche al di là del mondo tradizionalmente conservatore. E che ha spiazzato Walz, pronto a prendere di mira un trumpismo di maniera che, sul palco martedì sera, non si è tuttavia materializzato. In particolare, il governatore del Minnesota si è trovato davanti a tre scogli. In primis, era oggettivamente in difficoltà nel difendere i risultati della Harris, che è vicepresidente da oltre tre anni e sotto la cui amministrazione si sono registrati ben due record negativi: il più alto numero di clandestini intercettati alla frontiera meridionale e il picco d’inflazione nell’arco di 40 anni. Walz ha quindi cercato di svicolare come meglio poteva, criticando duramente Trump e accusandolo di qualsiasi cosa: anche del fatto che l’Iran sarebbe ormai vicino a conseguire l’atomica. Una strategia che tuttavia non si è rivelata troppo efficace. Vance ha infatti più volte inchiodato la Harris alle sue responsabilità su immigrazione, inflazione e politica mediorientale, ricordando che la candidata dem è vicepresidente in carica da oltre tre anni.Una seconda debolezza di Walz è stata quella di non riuscire a stabilire una sintonia con i colletti blu della rust belt: una quota elettorale che, a novembre, si rivelerà dirimente. Vance, di contro, ha toccato le corde giuste, criticando la delocalizzazione della produzione manifatturiera in Cina e invocando l’indipendenza energetica degli Stati Uniti. Il senatore repubblicano ha anche scaltramente fatto riferimento alle proprie origini. «Sono davvero orgoglioso, soprattutto perché sono stato cresciuto da due operai democratici, di avere l’appoggio di Bobby Kennedy Jr. e Tulsi Gabbard, che sono stati leader per tutta la vita nella coalizione dem», ha dichiarato, strizzando l’occhio agli elettori dell’Asinello. Dall’altra parte, Walz ha commesso l’ingenuità di criticare la guerra commerciale che Trump avviò nei confronti di Pechino: una guerra che tuttavia aveva riscosso consensi nella working class.Il terzo problema per il vice della Harris è stato infine rappresentato da un momento di significativo imbarazzo: le moderatrici gli hanno infatti chiesto di spiegare per quale motivo, in passato, disse di essersi trovato a Hong Kong durante il massacro di Piazza Tienanmen, quando invece, secondo varie testate giornalistiche, in quel periodo era in Nebraska. In evidente difficoltà, il governatore ha detto di essersi spiegato male, aggiungendo: «Ho cercato di fare del mio meglio, ma non sono stato perfetto. E a volte sono un idiota». Un’affermazione che, sui social, i repubblicani stanno rilanciando da ore.Certo, questo non significa che Walz, durante il duello, sia totalmente crollato né che non sia riuscito, in alcuni momenti, a tenere testa a Vance. Tuttavia i tre scogli di cui abbiamo parlato gli hanno alla fine impedito di vincere, o anche solo di pareggiare (secondo un sondaggio di Jl Partners, il 50% dei rispondenti ha attribuito la vittoria al vice di Trump, mentre appena il 43% ha fatto altrettanto con quello della Harris).D’altronde, qualche malumore verso Walz sta iniziando a emergere anche tra i dem. «Vance è stato scelto da Trump come suo battitore designato in tv ed è onnipresente in questi programmi della domenica e nelle interviste. Si è preparato, Walz non lo ha fatto», ha significativamente affermato l’ex senior advisor di Barack Obama, David Axelrod. Sia chiaro: un confronto televisivo, di per sé, non può decidere l’esito delle elezioni. Tuttavia, la buona performance di Vance potrebbe aiutare Trump a guadagnare ulteriore terreno in Michigan, Pennsylvania e Wisconsin.Ma non è tutto. Sì, perché ieri il Daily Mail ha rivelato i presunti trascorsi violenti del marito della Harris, Doug Emhoff. Nel 2012, costui avrebbe infatti pesantemente schiaffeggiato la sua fidanzata di allora, dopo aver partecipato a un evento del Festival di Cannes. A riferirlo alla testata sarebbero stati tre conoscenti della donna. Sebbene il presunto episodio sia avvenuto un anno prima dell’incontro con la vicepresidente, lo scoop del Daily Mail rischia comunque di mettere la candidata dem in difficoltà. Qualche elettore potrebbe farsi due domande sulle sue capacità di giudizio nell’essersi messa al fianco di un uomo che potrebbe aver usato violenza contro una donna.